Il digiuno a intermittenza funziona davvero? Nel 2012 la BBC mandò in onda un documentario, ‘Eat, Fast and Live Longer’, che spiegava il digiuno intermittente e i suoi benefici. Molte star ne fecero la loro principale strategia alimentare lanciandolo nell’olimpo delle diete. Ma il digiuno intermittente, o intermittent fasting, ha una storia millenaria. Sia la medicina cinese sia l’antichissima medicina Ayurvedica ci descrivono come pratica comune in quanto “digiuno inteso come purificazione del sistema gastrointestinale, disintossicazione dalle tossine in eccesso, miglioramento di corpo e mente”.
Ricerche hanno dimostrato che i benefici del digiuno sono molteplici: perdita di peso, miglioramento della sensibilità insulinica, riducendo la possibilità di incorrere in patologie gravi come il diabete di tipo 2 o la sindrome metabolica. Miglioramento delle funzioni celebrali, riduzione delle infiammazioni presenti in tutte le malattie autoimmuni, quindi minore possibilità di incorrere in malattie croniche come l’artrite; longevità data da una riduzione dello stress ossidativo.
Attraverso i suoi studi, il professor Valter Longo, direttore del Longevity Institute della University Southern California LA, ha creato la Longevity Diet spiegando più volte l’importanza del digiuno intermittente non tanto come pratica per perdere peso, quanto come stile di vita per mantenersi sani più a lungo.
L’astensione dal cibo segue percorsi ben precisi. In genere si parla di schema 16/8, vale a dire 16 ore di digiuno e 8 ore di assunzione pasto, preferibilmente la mattina e la prima parte del pomeriggio. Già dopo 12 ore di digiuno inizia la riduzione di grassi che vengono trasformati in corpi chetonici. Questi ultimi garantiscono energia all’organismo permettendo la produzione di nuove cellule staminali, il rilascio di serotonina, che, come sappiamo, favorisce il buonumore, l’abbassamento della pressione, la diminuzione di sintomi allergici e del colesterolo cattivo Ldt.
Anche Petra Brancht, specializzata in medicina generale, naturopatia e terapia del dolore fa del digiuno a intermittenza il suo cavallo di battaglie, spiegando gli innumerabili benefici nel suo libro: “Digiuno intermittente – Per dimagrire e vivere più sani e più a lungo”. Brancht come Longo evidenzia che digiuno intermittente non è sinonimo di astinenza da cibo, ma assunzione di un determinato tipo e quantità di alimento nell’arco della giornata in un dato tempo. Per stare meglio non servono restrittive diete ipocaloriche poiché la semplice anticipazione della cena, prolungando le ore di digiuno notturno, migliora l’organismo producendo una efficace funzione detox.
A oggi il termine digiuno impaurisce poiché associato a malattie gravi come la anoressia e la bulimia. Ma il digiuno sano è qualcosa che ha come obiettivo il miglioramento dell’intero organismo, di conseguenza non è una pratica fai- da-te, ma deve essere sempre supportata da un nutrizionista, dietista o medico poiché ciascuno di noi è unico.