Ogni giorno si registrano 1.000 nuovi casi di tumori nel nostro Paese. Solo nello scorso anno in totale ne sono stati registrati 365.800 che hanno colpito per il 54% gli uomini e per il 46% le donne. Ma se da una parte aumentano le speranze di guarigione e di sopravvivenza, dall’altra l’Italia lamenta ancora un deficit significativo nella spesa sanitaria destinata alla prevenzione contro il cancro e la mancanza di uno stile di vita sano tra i suoi cittadini. Sono numeri preoccupanti, seppur in linea con la tendenza degli ultimi anni, quelli emersi dal rapporto i “Numeri del cancro”, presentato al Senato dagli oncologi dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) in relazione ai dati forniti dell’Associazione italiana dei registri tumori.
I costi della prevenzione
L’Italia investe, ancora, risorse non sufficienti ad alimentare un circolo virtuoso che possa equilibrare il rapporto tra i costi delle cure e l’aumento dei casi. In Italia per la prevenzione si spendono circa 5 miliardi di euro (2014), pari al 4,22% della spesa sanitaria totale, mentre il tetto programmato stabilito nei livelli essenziali di assistenza (Lea) è del 5%. Un gap ancora rilevante – sottolineano gli oncologi – che una volta colmato porterebbe nelle casse dello Stato un risparmio totale di 7,6 miliardi di euro, grazie a un’incidenza minore della spesa pubblica sul Pil, che scenderebbe dal 9,2% all’8,92%. Risorse che potrebbero essere utilizzate, ad esempio, per rendere più equo l’accesso a tutti i cittadini alle terapie innovative: come il bersaglio molecolare e l’immunoterapia.
Ben quattro casi su dieci di cancro – ripetono da anni scienziati e medici – possono essere evitati con uno stile di vita sano (da adottare in misura sempre maggiore), applicando le normative per il controllo dei cancerogeni ambientali, ma soprattutto con una vera cultura della prevenzione (grazie all’ampliamento degli screening sanitari). Questo è il cuore dell’appello lanciato anche quest’anno dall’associazione degli oncologi: a ogni euro investito in prevenzione si ha un risparmio nelle cure mediche pari a 2,9 euro.
“I nostri obiettivi vanno in quattro direzioni – spiega il professor Carmine Pinto, presidente nazionale di Aiom – diminuzione dell’incidenza e della mortalità per cancro, miglioramento della qualità di vita dei pazienti e l’istituzione delle reti oncologiche regionali che oggi sono completamente attive solo in Piemonte, Lombardia, Toscana, Umbria, Veneto e nella Provincia Autonoma di Trento. Le reti rappresentano il modello per garantire in tutto il nostro Paese l’accesso a diagnosi e cure appropriate e di qualità”.
Programma e una regia unica nazionale contro il cancro: la proposta degli oncologi
Proprio per arginare il fenomeno della migrazione sanitaria, che riguarda tutte quelle persone che lasciano la propria regione per ricevere migliori cure, gli oncologi chiedono alle istituzioni un programma e una regia unica nazionale contro il cancro. Una strategia unitaria per combattere quella che viene considerata la seconda causa di morte, dopo le malattie cardio-circolatorie. Nello scorso anno sono stati circa 800.000 i “migranti sanitari”, come rilevato in un’altra ricerca del Censis, per lo più provenienti dalle regioni del Centro-Sud e diretti in vere e proprie capitali della salute. Il tutto con costi salatissimi per le famiglie, che arrivano sino a 7.000 euro l’anno per la degenza a distanza.
I progressi
Sono più di 3 milioni gli italiani che vivono dopo la diagnosi di tumore: quasi il 5% della popolazione. Un miglioramento netto, quello registrato nel rapporto, per quanto riguarda la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti, ottenuto grazie all’implementazione dello screening e dell’utilizzo delle terapie innovative. “Un passo in avanti importante è stato rappresentato lo scorso ottobre – continua il professor Pinto – dall’istituzione per la prima volta da parte del Governo di un Fondo di 500 milioni di euro destinato ai farmaci oncologici innovativi: una decisione importante che richiede nell’aderenza ai criteri di innovatività elaborati recentemente dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), una modalità di accesso e gestione su base nazionale”.
All’aumento delle guarigioni ha contribuito – segnalano gli oncologi – anche il miglioramento dei trattamenti multidisciplinari con il coinvolgimento di vari specialisti. Un percorso che dovrebbe vedere l’oncologo, come una figura di riferimento capace di interagire e gestire specialità differenti. La strada, ormai segnata a livello internazionale, è quella dell’umanizzazione dell’assistenza per i malati di cancro. Ovvero quella di fornire al malato, non solo le cure mediche specialistiche del caso, ma anche un supporto psicologico durante le terapie. Secondo il rapporto, solo il 77% delle oltre 300 strutture di oncologia medica in Italia mettono a disposizione attività di tipo psico-oncologico e poco più della metà offre assistenza domiciliare. “In quest’ambito – afferma il professor Rodolfo Passalacqua, responsabile scientifico del progetto HuCare, lanciato da Aiom per l’umanizzazione delle cure – nonostante l’esistenza di linee guida che raccomandano interventi per l’assistenza psicosociale in oncologia, molti pazienti che trarrebbero beneficio da questi interventi in realtà non li ricevono”.