a cura di Sara Novello
Il sistema immunitario é un esercito che deve essere potenziato se necessario. I tumori oggi sono il suo principale avversario. Durante l’incontro annuale dell’Associazione americana per l’avanzamento della scienza (Aaas), si è parlato di uno studio sperimentale in cui il 94% dei partecipanti con leucemia linfoblastica acuta (LLA), sottoposto a immunoterapia, ha visto i sintomi svanire completamente. I pazienti con altri tumori del sangue avevano tassi di risposta superiori all’80% e più della metà hanno avuto remissione completa.
Negli anni passati l’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, e Michele di Maio responsabile dell’Uoc Immunoterapia oncologica dell’Azienda ospedaliera universitaria senese, spiegarono che “la scienza toglie i freni al sistema immunitario cercando di far riacquisire o aggiungere capacità di combattere le cellule neoplastiche”. In particolare, Mantovani dichiarò che “nei pazienti con il cancro il sistema immunitario è frenato, non sa reagire prontamente nel contenere la nascita delle cellule neoplastiche”.
Immunoterapia, un pilastro per la terapia del cancro
Oggi lo studio più promettente é italiano, svolto su 35 pazienti con Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA), trattati con cellule T modificate. Il 94% è andato in remissione, sebbene i sintomi potessero riapparire. Sono stati anche trattati più di 40 pazienti con linfoma, con tassi di remissione superiori al 50%. In un gruppo con linfoma non-Hodgkin, si è evidenziata una diminuzione dei sintomi del cancro in oltre l’80% dei casi. Il ricercatore Stanley Riddell, sempre durante l’incontro annuale della Aaas, ha dichiarato: “Questa scoperta non ha precedenti in medicina, vista la fascia di pazienti considerata. Pazienti le cui prospettive erano di 2-5 mesi di vita”.
La ricercatrice Chiara Bonini – ematologo presso l’Università San Raffaele di Milano – a sua volta ha dichiarato “di non aver visto tassi di remissione come quelli delle recenti sperimentazioni in oltre 15 anni, questa è davvero una rivoluzione. Le cellule T hanno il potenziale per persistere nel nostro corpo per tutta la vita”. Bonini ha poi sottolineato che in un altro studio i ricercatori hanno rintracciato la presenza di cellule T “a memoria”, da due a 14 anni dopo essere state introdotte in pazienti oncologici per i quali i trapianti di midollo osseo non avevano avuto successo. Secondo Bonini “la speranza che le cellule T di memoria modificate possano fornire una difesa a lungo termine contro il cancro é una ipotesi concreta usando cellule che, avendo appunto memoria, possono riconoscere e uccidere il tumore così velocemente da non accorgersi neppure di esserne affetti”.
I primi risultati
I primi risultati risalgono agli inizi degli anni Novanta dagli attuali premi Nobel per la medicina 2018: James P. Allison alla University of California, identifica una proteina, CTLA-4 , espressa sui linfociti T (cellule del sistema immunitario). Con i colleghi, Allison sviluppa un anticorpo monoclonale e ottiene i primi entusiasmanti risultati su pazienti con melanoma; Tasuku Honjo e il suo team alla Kyoto University, raggiunge risultati analoghi scoprendo PD-1, con risultati che arriveranno su diversi tipi di tumori, come quelli ai polmoni, rene, linfoma e mieloma.
Complessivamente i trattamenti che mirano a rilasciare questi freni contro i tumori sono noti come inibitori dei checkpoint immunologici.
É necessario ricordare che gli effetti collaterali durante questi studi ci sono come ogni terapia, anche gravi. Riguardano soprattutto aspetti relativi al funzionamento del sistema immunitario ma la speranza reale alla lotta contro i tumori oggi più che mai esiste.