“Se facessimo prevenzione attraverso un corretto stile di vita, l’80% delle malattie sarebbe debellato”. Questo il dato menzionato dal dottor Carmine Riccio, responsabile del reparto di Cardiologia dell’Azienda ospedaliera di Caserta, Sant’Anna e San Sebastiano, a margine del convegno sulla prevenzione cardiovascolare secondaria, organizzato dall’Associazione Dossetti presso il ministero della Salute. Su questo punto gli specialisti sono tutti d’accordo. La prevenzione parte in primis da uno stile di vita sano, basato sull’abolizione del fumo, fare sport e dare attenzione maggiore all’alimentazione che dovrebbe essere prevalentemente a base vegetale: frutta, verdura, cereali, legumi , pesce e olio extravergine d’oliva.
Il problema riguarda tutto il mondo occidentale: obesità e colesterolemia sono peggiorate nella popolazione. In Italia le regioni più a rischio sono al sud, anche se negli anni ‘80 presentava dati migliori. “Confondiamo l’essere sportivi con l’essere tifosi – ha ironizzato Riccio – si può partire da piccoli accorgimenti quotidiani come dimenticarsi dell’ascensore e fare le scale, parcheggiare l’automobile più lontano, per camminare a piedi, l’importante è svolgere almeno 30 minuti di attività fisica al giorno”.
Negli ultimi 10 anni non si registrano miglioramenti, le malattie cerebro e cardiovascolari costituiscono ancora la prima causa di mortalità. Mentre per le malattie coronariche c’è un cambiamento rispetto al passato visto che la percentuale dei decessi tra uomini e donne si sta avvicinando.
Il dato in crescita, invece, riguarda gli interventi di by-pass e rivascolarizzazione correlati alla longevità e all’aumento dell’età media della popolazione: la cittadinanza invecchia e le malattie aumentano. Le statistiche in effetti riguardano la mortalità negli over 75. In sostanza i farmaci allungano la vita, ma la qualità di vita diminuisce. Si registrano 150mila infarti ogni anno causati da ipercolesterolemia e fumo e sembra che i dati non miglioreranno se non per le prossime generazioni. “Bisogna approcciare e diffondere la cultura della salute – ha affermato Walter Gatti moderatore del convegno – c’è bisogno di una rivoluzione culturale”.
Le cattive abitudini risultano molto radicate nei pazienti anziani che non intendono cambiare stile di vita. Sarebbe importante non impostare uno stile di vita sano come una privazione, ma piuttosto con parole giuste far comprendere all’ammalato che ne gioverebbe la sua salute. Dal rifiuto da parte del paziente alla cura scaturisce poi il problema dell’inerzia terapeutica, associato anche ad una mancanza di dialogo tra professionisti. Il dosaggio della terapia prescritta da parte del cardiologo, spesso viene diminuito dal medico di base, fino alla sospensione totale su iniziativa del paziente, una volta superata la fase acuta.
“Disponiamo dei farmaci giusti ma i trattamenti non vengono svolti in modo appropriato – ha dichiarato Francesco Angelico esponente di Società italiana per lo studio dell’alterosclerosi – Nel 50% dei casi la terapia viene interrotta dopo 6 mesi con un’elevata mortalità nei 12 mesi successivi all’evento d’esordio”.
Durante il convegno si è parlato anche del problema di comunicazione in questo tipo di malattie e, stando a quanto affermato da Furio Colivicchi, direttore dell’U.O.C di Cardiologia dell’Ospedale San Filippo Neri-Asl di Roma e Damiano Parretti, responsabile dell’Area cardiovascolare Simg, “per arginare il problema bisognerebbe attivare il fascicolo sanitario elettronico e creare percorsi strutturali che favoriscano il dialogo e il confronto tra professionisti. Per costruire un percorso di cura deve esserci dialogo tra il medico generico, il terapista, il cardiologo, tanto da fornire al paziente un follow up chiaro e dettagliato”.
A tutela del paziente, è fondamentale non abbassare la guardia al superamento della fase critica. Infatti, il 70% dei pazienti si ricovera nuovamente entro un anno. A tal proposito nel corso del convegno è emersa la denuncia di abbandono da parte di un malato, Sergio Gittarelli. Un paziente malato di diverse patologie vascolari. “Ci sono due tipi di pazienti: quelli che si abbattono e quelli che combattono. Fare associazionismo è importante per non lasciarsi andare”, ha dichiarato Gittarelli diventato portavoce della sua categoria e vice presidente dell’Associazione italiana scompensati cardiaci.