Un like ad un tweet per accedere alle immagini, sconcertanti, di presunti combattenti della Wagner uccisi dai volontari di Tbilisi. Georgian legion Working. 7-11 “Wagner” eliminated. È sarcastico (beato lui che ci riesce) l’utente di Twitter “Knukli“, sedicente volontario israeliano in Ucraina che condivide con il pubblico di Twitter il video dell’uccisione di combattenti della Wagner.
Deve aver messo il like sul profilo della Legione Georgiana, unico modo per poter visualizzare il video dell’uccisione, che ritwitta facilitando così la diffusione del video-horror che, magari, non sarà ripreso dai network internazionali né condannato con la stessa animosità riservata ai veri (o presunti) war crimes russi, pur suscitando alla vista sconcerto ed indignazione.
La Georgian Legion ha una buona copertura social
Il profilo ufficiale della Legione Georgiana (che ha pubblicato le immagini dei Wagner uccisi) fornisce una buona quantità di informazioni sul reparto di volontari, già dalla nota bio: “Formed in Georgia, forged in Ukraina, led by @Mamulashvili_M, defending the innocent from the aggressor, the howl of our wolves has put fear into orcs since 2014”.
Anche il comandante, Mamuka Mamulashvili, è un tipo che ama i social network. Il suo profilo supera infatti i 40 mila follower; 5 mila invece quelli di Instagram. Mamulashvili è un personaggio da romanzo. Nato a Tbilisi nel 1978, combatte per la prima volta a 14 anni nel conflitto con Abkhazia, uno dei tanti scoppiati nelle ex repubbliche sovietiche dopo il collasso dell’Urss. Nel 1994 parte volontario per la prima guerra cecena; lotta contro i russi anche nella seconda, poi, dopo un periodo di studio a Parigi, torna in Georgia per la guerra russo-georgiana del 2008. È in Ucraina da ormai dieci anni, vale a dire dalle proteste di Euro Maidan.
L’unità da lui comandata punta molto su contenuti ad effetto e su una retorica bellicista: “Siamo lupi che combattono gli orchi” , “instilliamo terrore nel nemico”. Anche il nome è evocativo: una Legione Georgiana ha infatti combattuto nella Prima Guerra Mondiale ed un’altra, inquadrata nello Heer tedesco, durante la Seconda Guerra Mondiale in chiave anti sovietica.
Non che reparti che si richiamano ad un passato, talvolta cupo ed oscuro, siano una novità. Simboli nazionalisti (quando non apertamente nazisti) fra le file ucraine sono stati spesso argomento di discussione in Occidente. Anche la cantante Khrystyna Soloviy, autrice della cover di Bella Ciao, è comparsa in alcune foto con simboli della milizia di Stephen Bandera, “patriota” e collaborazionista.
Ma lo abbiamo scritto e riscritto: nell’est Europa le ideologie sono declinate all’interesse etnico. Quindi, anche veri o presunti filo-nazisti erano e sono mossi più dalla necessità di tutelare il proprio gruppo etnico che non da una reale e convinta adesione ideologica. Fatto che certamente non li assolve, in particolare quando l’avversione per il nemico si trasforma in una spettacolarizzazione della sua morte.
Pur fra i mille errori commessi, l’Occidente è stato in grado di condannare scempi quali Abu Grahib. Allora l’opinione pubblica pareva ancora indignarsi per le mortificazioni inflitte ai prigionieri di guerra che, vale la pena ricordarlo, per un soldato sono sacri. Non si spara, non si tortura, non si uccide né si umilia chi si è arreso.
Ed anche per questa ragione è bene che, un domani, Stati Uniti, UE e NATO valutino l’opportunità dell’ingresso dell’Ucraina nelle rispettive Organizzazioni: l’Ovest ha infatti imparato a fare i conti con il passato e con il presente, prendendo seri provvedimenti verso chi si è macchiato e si macchia di crimini di guerra. A est sembra, invece, che tali gravi circostanze siano rimaste sospese nel tempo e nel diritto internazionale: russi, ucraini, georgiani, ceceni combattono senza, talvolta, rispettare quel senso dell’onore e del rispetto che si impone ad un Soldato.