Addio rigetto organi. Un’iniezioni di cellule stromali mesenchimali, infatti, può prevenirlo. Un paziente italiano ha tollerato il nuovo rene per 19 mesi senza alcun tipo di farmaco antirigetto.
Un’iniezione una tantum di cellule stromali mesenchimali potrebbe essere una soluzione, a lungo cercata, al problema del corpo che rifiuta un trapianto di organi. La prima persona ad aver beneficiato del nuovo approccio è stato un paziente italiano che, subìto un trapianto di rene, ha tollerato il suo nuovo organo per 19 mesi senza medicinali antirigetto.
Come funziona il nuovo trattamento anti rigetto: pro e contro della scienza
Il nuovo trattamento anti rigetto prevede l’iniezione di cellule stromali mesenchimali iniettate al paziente il giorno prima del trapianto. E il risultato sembra inibire la reazione immunitaria del ricevente quasi da “istruire” il corpo ad accettare il nuovo organo.
Presso l’Istituto Mario Negri per la ricerca farmacologica a Milano, il dottor Giuseppe Remuzzi, e il suo gruppo, ha dapprima prelevato le cellule dal midollo osseo del ricevente, moltiplicate in laboratorio e infine reintegrate nel corpo del paziente. Dopo 2 anni, l’esame del sangue ha mostrato un’alta tollerabilità al nuovo rene riuscendo a superare la temibile soglia dei 5 anni senza alcun problema.
Secondo Emily Thompson dell’Università di Newcastle, nel Regno Unito, la quale non è stata coinvolta nel lavoro di Remuzzi, il caso del paziente italiano potrebbe non essere legato all’iniezione delle cellule considerate, poiché in una seconda persona, dopo il trattamento, gli esami del sangue non hanno mostrato alcuna tolleranza e altri pazienti riceventi reni hanno sviluppato spontaneamente la tolleranza nei confronti del loro nuovo organo.
Ai dubbi presentati dalla dottoressa Thompson ha risposto un team di ricercatori olandesi i quali evidenziano come studi di altri gruppi di pazienti suggeriscono come questo tipo di cellule può promuovere almeno un certo livello di tolleranza, riducendo così l’assunzione dei farmaci antirigetto e i conseguenti effetti collaterali causati da questi ultimi. Infatti, ai primi sintomi di rigetto che 6 pazienti olandesi cominciarono a mostrare furono iniettati in emergenza due quantità di cellule mesenchimali stromali mostrando di seguito segni di miglioramento circa la tollerabilità agli organi dei donatori negli esami del sangue. Lo stesso team olandese ha condotto uno studio su 10 persone utilizzando un trattamento post-trapianto con cellule mesenchimali stromali di donatori sani. “I risultati non sono ancora stati pubblicati, ma sono promettenti – afferma Marlies Reinders presso il Leiden University Medical Center in Olanda – In verità credo che queste cellule non siano abbastanza potenti da permettere alla maggior parte delle persone di interrompere completamente la loro terapia antirigetto, fatta di farmaci, ma dovrebbero consentirne una certa riduzione”. Dall’altro canto uno studio in Cina su 156 pazienti con trapianto di reni, utilizzando le cellule stromali mesenchimali e non farmaci antirigetto, ha ottenuto ottimi risultati. Ottimisticamente, la società statunitense di biotecnologie Athersys sta sviluppando una terapia standardizzata utilizzando cellule chiamate MAPCs , che si ritiene abbiano effetti analoghi di soppressione immunitaria.
I farmaci antirigetto non sempre funzionano
Il trapianto può salvare la vita, ma per evitare che l’organo donato venga respinto dal sistema immunitario del ricevente, le persone devono assumere diversi farmaci che hanno gravi effetti collaterali, tra cui la formazione di tumori e infezioni.