“La mia idea è che Renzi abbia spinto sull’acceleratore perché con questa legge si spaccherà certamente la maggioranza”. Con queste parole l’onorevole Eugenia Roccella, parlamentare di Idea e componente della Commissione Affari Sociali della Camera, commenta l’improvvisa fretta del Partito Democratico in merito alla legge sul Biotestamento.
Onorevole Roccella, dopo anni di attesa, il 20 febbraio prossimo il Testamento Biologico arriverà in Aula, ma la possibilità di tornare alle urne è concreta, quindi si rischia di veder naufragare ancora il disegno di legge. Cosa ne pensa?
“L’Ncd di Alfano, e forse anche qualcuno nel Pd, difficilmente voteranno a favore di questo testo profondamente eutanasico e l’ipotesi che ci sia l’ex Premier dietro questa accelerazione per portare all’incidente parlamentare è molto concreta e può facilitare la crisi di maggioranza, anticipando le elezioni. In ogni caso non è detto che l’obiettivo non sia raggiungibile in questa Legislatura. Il rischio, piuttosto, è che ci sia una legge brutta, visto il clima generale e la voglia di tornare alle urne”.
Entrando nel merito, come giudica il testo su cui state lavorando in queste ore in Commissione Affari Sociali della Camera?
“È un testo pessimo, superficiale, con alcuni commi che mettono a rischio il criterio di appropriatezza del Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, così com’è, la legge apre di fatto all’eutanasia. Questo testo ha dei buchi gravissimi. In primo luogo non definisce il consenso informato, cosa fondamentale, perché questa non è una legge solo sulle cosiddette Dichiarazioni Anticipate di Trattamento che, peraltro, nel testo vengono chiamate Disposizioni, con un significato testamentario che risulta oggettivamente diverso”.
Il consenso informato è uno dei nodi portati avanti dai fautori del Biotestamento. La tesi mira a privilegiare la libertà dell’individuo.
“La legge si articola su due parti: una riguarda il consenso informato, cioè le scelte sulle terapie da parte dell’individuo in stato vigile. L’altra parte riguarda le cosiddette dichiarazioni anticipate di trattamento, cioè le scelte di cura anticipate. In pratica, finché sono capace di intendere e volere, scelgo se in futuro, nel caso perdessi tale capacità e mi ammalassi, vorrei sottopormi o no a determinate terapie. Nel caso del consenso informato, è chiaro che io, essendo vigile, posso sempre scegliere le cure e anche rifiutarle. Su questo punto basta guardare la casistica e i tantissimi episodi di persone che purtroppo decidono, per esempio, di abbandonare la dialisi. Il consenso informato attualmente in Italia non è normato, è semplicemente una prassi, ma il vero nodo è quando ci troviamo di fronte a minori o a persone incapaci di intendere e volere. Il testo attuale fa confusione tra la rinuncia alle cure, la revoca, il rifiuto. Il consenso, così come definito in questa legge, non garantisce in alcun modo il paziente. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal malato e in conseguenza di ciò è sollevato da responsabilità civili e penali, ma questo fa saltare il Sistema Sanitario Nazionale. Tanto per fare un esempio, farebbe saltare l’obbligo di vaccinazione che molte Regioni, come la Toscana, hanno cominciato a mettere”.
Sta dicendo che è una legge che rischia di minare la cosiddetta alleanza terapeutica tra paziente e medico?
“Con questa legge si introduce un’obbligatorietà per il medico che umilia la dignità professionale. Abbiamo fatto una fatica terribile in questi anni a cercare di inserire ovunque il criterio dell’appropriatezza medica e abbiamo un problema di spesa fuori controllo proprio perché questo criterio non viene seguito. Con questa legge viene introdotto un rapporto tra un committente che chiede e deve ottenere e un professionista che non è più libero in scienza e coscienza, ma deve semplicemente eseguire. In nessuna professione è prevista questa forma di vincolatività. Questo principio fa saltare tutto. Speriamo che su questo punto vengano accolte le nostre richieste di modifica”.
Da un punto di vista scientifico la discussione sul Fine Vita sembra concentrarsi sulla possibilità per l’individuo di rifiutare l’alimentazione e la nutrizione, che diversi studi scientifici definiscono cure mediche.
“Tra i punti divisivi che restano, ci sono idratazione e alimentazione che per qualcuno sono trattamenti medici e per noi no. Io ricordo sempre un importante medico che diceva: la controprova è semplice, se io ho un tumore e abbandono le cure, muoio di tumore. Se io ho un tumore e mi tolgono alimentazione e idratazione non muoio di tumore, ma di denutrizione e altrettanto se sono sano, quindi è chiaro che non stiamo parlando di terapie. Il problema non è il supporto, se mangio da solo o tramite sondino, il punto è che in sé non sono terapie, cioè non curano alcuna patologia”.
Aborto, fine vita, fecondazione assistita, diritti gay: ogni volta che in Italia si discute di temi etici la politica sembra non volerne prendere atto. I sondaggi dicono che il 70% degli italiani vuole una legge sul Testamento biologico.
“In Italia siamo bravissimi a polarizzare sempre il dibattito fra laici e cattolici, ma in ballo qui ci sono cose troppo delicate. Il servizio sanitario è per natura orientato al favor vitae poiché il medico, appunto, “cura” le persone. Da questo punto di vista se il paziente abbandona la cura, è giusto che il medico resti neutrale? La Sanità italiana non è mai stata così ed è grave che la si voglia rendere indifferente, come se non ci fosse differenza tra chi vuole vivere e chi magari è depresso, fragile, solo, e si lascia andare a desideri di suicidio. Qui, bisogna dirlo chiaramente, si vuole introdurre il diritto a morire, che è una libertà (tutti noi siamo liberi di farci del male), ma non può mai essere un diritto. Sui sondaggi ci andrei cauta. Sul caso Englaro, ad esempio, c’è stato un dibattito acceso e quando Eluana è morta le percentuali di coloro che si dicevano favorevoli a staccare la spina si sono rovesciate. Una battaglia etica di questo tipo implica necessariamente un dibattito vero, approfondito e onesto. Quando ai cittadini arriva il messaggio che sono in gioco cose vere come la vita delle persone e si entra nel merito, allora si fa informazione, se invece si chiede alla gente se preferisce morire senza soffrire allora anch’io a quei sondaggi rispondo di “no”, ma in realtà la questione del dolore esula dal dibattito, visto che oggi abbiamo tutti i modi di fermarlo”.
Nel dibattito politico è entrato anche il recente appello al presidente Mattarella da parte di Dj Fabo, che chiede una legge per poter smettere di soffrire.
“Trovo incomprensibile che nessuno spieghi che Fabo non potrebbe morire con nessuna legge, neanche con la legge olandese, forse solo in Svizzera. Per lui servirebbe la cosiddetta eutanasia attiva perché non stiamo parlando di un malato terminale, non è nemmeno un malato, è un disabile ed è molto a rischio dire che i disabili possono essere “eutanasizzati”. E però questa cosa di Fabo va in giro come se la legge che stiamo facendo riguardasse il suo caso”.
@PiccininDaniele