Covid-19 e ipotesi: cui prodest? Quando la stagione influenzale 2018-2019 è giunta al suo culmine, i casi segnalati nell’ultima settimana dal 28 gennaio al 3 febbraio, sono stati 832mila. Secondo i dati Influnet (la rete di sorveglianza epidemiologia Influnet dell’Istituto superiore di sanità) e riposati da La Repubblica “dall’inizio della stagione sono 282 i casi gravi e 52 i decessi, tredici dei quali negli ultimi 7 giorni in concomitanza con il numero massimo dei contagi” che hanno costretto a letto, da inizio stagione, circa 5 milioni di italiani. Ma non solo. Sempre secondo quanto si legge nell’articolo pubblicato il 7 febbraio del 2019, “l’80% dei casi gravi e l’85% dei decessi, precisa l’Iss, presentavano almeno una patologia cronica preesistente. L’età media dei casi segnalati era di 61 anni e il 76% ha più di 50 anni. Nella maggior parte dei casi gravi fu isolato il virus A-H1N1. In linea con i dati degli ultimi anni, anche questa stagione influenzale interessò soprattutto i bambini. In particolare, emerse che l’incidenza per i bambini sotto i 5 anni superò quella della stagione 2017-18” .
Questa la situazione di una stagione influenzale intensa verificatasi nel 2018-2019. A fronte dei dati non si può certo dire che il virus Covid-19 sia, ad oggi, un’epidemia più influente sulla popolazione rispetto alle altre. A questo punto ci si chiede, cui prodest?
A proposito del coronavirus, l’Istituto superiore di sanità specifica: “Le persone con il virus Covid19, l’influenza o il raffreddore, tipicamente sviluppano sintomi respiratori come febbre, tosse e naso che cola. Nonostante molti sintomi siano simili sono causati da virus differenti. Proprio a causa di queste similarità potrebbe essere difficile identificare la malattia basandosi solo sui sintomi. Come sempre l’OMS raccomanda che persone che hanno tosse, febbre e difficoltà a respirare cerchino subito un’assistenza medica. I pazienti dovrebbero informare gli operatori sanitari se hanno viaggiato 14 giorni prima dello sviluppo dei sintomi o se sono stati a stretto contatto con qualcuno che ha avuto sintomi respiratori”.
Le alternative sono di sopravvalutazione dell’allarme o, viceversa, di sottovalutazione del medesimo. Il che equivarrebbe a dire che un “virus” sfuggito ai laboratori militari cinesi si sarebbe propagato in tutta la zona asiatica ed oltre. Ma la domanda è legittima: il virus era frutto di uno studio ai fini terapeutici o a fini militari? Pare il quesito più legittimo che milioni di persone si pongono a tutt’oggi. Risposte, purtroppo, non ne abbiamo se non quelle dettate da una mera rassegna stampa e dai programmi focalizzati sull’argomento.
Appare, a questo punto, ovvia la volontà del governo di Pechino di avvalersi di un “non detto”, vale a dire di una verità nascosta. Ma a fronte delle misure cautelari adottate dal governo cinese, non si può certo nascondere una certa inquietudine. Questo anche a fronte dei milioni di concittadini dell’est asiatico che svolgono attività commerciali in tutto l’Occidente con regolari attività di soggiorno, soprattutto in Europa.
Visto che non siamo complottisti, riteniamo di escludere un’attività su vasta scala di azione militare, anche perché non porterebbe a vantaggi strategici soprattutto alla Cina, Paese che non ha certo abbandonato l’adesione alle teorie post-comuniste del ventennio. Un virus sfuggito ai laboratori ? Anche questa teoria potrebbe non rispondere alle domande che ognuno di noi si pone. In ogni caso non chiudiamo a nessuna ipotesi, restiamo in attesa di capire meglio le dinamiche di questo fenomeno che, sicuramente, si può definire di psicosi collettiva (anche quella del governo). Nel frattempo ci chiediamo: cos’altro può essere il covid-19? Forse unicamente una mera epidemia influenzale fuori controllo?