Lo sperma di un uomo defunto potrebbe o non potrebbe essere donato come un qualsiasi organo? Molti medici in Inghilterra già sostengono questa idea, ma questo tipo di donazione non sembra essere così ovvia. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti serpeggia un nuovo dibattito circa la possibilità, una volta ottenuto il consenso da parte di un uomo, di donare lo sperma dopo il suo decesso. Tutto sembrerebbe lecito come una qualsiasi donazione di organo post-mortem, ma l’etica e la morale si scontrano contro questi romantici ideali di procreazione.
Lo scorso 20 gennaio, un articolo pubblicato sul Journal of Medical Ethics dai dottori Nathan Hodson ( Università di Leicester, UK) e Joshua Parker (Wythenshawe Hospital di Manchester, UK), ha aperto un interessante dibattito sulla questione. Essi hanno affermato che tali donazioni sarebbero simili al processo di donazione di organi. Nell’ articolo i medici dichiarano: “Se è moralmente accettabile che gli individui possano donare i loro tessuti per alleviare la sofferenza altrui nei trapianti che migliorano la vita per le malattie, non vediamo alcun motivo per cui ciò non possa essere esteso ad altre forme di sofferenza come l’infertilità”.
Dunque, l’infertilità può essere messa al pari di un malfunzionamento di organi vitali come il fegato o il cuore?
A oggi in Gran Bretagna la domanda per donatori di sperma supera l’offerta. Secondo Hodson e Parker occorre fornire agli uomini la stessa scelta che viene data come paziente sulla donazione degli organi: donarli o non donarli in caso di decesso aiutando le coppie sterili a guarire da quella che viene definita una vera e propria patologia. Gli spermatozoi possono essere raccolti dopo la morte (fino a 48 ore più tardi) attraverso la stimolazione elettrica della ghiandola prostatica o grazie a un intervento chirurgico. Una volta congelati, se necessario, potranno essere riutilizzati.
Da qui nascono le diverse controversie etiche che scoprono alcuni punti su cui interrogaci tra cui: le preoccupazioni sulla possibile trasmissione di geni “non sani”, secondo i medici facilmente superabili attraverso controlli sanitari sia sul donatore che sullo sperma.
La dottoressa Nicol Noyes, responsabile dell’endocrinologia riproduttiva e dell’infertilità presso la Northwell Health di Manhasset di New York, ha affermato che “l’uso postumo degli spermatozoi donati è qualcosa che gli specialisti della fertilità affrontano nella loro pratica. Dunque, fintanto che esiste un consenso informato da parte del donatore e lo sperma è considerato privo di malattie trasmissibili, può essere utilizzato”. Inoltre, la stessa evidenzia come “persone inabili a causa di un cancro o di una malattia terminale, una volta firmato il consenso e fatti gli adeguati controlli, hanno donato alla partner i loro gameti prima di morire”. Questa scelta, oltre ad aiutare le coppie sterili ad avere un bambino, “fornirebbe certamente a una persona morente la possibilità di sentire che la sua vita prosegue in quel bambino nonostante la morte del padre”.
Da qui si giunge alla seconda domanda che l’etica ci impone: cosa succede se in realtà nessuno vuole quel particolare sperma, per quanto tempo dovrebbe essere conservato? Dovrebbe esserci una durata massima di conservazione su tutti i campioni? Una volta congelato, lo sperma rimane intatto per decenni o può subire un drastico cambiamento?
Naturalmente anche la legge impone la sua etica, non solo la scienza: che ruolo avrebbe la famiglia sopravvissuta del donatore? Una moglie può decidere a prescindere se far nascere un bimbo con i gameti del marito ormai deceduto solo per il consenso ottenuto in precedenza? Problematiche patrimoniali potrebbero rientrare nella scelta romantica di avere un bambino con le caratteristiche di chi si è amato in vita. Il team britannico non ha dubbi, proprio come nel caso degli organi solidi “le famiglie potrebbero avere il diritto di rifiutare la donazione di spermatozoi dopo la morte e le aspettative sullo status di un bambino nato dall’uso di tali spermatozoi dovrebbero essere chiarite prima della donazione”. Secondo Hodson e Parker “le considerazioni familiari legali non giustificano un divieto generale sull’uso dello sperma raccolto dopo la morte, soprattutto se il donatore ha specificato il desiderio di donare”.
Ma Noyes fa notare come i rapidi progressi della tecnologia stanno complicando le cose poiché una donazione anonima potrebbe non esserlo più a causa delle piattaforme di test genetici, come 23andMe e AncestryDNA. Dunque, “l’anonimato non può più essere garantito” aprendo così i dibattiti etici e legali di cui sopra. Di conseguenza, un bambino concepito tramite lo sperma donato che raggiunge la maggiore età, potrebbe avrebbe qualche voce in capitolo se lo sperma del padre potesse essere usato per creare fratellastri?
Il dibattito continua…