Non fatevi ingannare dal titolo. Non ho nulla contro le giornate della memoria, del ricordo, o come volete chiamarle … anzi, tutt’altro. Semmai, osservando quel che i media in genere ci hanno propinato in questi giorni della “memoria”, mi è sembrato che la loro fosse un po’ limitata e ho pensato, così, tanto per far ricordare anche agli altri, che ci sono altri episodi che credo sarebbe doveroso … per l’appunto … ricordare.
Se è vero che i morti, secondo i proclami di quelli che sentono prepotente l’esigenza di far sapere il loro alto pensiero … eccettuato forse il solo Benito Mussolini e pochi altri, che sembrerebbe, per gli autonominati depositari del vero, immeritevoli …. dovrebbero esser tutti uguali, ma del suo caso ne parleremo in un’altra occasione. Lasciamo perdere anche Pico della Mirandola, e rimaniamo più terra terra.
Possibile che solo “alcuni” importanti eventi del passato, proclamati, non si sa da chi, meritevoli, debbano essere ricordati, celebrati e trasmessi … e altri no?
Non voglio certo esagerare, prendendo ad esempio di “memoria” … dimenticata – e ci mancherebbe pure, dopo tutto questo tempo! – la battaglia della foresta di Teutoburgo, del 9 d.C., conosciuta anche come il “massacro della foresta nera”, che immagino ben pochi sappiano cosa sia, ed esser così poi pure accusato di voler fomentare l’odio verso quei “germani”, o peggio, verso i loro attuali eredi, ma solo per sollecitare l’attenzione sul fatto che, di eventi orribili e veramente raccapriccianti, nella tormentata storia dell’uomo, ce ne sono … e assai di più, di quanti non si ricordi.
Sintetizzo i dati essenziali, che poi, chi avrà voglia potrà approfondire.
Cadendo in una trappola ben organizzata dagli avi dei nostri attuali fratelli tedeschi (sempre ricordando però che … pure Caino e Romolo erano dei fratelli), i loro avi, guidati dal generale Arminio, ufficiale delle truppe ausiliarie di Varo, ma segretamente anche capo della tribù dei Cherusci che fingevano di essere ormai sottomessi a Roma, traendo in inganno quel, diciamo solo … poco accorto condottiero, che era Publio Quintilio Varo (e che, scusate l’ardire, mi sembra tanto somigliare a tanti leader attuali, che tutto vedono …. meno i pericoli veri), nel giro di una nottata furono sterminate, e in modo atroce tre intere legioni 6 coorti di fanteria, 3 ali di cavalleria ausiliaria e tutti i civili, mogli, figli, nonni, domestici e via dicendo che erano, come di norma al seguito dell’esercito a quei tempi. Nessuno fu risparmiato, ma la morte, per nessuno di loro fu, non dico indolore, ma neppure facile. Furono squartati vivi, eviscerati, mutilati, e via dicendo. I curiosi potranno trovare ampie descrizioni su internet.
Chiusa la lunga parentesi, veniamo al ricordo di qualcos’altro, di un po’ più vicino.
Per l’evento che voglio riportare alla memoria (o forse sarebbe più esatto dire far sapere, perchè credo che ben pochi ne conoscano l’esistenza), gli onnipresenti quando c’è da “ricordare”, da “indignarsi”, con le più belle espressioni del politicamente corretto, dei minuti di silenzio, di democratica e ferma partecipazione, di applausi e bandiere, e potrei continuare a lungo, quelli non ci pensano neppure per scherzo a spendere una sola parola. Vorrei tanto citarli i nomi di questi campioni della partecipazione, ma finirei per non aver più spazio, e diventerebbe alla fine solo un mesto elenco di figurette e figuracce e ve ne esimo.
