Speranza, Cambiamento, Timore. Tre sostantivi che sembrano uno spot elettorale ma in realtà sono la fotografia dell’Italia 2017 scattata con il sondaggio di fine anno e le previsioni sui consumi 2017 del “Rapporto Coop”, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen e i contributi originali di GFK, Demos, Doxa, Nomisma e Ufficio Studi Mediobanca.
Un appuntamento annuale, quello del dossier Coop, che restituisce l’immagine di un Paese ancora alle prese con la crisi economica, che fatica ad immaginare un futuro per le proprie generazioni, ma che continua a sperare in un cambio di rotta.
Una tendenza, quella raccolta dal sondaggio Coop, confermata dalla scelta delle parole con cui gli italiani descrivono l’anno che è appena iniziato, ricalcando quelle scelte per il 2016 ovvero “speranza” (la usa il 33% del campione, era il 33,8% un anno fa), “cambiamento” (12% a fronte di un 14,3%), “timore” (10% rispetto a un più robusto 14,2% del 2016).
La speranza come aspettativa positiva nell’anno appena entrato raccoglie il gradimento del 75% degli uomini e del 70% delle donne. Analogamente sono più i giovani a inseguire il sogno del rilancio, il 78% dei Millennials (la Generazione Y, ovvero i nati tra il 1980 e il 2000), contro il 74% dei Baby Boomers (la classe nata tra il 1946 e il 1964).
Sfogliando il dossier si scoprono alcuni dati su gusti e interessi degli italiani molto interessanti: è il caso, a proposito di nuovi prodotti e servizi, del supermercato senza casse, senza file che sfrutti il riconoscimento automatico (è interessato il 74%), seguito dalla casa domotica (73%) e dal maggiordomo virtuale (lo vorrebbe testare il 43%). Quanto al Made in Italy nel carrello della spesa, a preferirlo sono il 20% degli italiani, che cercano anche il low cost (14%) e il tipico/tradizionale (14,9%).
Le previsioni sui consumi 2017. Cosa sale e cosa scende. I desiderata degli italiani si scontrano tuttavia con la realtà del potere d’acquisto delle famiglie che nel 2017 farà segnare un rallentamento, con il risultato che il ciclo dei consumi, dopo un biennio a ritmi superiori all’1%, subirà una battuta d’arresto (la stima si attesta su uno 0,7%) dovuto al blocco dei redditi e soprattutto alla ripresa dell’inflazione.
In cima alla lista dei desideri degli italiani figura sempre la telefonia (+8%), gli acquisti tecnologici di computer e altri accessori (+ 7,3%), i servizi ricreativi (+2,8%); tra le voci che scivolano invece sempre più in basso nel gradimento degli italiani le spese per la manutenzione della casa, i giornali, i libri.
Le utenze, il carburante e le spese sanitarie sono i comparti dove il numero di famiglie che prevedono di spendere di più superano quelle che immaginano di risparmiare. Questo è vero anche per la spesa alimentare dove, per la prima volta dopo molti anni, gli italiani che contano di aggiungere valore al carrello alimentare (+13%) sono quasi il doppio rispetto a quelli che pensano di comprimere ulteriormente la spesa (+8%).
Il 2017 porterà probabilmente anche nuovo dinamismo nel mercato immobiliare e nei comparti ad esso collegati (arredamento ed elettrodomestici): in tempi di bassi tassi d’interesse e di turbolenza dei mercati finanziari ritorna prepotentemente la casa come sogno nel cassetto degli italiani.
Rimarrà in crescita la spesa per i viaggi (la indica come spesa sicura o possibile l’80% degli italiani). I Millennials sono quelli che con più probabilità affronteranno questa spesa in futuro (85% contro il 73% dei Baby Boomers), insieme a chi ha maggiori disponibilità di spesa in generale (90% delle famiglie con redditi elevati contro il 71% delle famiglie con redditi più bassi).
Si spenderà per viaggi e vacanze con più probabilità al Nord e al Centro rispetto al Sud (80% e 85% contro il 78% di Sud e Isole). E sono ancora i Millennials a spingere per l’acquisto di servizi legati a benessere e svago: iscrizione in palestra (prevista dalla metà dei giovani), abbonamento per il teatro o lo stadio (il 36% dei Millennials indica questa voce di spesa, contro il 27% della cosiddetta “Generazione X”), così come la sottoscrizione di abbonamenti di Pay TV (39% dei giovani contro 30% degli adulti e il 19% degli over 50) sono le tre dimensioni di consumo a cui i giovani non intendono rinunciare.
E la grande distribuzione che nel 2016 ha sofferto una lunga stagione deflattiva chiude l’anno in perfetta parità rispetto all’anno precedente beneficiando comunque di un piccolo miglioramento delle vendite registrato nelle ultime due settimane del 2016 e comunque non tale da non superare un +2% concentrato peraltro fortemente concentrato nei giorni prenatalizi.
A conferma dei dati raccolti dal dossier Coop ci sono anche le rilevazioni trimestrali dell’Istat secondo cui “il 2016 è stato un anno di deflazione, il primo dopo oltre mezzo secolo, e l’effetto sul potere d’acquisto e il reddito disponibile delle famiglie si vede”.
Nel terzo trimestre dell’anno, complici i prezzi bassi e un lieve calo della pressione fiscale, gli italiani si sono ritrovati in tasca qualche euro in più ed hanno deciso di spendere anche qualcosa in più, facendo salire l’asticella dei consumi. Secondo i dati Istat, tra luglio e settembre il potere d’acquisto delle famiglie, ovvero il reddito reale, è aumentato dello 0,1% sul trimestre precedente e dell’1,8% su base annua. Nello stesso periodo, il reddito disponibile è aumentato in termini tendenziali dell’1,9% e in termini congiunturali, cioè rispetto al trimestre precedente, dello 0,2%.
Da qui la spinta ai consumi, cresciuti dello 0,3%, a cui fa da contraltare la diminuzione, seppur lieve, della cosiddetta “propensione al risparmio”, tradizionalmente alta tra le famiglie italiane rispetto a quelle di gran parte d’Europa. I dati, tutti sostanzialmente positivi, confermano dunque l’inversione di tendenza rispetto agli anni di crisi più nera e si sommano a quello, poco significativo per l’anno nel suo complesso ma comunque incoraggiante, sul peso del fisco. Nel trimestre, la pressione misurata rispetto al Pil (rimbalzato nei mesi estivi a un importante +0,3% rispetto alla crescita zero dei tre mesi precedenti) è stata pari al 40,8%, segnando una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.