Come difendersi da una malattia infettiva? La soluzione è a portata di mano, o meglio dentro il nostro organismo. Infatti occorre stimolare una risposta protettiva. E per farlo si ricorre ai vaccini. In altre parole, al processo di immunizzazione, un processo necessario per salvaguardare l’intera popolazione.
I vaccini vengono somministrati, per profilassi, a individui potenzialmente sani, solitamente in età giovanile. I farmaci invece vengono prescritti a pazienti affetti da una determinata patologia. E’ questa la prima differenza tra un vaccino e un farmaco. Ma non è l’unica.
Le aspettative di sicurezza per un vaccino sono superiori rispetto a quelle per un farmaco terapeutico. Ad esempio, una persona che assume un vaccino a scopo preventivo e’ potenzialmente “protetta” da quella data malattia. Invece un paziente affetto da tumore e sottoposto a chemioterapia, è più predisposto verso le accertate reazioni avverse.
La sicurezza dei vaccini valuta l’ associazione temporale tra l’avvenuta immunizzazione e una seria condizione disabilitante. Quando quest’ultima si manifesta per cause sconosciute, ad esempio in un bambino precedentemente sano, l’analisi dei rari eventi avversi permette la distinzione tra una associazione “casuale” e una “causale”. I principali criteri per stabilire la causalità di un evento avverso dato da un vaccino pongono domande del tipo : E’ biologicamente plausibile? Ci sono evidenze di laboratorio circa il coinvolgimento del vaccino? Viene evidenziato un aumento del rischio dopo una data vaccinazione? Questa evidenza e’ sovrapponibile agli studi precedenti?
Un processo detto “herd immunity”, letteralmente “immunità da gregge”, influenza coloro che non sono stati vaccinati “immunizzandoli” dai rischi di una possibile infezione. Maggiore è la percentuale di individui vaccinati, minore è la probabilità che individui non vaccinati entrino in contatto con il patogeno permettendo così la salvaguardia del “gregge”.
La funzionalità di un vaccino e la valutazione rischio-beneficio dipendono strettamente dalla risposta proveniente dall’intera popolazione e non dal singolo individuo.
In molti paesi vi è una vera e propria battaglia contro l’uso di vaccinazioni, sostenuta da infondate convinzioni che essi siano dannosi per la popolazione.
Il boicottaggio, basato su pregiudizi, potrebbe espandersi anche in altri Paesi, facendo collassare il progetto preventivo per la salvaguardia della salute e della sicurezza globale, generando la possibile “resurrezione” della patologia incriminata, come accadde nel caso della pertosse negli anni ’70 .
E’ essenziale che i responsabili della gestione e distribuzione dei programmi nazionali di immunizzazione abbiano la piena fiducia dell’opinione pubblica.
A tal proposito, la World Health Organization (WHO), stabilì nel 1999 una “global advisory commitee” sulla sicurezza dei vaccini con lo scopo di fornire una consulenza indipendente e autorevole per i singoli individui e per i responsabili della politica nazionale circa le campagne di vaccinazione.
Tra i principali obiettivi di sicurezza durante la fase di “pre-licensing”, cioè prima che il vaccino venga commercializzato, vi è la necessità di documentare la natura e la frequenza dei più comuni effetti avversi, assicurando che qualsiasi (serio o inusuale) evento manifestato durante gli studi clinici, venga rilevato.
Controlli di passiva e attiva sorveglianza, sono eseguiti durante la fase “post-licensing”, cioè durante la commercializzazione del vaccino.
Un esempio di controllo passivo sono le segnalazioni spontanee che gli operatori sanitari o i consumatori inviano alle autorità regolatorie per descrivere eventi avversi avvenuti dopo alcune settimane dalla vaccinazione. Un esempio di sorveglianza attiva è invece rappresentata dai cosiddetti “siti sentinella”, in cui vengono inserite analisi delle cartelle cliniche o interviste fatte a medici e pazienti che testimoniano specifici eventi avversi.
Nonostante ben oltre 70 Paesi (tra cui l’Italia) sostengono questi sistemi di monitoraggio, l’individuazione e l’investigazione di effetti che possono verificarsi decenni dopo l’immunizzazione, rimangono problematici, specialmente quando la copertura del vaccino è alta.
Se a un vaccino viene attribuito un evento avverso, il rischio dato da quel vaccino deve essere posto nella valutazione del rischio di quella data patologia. In questo modo la politica nazionale di immunizzazione può valutare misure adeguate.
Vaccinarci è dunque necessario. Non solo per ridurre il peso della malattia, ma anche per ridurre la sua diffusione nella popolazione.