Come dicevo sono fermamente convinto che sia giusto, anzi doveroso, che le generazioni attuali, e quelle a venire, innanzitutto sappiano, e poi che ricordino, nel senso di venire a conoscenza, dato che, non avendoli vissuti quegli eventi non possono certamente ricordarli. E però nella loro asettica verità. Non mi sono mai piaciuti gli atti di fede acritica, specie in queste materie. Si deve confidare troppo sull’onestà di chi li racconta … Di nefandezze l’essere umano ne ha fatte in passato, ne fa nel presente, e purtroppo ne farà nel futuro, innumerevoli, per cui se impegnarsi per eliminarle è sacrosanto, un essere pensante, dovrebbe anche sapere, senza che glielo dica nessuno, che quello può essere un obiettivo, ma di quelli che … non possono esser raggiunti in pieno.
Che voglio dire?
Semplice, che l’impegno per la parità sostanziale, che non significa identità o appiattimento a prescindere dagli innumerevoli elementi che caratterizzano, e grazie a Dio differenziano l’essere umano (si potrà ancora dire “essere umano” .. o è scorretto e offende i generi che qualche mente illuminata si sta inventando giorno dopo giorno? Non lo so e sinceramente me ne frego altamente. Tranquilli, mi sono informato, il Duce non ha imposto il copyright su quell’espressione, e chiunque può, e quindi anche io, utilizzarla senza dover necessariamente esser definito fascista, o solo nostalgico – di che poi, mi piacerebbe saperlo, essendo nato oltre dieci anni dopo la fine del fascismo).
Veniamo al fatto che vorrei fosse riportato alla “memoria” condivisa da tutti, perché riguarda noi tutti, e prima tra tutti l’Arma dei Carabinieri, che immagino quest’anno, nel settantacinquesimo anniversario della strage, avrà già predisposto le doverose cerimonie commemorative per degnamente onorare la Memoria di quei “caduti”. Visto chi erano i carnefici e chi le vittime, non deve stupire se questa storia sia stata per così tanti anni nascosta a una “memoria” attenta a far ricordare solo quel che piace a chi ha comandato l’informazione, per fin troppo tempo, e ora fortunatamente non più.
Sta di fatto, e questa è cronaca, che il 25 marzo 1944, alcuni partigiani slavi presero in ostaggio il Vicebrigadiere Dino Perpignano, comandate dei presidio posto a difesa della centrale idroelettrica di Bretto, che stava rientrando negli alloggiamenti. Questi “eroi” per qualcuno, ma non per me, sotto la minaccia delle armi, costrinsero il sottufficiale a pronunciare la parola d’ordine, e quindi, entrati nel presidio, catturarono tutti i Carabinieri, di cui gran parte colta nel sonno.
Quei dodici giovani Carabinieri, sorpresi nel sonno, furono deportati nella Valle Bausizza e rinchiusi in un fienile dove gli fu servito un pasto in cui era stata messa soda caustica e sale nero. Senza poter immaginare nelle mani di che bestie fossero caduti, mangiarono quanto gli era stato dato, e subito caddero preda di atroci dolori, che si protrassero per ore. Non paghi dell’impresa, i loro carnefici ne fecero infine a pezzi i corpi.
Si chiamavano Pasquale Ruggiero, Domenico Del Vecchio, Lino Bertogli, Antonio Ferro, Adelmino Zilio, Fernando Ferretti, Ridolfo Calzi, Pietro Tognazzo, Michele Castellano, Primo Amenici, Attilio Franzon. Quasi tutti ventenni. Al loro comandante, Il Vicebrigadiere Perpignano, fu riservato un trattamento speciale. Preso e spogliato, gli fu conficcato un uncino di legno nel nervo posteriore dei calcagno, e issato a testa in giù, legato ad una trave. Tutti furono incaprettati. E a tutti, ormai agonizzanti, toccò di esser finiti a colpi di piccone da questi maledetti ancor oggi celebrati come eroi, sebbene siano null’altro che degli assassini. Evito di elencare gli ulteriori dettagli di quel che fu fatto a quei giovani carabinieri, per rispetto innanzitutto loro, e poi di chi legge. Chi volesse saperne di più vada tranquillamente su internet, e se ha i nervi saldi legga i dettagli di quel che fu loro fatto.
La rabbia mi sta prendendo, ed è meglio che mi fermi qui. Un solo invito a chi si riempie la bocca di “memoria”! Ricordate anche questi disgraziati?