a cura di Sara Novello
Sciences of Meriden, Connecticut e Medicago di Quebec City in Canada stanno cercando di realizzare nuovi e più efficaci vaccini contro l’influenza. Lo scopo è di riuscire a produrne in grandi quantità in settimane, non in mesi, poco prima della stagione influenzale, rendendoli più propensi alla mutazione virale del momento. Ideale sarebbe un vaccino “universale” in grado di creare una immunità contro parti del virus influenzale che rimangono invariate nel tempo. In questo modo non servirebbe eseguire un vaccino all’anno permettendo di difederci al meglio contro eventuali pandemie. Nonostante il mondo spenda solo 35 milioni di dollari per la ricerca ogni anno, afferma Mike Osterholm dell’Università del Minnesota, la cifra è malapena sufficiente per introdurre un vaccino sul mercato.
La familiarità che abbiamo con l’influenza maschera la sua mortalità
I tentativi per evitare pesanti conseguenze sulla salute pubblica ogni anno, dunque, non mancano. Per il momento, però, non solo in Italia, bisogna fare i conti con la pandemia in corso che, solo nel nostro Paese ha colpito tre milioni di persone, causando tre vittime. Il virus è stato giudicato il peggiore degli ultimi 15 anni, ma in passato si ricordano influenze stagionali che hanno causato molti decessi.
1918 – influenza spagnola, 50-100 milioni di decessi,
2009 – influenza suina, 300.000-400.000 morti
2013 – influenza aviaria, ufficiosamente muoino 127 persone
2017 – 650.000 persone colpite da malattie polmonari causate dall’influenza e 1,3 milioni colpite da tutte le cause infiammatorie che ne derivano.
I ceppi del virus dell’influenza sono distinti in A e B
I ceppi dell’influenza A prendono il nome dalle due principali proteine di superficie: haemaglutinina (H) e neuramididasi (N). I virus H1N1, H2N2 e H3N2 si sono adattati all’uomo ed oggi circolano H1N1 e H3N2, mentre un solo tipo di influenza B infetta gli esseri umani, quest’anno chiamati Yamagata e Victoria.
Negli inverni dell’emisfero settentrionale e meridionale i ceppi dominanti A e B circolano assieme contagiando metà della popolazione mondiale e scatenando la malattia tra il 10 e il 15 %. In particolare il ceppo H3N2 dell’influenza A è il vero problema in quanto non siamo completamente immuni ad esso.
Perché vaccinarsi ogni anno?
Il virus predilige ambienti freddi e per questo motivo si scatena durante l’inverno. Esso si diffonde da persona a persona in modo efficiente, schivando abilmente il nostro sistema immuntario. La vaccinazione annuale permette di creare una memoria immunitaria così da poterci difendere da minime mutazioni che il virus apporta a sé stesso per diffondersi. Ma i ceppi che meglio riescono a sfuggire a questo tipo di immunità preventiva dominano l’epidemia annuale in ciascun emisfero. Per questo motivo ogni anno necessitiamo di un nuovo vaccino.
Tra il 1918 e il 1968 nessun virus H3N2 circolò come influenza invernale, così le persone nate prima del 1968 presentano una scarsa immunità al virus. Ciò include gli anziani il cui sistema immunitario, più debole, li rende vulnerabili. Lo scorso inverno in Europa a causa del virus H3N2 morirono 220.000 persone. L’H3N2 di quest’anno sembra essere ancor più severa: in Australia tre quarti della popolazione è stata toccata dall’influenza e la maggior parte dei decessi è avvenuta tra gli anziani.
Ad oggi i virologi non possono ancora mettere a confronto tutte le variabili resistenti del virus in questione. Sfortunatamente, la vaccinazione antinfluenzale non è efficace o abbastanza popolare per fermare completamente l’influenza attraverso la così detta “immunità del gregge”. Ogni persona vaccinata ha circa il 60% di possibilità di essere protetta, ma negli stessi Stati Uniti dove la vaccinazione è raccomandata per tutti oltre i 6 mesi di età, essa viene effettuata per meno della metà. Numeri simili valgono anche per l’Europa, mentre il Regno Unito ha alcuni dei più alti tassi di vaccinazione, con oltre il 70% per gli over 65.
Ma cosa rende letale l’influenza?
Quest’anno cade il centenario della pandemia più letale: l’influenza spagnola del 1918 che uccise fino a 100 milioni di persone, il 5 % dell’umanità in quel momento. L’influenza uccide direttamente causando la polmonite virale, un’infezione profonda che danneggia le membrane polmonari.
La polmonite può anche colpire indirettamente: il virus dell’influenza sconfigge le cellule immunitarie che normalmente tengono a bada i batteri polmonari, innescando un’infezione batterica. Il sistema immunitario negli anziani e nelle donne incinte consente al virus di replicarsi più liberamente, rendendo l’influenza più pericolosa. Soprattutto negli anziani può causare livelli eccessivi di infiammazione. Ogni anno, subito dopo la stagione influenzale, vi è una seconda ondata di morti per cause infiammatorie, come infarto e ictus. Condizioni croniche che aumentano l’infiammazione, come l’obesità, possono rendere l’influenza più pericolosa.
La polmonite legata all’influenza è il quarto killer di donne ed il sesto di uomini nel Regno Unito. Secondo la prima stima mondiale, pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a dicembre 2017 sono state 650.000 le persone colpite da malattie polmonari e 1,3 milioni da tutte le cause che ne derivano.