Liste di attesa infinite, costi insostenibili per i farmaci, strutture fatiscenti, un rapporto con medici della mutua e con i pediatri spesso difficile. A scattare la fotografia amara dello stato di salute del Servizio Nazionale Sanitario italiano è il XIX Rapporto Pit Salute di Cittadinanzattiva presentato a Roma il 15 dicembre. Uno studio che punta il faro sui ritardi della sanità italiana, confermando le stime recenti dell’Eurobarometro secondo cui le denunce di errori sanitari in tutta Europa sono aumentate del 38% negli ultimi cinque anni.
In Ue, su un campione di 5.000 pazienti, il 68% ritiene che gli errori medici e di errata prescrizione dei farmaci siano tra i problemi più rilevanti di cui sono fortemente preoccupati, senza tener conto dell’alea terapeutica. il 23% dei cittadini dichiara di avere avuto personalmente o in famiglia problemi causati da errori medici.
In Italia, dove nelle ultime settimane è salita agli onori della cronaca la vicenda della coppia di infermieri presunti killer a Saronno, secondo un’indagine condotta da ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) ogni anno si registrano circa 34mila denunce di cittadini per danni subiti da medici privati e nelle strutture pubbliche: oltre 93 in media ogni giorno.
Considerato che un risarcimento si aggira tra i 25 e i 40mila euro il danno economico provocato dalla malasanità supera i 2 mld di euro l’anno, pari al 2% del FSN (Fondo Sanitario Nazionale). Sanità italiana da Terzo Mondo? Una definizione forse un po’ forte, ma di certo la diagnosi del dossier di Cittadinanzattiva non lascia ben sperare per il prossimo futuro.
Per Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, “se lo scorso anno abbiamo denunciato che si stavano abituando i cittadini a considerare il privato e l’intramoenia come prima scelta, ora ne abbiamo la prova: le persone sono state abituate a farlo per le prestazioni a più basso costo. Non perché non vogliano usufruire del SSN, ma perché vivono ogni giorno un assurdo: per tempi e peso dei ticket, a conti fatti, si fa prima ad andare in intramoenia o nel privato. E l’effetto sui cittadini delle scelte politico-amministrative è di un Servizio Sanitario Nazionale che sembra “in ritirata”.
Quello dei costi è certamente il primo punto a sfavore del SSN, se è vero che più di uno su dieci (10,8%) segnala l’insostenibilità economica delle cure. Accesso di lusso: 2 anni di attesa per la rimozione di protesi, 15 mesi per una mammografia. Entrando nel dettaglio, quasi una segnalazione su tre (30,5%, rispetto al 25% del 2014) nel 2015 ha riguardato le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, per liste di attesa (54,5%), ticket (30,5%), intramoenia (8,4%).
Nell’ambito delle segnalazioni sui ticket, a pesare sono soprattutto i costi per diagnostica e specialistica (41%); segue la mancata applicazione dell’esenzione (24,5%, nel 2014 era il 10,9%); i costi per le prestazioni a totale carico dei cittadini (20,8%, 17,8% nel 2014).
Stabili le segnalazioni sulla presunta malpractice e la sicurezza delle strutture che raccolgono il 14,6% (era il 15,4% nel 2014). In questo ambito però si segnala un peggioramento delle condizioni delle strutture (25,7% vs 17% dell’anno precedente), legato principalmente al malfunzionamento dei macchinari (41,9% vs al 38,2%), alle precarie condizioni igieniche (30,1% vs 35,3%) e agli ambienti fatiscenti (28,1% vs 26,5%).
I presunti errori pesano di più nell’area delle terapie (58,3%), e in seconda battuta nell’area diagnostica (41,7%). In testa, fra gli errori terapeutici, quelli di ortopedia (14,3%, ma in diminuzione rispetto al 2014 – 28,4%) e in ginecologia e ostetricia (14%, ma nel 2014 erano l’8,3%); a seguire la chirurgia generale (12,9% vs 14,1%).
Anche in ambito diagnostico, gli errori si verificano più di frequente in ortopedia (15,6%, 17,4% nel 2014) e in ginecologia ed ostetricia (15,2%, nel 2014 l’area raccoglieva il 9,8% delle segnalazioni). Da una disamina delle segnalazioni sui presunti errori raccolte dal rapporto di Cittadinanzattiva emerge che, su 768 consulenze medico legali, in quasi due casi su tre (63%) si sconsiglia l’azione legale. Se nel 57% dei casi manca il nesso di causalità, dunque non è ravvisabile una diretta responsabilità sanitaria, in circa un caso su tre (32%) la documentazione clinica consegnata dalle strutture è incompleta o inadeguata e ancora per l’11% sono decorsi i termini per l’azione legale.
Sulle denunce fatte dai cittadini pesa, oltre al possibile errore interpretativo del paziente sull’operato dei professionisti sanitari (39%), anche il vissuto di trattamenti poco umani da parte del personale (34%) e la mancanza di adeguate informazioni fornite dallo stesso (27%).
In crescita i problemi con medici di famiglia e pediatri, che raccolgono più di un terzo delle segnalazioni dell’area: le principali questioni riguardano il rifiuto di prescrizioni da parte del medico (28,4%, +4% rispetto al 2014), gli orari inadeguati di ricevimento (25,4%, +12%), la sottostima del problema di salute (17,9%, +6%).
Una segnalazione su dieci riguarda il tema della invalidità ed handicap. La lentezza dell’iter burocratico per il riconoscimento rappresenta la problematica principale, con il 58,2% delle segnalazioni, lentezza che si riscontra in gran parte (65%) nella fase di presentazione della domanda. Pollice verso anche per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera che raccoglie il 10% delle segnalazioni. I maggiori disagi si registrano nell’emergenza urgenza con un dato che giunge nel 2015 al 62,8% rispetto al 50,7% del 2014. Si tratta soprattutto di lunghe attese al Pronto Soccorso (45,3%) e di assegnazione del triage non trasparente (40,5%, +15% rispetto al 2014): ai cittadini che ricorrono al PS insomma sembra spesso di aspettare troppo, anche perché ben poche strutture spiegano come viene assegnato il codice e ancora meno quelle dotate di monitor per indicare i tempi di attesa per codice di priorità.