Restituire ai paraplegici una mobilità, recuperare parzialmente le funzioni di chi è affetto da malattie invalidanti. È la scienza a dare risposte a questi obiettivi e lo ha fatto nel corso degli anni attraverso la creazione e il perfezionamento degli esoscheletri. In Italia, l’unica struttura ad avere in dotazione gli esoscheletri e ad applicarli alle terapie dei propri pazienti è l’istituto ‘Prosperius’ di Umbertide.
La storia dell’esoscheletro ha inizio oltre 30 anni fa e solo progressivamente questo strumento è stato applicato alla riabilitazione, tramite un computer che dava la possibilità di programmare il processo terapico, monitorandone l’evoluzione. Si agisce quindi nell’ottica della riatletizzazione, che sia esso uno sportivo – per i quali i tempi di recupero sono ovviamente più veloci – o un paziente afflitto da malattie invalidanti o un reduce da incidenti. Con l’evoluzione della tecnologia, gli esoscheletri hanno anche supplito agli stimoli neurologici derivanti dalla mancata mobilità degli arti inferiori dei paraplegici.
A spiegarne il funzionamento e i dettagli relativi all’impostazione dei comandi da parte del paziente è il dottor Mario Bigazzi, fondatore dell’istituto ‘Prosperius’ di Umbertide: “Questi esoscheletri, dedicati ai paraplegici, riproducono tutti i movimenti delle articolazioni, simulando quindi una camminata in modo statico. Il paziente resta sospeso, sfiorando con i piedi un tapis roulant e ‘mimetizzando la camminata’. In clinica utilizziamo alcuni schemi con i percorsi che il paziente può scegliere, imparando a dirigere la camminata, che non arriva più dalle gambe ma dal busto. I pazienti hanno a disposizione due tipologie di comandi: possono governare l’esoscheletro con le dita o dosando il peso da una parte all’altra. Nel primo caso si tratta di paraplegici, nel secondo, la struttura può essere utilizzata anche dai tetraplegici. Una volta indossato e dopo aver ripreso il comando della direzione del passo – specifica il dottor Bigazzi – si passa al secondo esoscheletro, che consentirà al paziente di alzarsi dalla sedia a rotelle e di compiere passivamente i primi passi: è infatti il robot a consentire il movimento nello spazio, fasciando le gambe”.
Gli esoscheletri sono utili anche al recupero di un arto paralizzato, in quanto legge le potenzialità residue dello stesso, ma possono essere fondamentali anche per pazienti che hanno contratto il morbo di Parkinson o la sclerosi multipla, per i quali il lavoro con l’equipe del dottor Bigazzi ha portato non solo a miglioramenti – recupero del controllo della vescica, dell’intestino e della pressione, ottenuti attraverso il ripristino della posizione eretta – ma anche alla regressione della malattia. Il caso più noto, è quello di una donna americana che vive a Firenze, a cui la malattia è regredita e non utilizza più la sedia a rotelle. Attualmente, però, è in applicazione anche un terzo robot, che sarà in grado di supportare il paziente in azioni più complesse, come affrontare una scalinata o l’ingresso in auto.
“A questo finale positivo si spera di arrivare presto – afferma il dottor Mario Bigazzi, fondatore del centro di riabilitazione e riatletizzazione ‘Prosperius’ – ma noi siamo solo gli applicatori dell’esoscheletro in questione, non i costruttori. All’inizio, questo programma era riservato a coloro che avevano paralisi agli arti inferiori, ma il dorso e gli arti superiori erano liberi. Recentemente abbiano notato che con maggiore preparazione e una permanenza più lunga sugli altri esoscheletri anche i tetraplegici non totali possono camminare nuovamente e stare in piedi. Il primo paziente su cui abbiamo sperimentato questo progetto è un grande atleta olandese, caduto da cavallo e fratturatosi le vertebre cervicali. Il nostro fisioterapista riuscì a farlo stare in piedi. Dopo un mese di permanenza ad Umbertide, il paziente ha comprato l’esoscheletro. Certo, attualmente i costi sono elevati, ma non è ancora in vendita per l’uso; quando lo sarà, dovrebbe costare quanto una macchina specializzata. Il suo acquisto compensa però ampiamente i costi della normale assistenza al malato. La vendita però deve essere subordinata ad una preparazione: la nostra è assimilabile ad una licenza di guida. Tutti possono comprare una automobile e provare a guidare, ma se non si è abituati o istruiti all’uso, l’individuo rischia di essere pericoloso. Ed è per questo che preferisco che l’esoscheletro si veda, anche per dare segnali a chi è attorno al paziente”.
I risultati, spiega lo stesso professor Bigazzi con un pizzico di orgoglio, sono strabilianti su tutta la linea: “Con pazienza e tanta buona volontà stiamo andando molto bene. Siamo riusciti ad ottenere risultati da tutti i nostri pazienti, anche da coloro che erano molto scettici. È fortemente coinvolgente poter ammirare un ragazzo che torna a camminare, anche i fisioterapisti si commuovono. Il metodo produce una continua evoluzione psicologica nei pazienti, che a quel punto si impegnano per utilizzare al massimo le capacità residue. Abbiamo avuto casi di pazienti che hanno ottenuto grandi risultati: c’è chi ha dato il calcio d’inizio ad una partita del cuore, un altro si è sposato e ci ha chiesto di andare all’altare con le proprie gambe, camminando con l’esoscheletro: è stato lui ad arrivare all’altare con la sposa che lo attendeva. Un altro paziente vicino alla tetraplegia ha voluto negoziare con noi, impegnandosi a raggiungere risultati a patto di avere il permesso di andare in piazza ad Umbertide a prendere un caffè: ci è riuscito, nonostante la commozione di essere in piedi davanti al bancone del bar dopo due anni di paralisi”.
L’utilizzo continuativo degli esoscheletri va avanti da quasi otto anni: “Il nostro ruolo – continua il dottor Bigazzi – resta quello di migliorare ancora di più e di testare le applicazioni in maniera più efficace, specialmente sui pazienti con la sclerosi multipla e il Parkinson. Si spera di avere risultati clamorosi, magari all’altezza di quello che accade con i pazienti autistici. Con l’ausilio della camera iperbarica, il 70-80% dei pazienti migliorano con risultati fantastici. In certi casi ci viene da pensare ai miracoli. In un domani anche con l’uso di farmaci si potrebbero riprodurre alcuni centri di funzioni che sono stati spenti da ictus o malattie simili”. Gli esoscheletri sono il presente e il futuro della medicina riabilitativa? Una speranza tangibile per chi è affetto da malattie che costringono all’immobilità, parziale o totale? Superato lo scetticismo e con una corretta informazione, la fisioterapia robotica potrebbe regalare scenari insperati a pazienti che avevano progressivamente perso la fiducia e la speranza?