Una Giornata mondiale interamente dedicata alle tematiche della disabilità “per non lasciare indietro nessuno”. A 35 anni dalla sua prima celebrazione l’iniziativa del 3 dicembre ha avuto il merito di accendere i riflettori sui temi dell’accessibilità e delle politiche sociali a favore dei diversamente abili che, specie nel nostro Paese, sono ancora troppo indietro.
La disabilità, da leggera a grave, nell’Unione europea (UE) riguarda 1 persona su 6, ovvero circa 80 mln di persone, che spesso non hanno la possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale ed economica a causa di barriere comportamentali ed ambientali. Il tasso di povertà relativo a queste persone è superiore del 70% alla media, in parte a causa dell’accesso limitato al mondo del lavoro. Il mercato UE dei sussidi tecnici per i disabili (il cui valore annuale è stimato a oltre 30 mld di euro) è ancora frammentato e i prodotti restano onerosi e in media solo il 5% dei siti web pubblici nell’UE-27 è conforme alle norme di accessibilità, anche se una percentuale maggiore risulta accessibile almeno parzialmente.
In Italia ci sono 13mln di persone che risultano avere limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi. Per queste persone l’interazione tra condizioni di salute e fattori ambientali può tradursi in restrizioni dell’inclusione sociale. Tra queste almeno 3 mln di persone riferiscono di avere il massimo grado di difficoltà in una tra le funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana.
Secondo una recente stima del Censis le persone disabili gravi saranno 4,8 milioni nel 2020. Nella popolazione con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi prevalgono le donne (54,7%) e le persone anziane (61,1%).
Circa 5 mln di persone tra 15 e 64 anni con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi non sono iscritte a corsi di alcun tipo (scolastici, universitari o di formazione professionale). Tra questi individui, l’8,4% ha restrizioni nella possibilità di studiare a causa di problemi di salute. La quota sale al 37,3% tra quanti hanno limitazioni funzionali gravi.
È molto elevata la percentuale di persone con limitazioni funzionali gravi che hanno restrizioni nella mobilità a causa di problemi di salute: il 76,2% ha difficoltà a uscire di casa, il 70,5% ad accedere agli edifici e il 59,6% a utilizzare i trasporti pubblici. Il 47,6% delle persone con limitazioni funzionali gravi dichiara di avere difficoltà per motivi di salute a incontrare amici o parenti e il 60,8% a svolgere attività nel tempo libero. La percentuale di chi dichiara difficoltà, per gli stessi motivi, a usare internet risulta pari al 36,3%. In generale, la quota di persone con restrizioni nella mobilità connesse a motivi di salute o presenza di barriere è più elevata nel Sud e nelle Isole, con percentuali intorno al 30,0%, a fronte di quote che non arrivano al 25% nel Nord Italia. Le stime suggeriscono che nei prossimi 5 decenni (2010-2060) la popolazione anziana raddoppierà, passando da 13,2 a 20 milioni di persone, delle quali 6 milioni avranno più di 85 anni (il triplo rispetto al 2010, un valore tre volte superiore a quello registrato nel 2010 (quando gli over 84 erano 1,7 milioni).
La disabilità non è solo una questione etica ma anche economica. La spesa italiana per LTC (Long Term Care), che comprende la spesa sanitaria per LTC, le indennità di accompagnamento e gli interventi socio-assistenziali, erogati a livello locale, rivolti ai disabili e agli anziani non autosufficienti, risulta di poco superiore alla media europea in rapporto al PIL (l’1,8% rispetto all’1,6% della media UE), ma più bassa di quella sostenuta dai principali Paesi europei in rapporto alla popolazione con disabilità. La spesa pubblica pro capite destinata alle persone disabili è oggi di 437 euro l’anno, cifra di molto inferiore a quella media europea (535 euro), peggio di noi solo la Spagna (404 euro). Secondo le previsioni della Ragioneria Generale dello Stato la spesa per la non autosufficienza dovrebbe quindi aumentare dall’1,9% al 3,2% del PIL (valore che, in base all’andamento epidemiologico, potrebbe comunque risultare sottostimato).
Non si hanno elementi per affermare che l’aumento della longevità possa andare di pari passo con un aumento della speranza di vita in buona salute, pertanto, poiché la disabilità risulta prevalente tra le persone anziane, avremo una crescente incidenza delle fasce di popolazione a maggior rischio di non autosufficienza, che passeranno da meno di un quinto a un terzo della popolazione complessiva. La riduzione dei tassi di fecondità e del numero di componenti dei nuclei familiari rappresenteranno un ulteriore elemento di crisi del nostro sistema di welfare che poggia largamente sulle famiglie, sia in termini di cure prestate ai propri componenti che di copertura dei costi diretti di natura sociale e sanitaria (inclusa l’assunzione di assistenti familiari).
