“Non bisogna sottovalutare nulla, ma non c’è bisogno di fare allarmismi”. Così Roberto Cauda, direttore del reparto malattie infettive dell’Università Cattolica Gemelli di Roma, in un’intervista a Ofcs.report in merito ai recenti casi di Chikungunya in Italia.
Professore Cauda, può spiegare cos’è la Chikungunya?
“La Chikungunya è una malattia virale che si trasmette nella stragrande maggioranza dei casi attraverso un vettore: la zanzara. Non è una malattia nuova. Ne conosciamo l’esistenza dal 1952, quando è stata descritta per la prima volta in Tanzania. Infatti il nome della patologia significa ‘contorcersi’ in lingua locale africana. Il significato della parola fa riferimento a una delle manifestazioni più importanti della malattia, rappresentata da forti dolori alle articolazioni. Negli ultimi 65 anni ci sono state più segnalazioni e sembra che il virus si sia mosso verso il sud est asiatico dove ci sono state epidemie, poi prontamente contrastate attraverso un’accurata disinfestazione”.
In Italia è la prima volta che si verificano casi della malattia?
“Per quanto riguarda il nostro Paese, la prima volta che ne abbiamo sentito parlare a livello di grande pubblico è stato nel 2007, quando in due cittadine dell’Emilia Romagna si sono verificati oltre 100 casi di malattia. Il virus è stato prontamente riconosciuto quella volta come oggi e sono state messe in atto le misure tese a eliminare il vettore, la zanzara”.
Che tipo di zanzara può trasmettere il virus?
“Prima la zanzara, che funzionava da vettore per il virus, era della specie Aedes aegypti ma si pensa, con ogni probabilità, che ci sia intervenuta una mutazione genetica del virus così da consentire la possibile traduzione anche da parte di una zanzara diversa, quella tigre, chiamata Albopitcus: da noi, in Italia, è interessata solo la zanzara tigre. E’ fondamentale ricordare, poi, che non tutte le zanzare tigre sono portatrici di Chikungunya, ma solo e soltanto quelle che hanno punto un soggetto malato. Non è giusto pensare, nemmeno dire, che tutte le zanzare tigre che pungono possano trasmettere il virus”.
Crede che in qualche modo il problema dell’immigrazione abbia contribuito alla diffusione della malattia?
“No, non credo. Non è un problema d’immigrazione ma di globalizzazione. E’ evidente che viviamo in un mondo globalizzato e non rendercene conto sarebbe come negare il nostro tempo. Chiunque la può portare, anche chi va in vacanza e viene punto”.
La trasmissione avviene solamente da zanzara a uomo?
“No. Anche attraverso le trasfusioni. E’ importante sottolineare la presenza di soggetti che possono non aver manifestato la malattia perché in fase di incubazione, il cosiddetto periodo ‘finestra’. In questo caso il soggetto può non essere identificato e fare delle donazioni di sangue infettando involontariamente qualcun altro.
Detto questo, la Chikungunya è una malattia benigna che non è grave. E’ molto simile a un’influenza. I sintomi sono spossatezza, malessere generale, dolori muscolari, dolori articolari soprattutto. Non ha una sua cura specifica perché virale ma ha il suo corso che dura circa 7 giorni. Le complicazioni non sono frequenti e in genere si osservano nei bambini o nelle persone anziane”.
C’è una profilassi che si può fare?
“Se si decide di partire per luoghi dove il virus è diffuso ci sono delle accortezze. Non esiste una vaccinazione. Detto questo consiglio di recarvi in questi luoghi con maniche e pantaloni lunghi, vestiti chiari, munirsi di repellenti per tenere lontano zanzare e dormire con la zanzariera”.
Ci dobbiamo preoccupare?
“No, perché bisogna guardare i numeri che non sono tanti. E’ vero che non bisogna sottovalutare nulla ma neanche cadere nell’allarmismo di massa. Sono state messe in atto tre misure importanti: la misura ambientale con una disinfestazione massiccia, una misura precauzionale bloccando le donazioni di sangue e la misura dell’informazione tra medici che, grazie alla costante attenzione, ha permesso di riconoscere da subito un virus per niente frequente nel nostro Paese. Questo denota una classe medica vigile”.