Dove le barriere sono drammaticamente più difficili da scardinare è proprio l’accesso al mondo del lavoro. In Italia solo un disabile su due risulta occupato. Le condizioni di salute hanno un forte impatto sulla partecipazione al mondo lavorativo. Nel 2013 risulta occupato il 44% delle persone di 15-64 anni con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi, contro il 55,1% del totale della popolazione. Tra le persone con limitazioni funzionali gravi risulta occupato solamente il 19,7%. La presenza di limitazioni funzionali ha un forte impatto sull’esclusione dal mondo lavorativo. Le persone con limitazioni funzionali gravi che sono inattive rappresentano una quota più che doppia rispetto a quella osservata nell’intera popolazione (quasi il 70% contro circa il 31%).
Dalla VII Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 68/99 relativa al biennio 2012-2013 emerge che il numero delle persone con disabilità iscritte agli elenchi unici provinciali del collocamento obbligatorio si assesta sulle 676.775 persone iscritte. Gli iscritti risiedono in prevalenza nel Sud e nelle Isole. Meno di una persona con Sindrome di Down su 3 lavora dopo i 24 anni, e il dato scende al 10% tra le persone con autismo con più di 20 anni. Meno della metà delle persone con Sclerosi Multipla tra i 45 e i 54 anni è occupata (49,5%), a fronte del 12,9% di disoccupati e del 23,5% di pensionati.
Le stesse barriere si ripercuotono anche nel rapporto tra i disabili e il mondo scolastico. Stando ai dati del rapporto Istat 2015 “L’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado statali e non statali”, nell’anno scolastico 2013/2014 gli alunni con disabilità in Italia sono più di 150.000, circa il 3% del totale. I problemi più diffusi sono il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio e dello sviluppo. Il 25% delle scuole prese in esame non ha ancora postazioni informatiche destinate a persone con disabilità (43% al Sud). Nella fascia di età compresa tra i 16 e i 19 anni il tasso di descolarizzazione è pari al 37% per le persone gravemente disabili e al 25% per le persone parzialmente disabili, rispetto al 17% per le persone che non soffrono di alcuna disabilità.
Tutti i numeri sopracitati sono la cornice entro cui è stato studiato e presentato a Roma il progetto Abili Oltre, lanciato da Snfia, sindacato dei funzionari delle imprese assicuratrici. Un incontro, tenutosi al Museo delle Tradizioni all’Eur, che ha visto la presenza di oltre 500 persone, e l’adesione di 12 associazioni che si occupano di Terzo Settore. L’idea di partenza di “Abili Oltre”, come ha spiegato Marino D’Angelo, segretario generale di Snfia, è il concetto che “non esistono persone inadatte al lavoro, ma lavori non adatti alle persone chiamati a svolgerli”.
Il progetto “si è reso necessario perché in Italia un disabile su due non lavora. Tutto questo è inaccettabile – ha detto D’Angelo – perché al disagio sociale si aggiunge un vulnus nel nostro sistema del Welfare ormai inefficace a garantire pari assistenza e diritti ai più deboli”. Il segretario di Snfia ha annunciato per gennaio 2017 “la convocazione degli Stati Generali della Disabilità, per avviare un confronto su un nuovo modello di inclusione sociale e su una riforma legislativa del mondo del lavoro che abbia come presupposto l’idea che nessuna produttività può essere esclusiva”. Abili Oltre prevede un protocollo Sociale d’Intesa e un progetto legislativo, redatto da Michele Tiraboschi, coordinatore scientifico di Adapt, l’associazione fondata da Marco Biagi nel 2000 per promuovere studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro. Come ha spiegato Emanuele Massagli, presidente di Adapt, “Abili Oltre propone un sistema di certificazione e riconoscimento pubblico della valorizzazione delle diverse abilità nelle aziende, da realizzare attraverso la costruzione di una bozza di protocollo sociale capace di offrire alle aziende un menù di soluzioni da adottare per fare un passo avanti nella direzione del ripensamento del rapporto mansione-lavoratore”. Disabilità che è in primo luogo una barriera architettonica. Per Raimondo Grassi, presidente dell’associazione Roma Sceglie Roma nata un anno fa su spinta di professionisti e cittadini romani stufi del malgoverno della città, “Roma ha il dovere di essere un modello di inclusione sociale in cui la disabilità sia una risorsa. Per farlo serve una nuova legge speciale per rilanciare la Capitale rendendola più vicina ai bisogni dei più deboli”.