Le stragi di Bologna e Ustica
Ed è proprio il «Lodo Moro» ad autorizzare un’ipotesi diversa per le stragi di Ustica e di Bologna. Perché nell’estate 1980, pare che per la prima volta il patto segreto non funzioni. Potrebbe quindi non essere affatto un caso se il Dc9 di Ustica decolla da Bologna, la città di Saleh, e se anche la stazione che esplode è quella del capoluogo romagnolo, dove il 2 agosto gli inquirenti hanno appurato la presenza di terroristi del gruppo di Carlos.
“Su Bologna, la mia l’ho detta e la ripeto. Per me fu un incidente, un drammatico incidente di percorso: fu, con molta probabilità, una bomba trasportata da terroristi palestinesi che non doveva essere innescata in quell’occasione e che invece, chissà perché, per un sobbalzo, una minaccia, un imprevisto, scoppiò proprio in quel momento. La mia, sia chiaro, non è una certezza, ma soltanto una supposizione. Avvalorata, però, da quanto ho letto non molto tempo fa in un’intervista a un altro dirigente del Fronte di liberazione palestinese”, questa la dichiarazione di Francesco Cossiga, estrapolata da “La versione di K”, il libro che ripercorre la parabola politica del Paese sino dal 1947.
La versione di “K”
In un’intervista al Corriere della Sera, l’8 agosto 2008, Cossiga parlò di un trasporto finito male: “La strage di Bologna è un incidente accaduto agli ‘amici’ della resistenza palestinese che, autorizzata dal Lodo Moro a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese si fecero saltare colpevolmente con una o due valigie di esplosivo”. In definitiva l’ordigno all’interno della valigia sarebbe esploso più o meno accidentalmente mentre veniva trasportato.
A conferma delle dichiarazioni del “Picconatore”, la sconcertante scoperta fatta dai tecnici incaricati di una nuova perizia sull’ordigno esplosivo usato a Bologna. Un interruttore del tutto simile a quello che venne ritrovato nella valigia della terrorista Christa Margot Frolich del gruppo tedesco Revolutionare Zellen, associato al gruppo “Separat” (o Organizzazione dei rivoluzionari internazionali guidato da Carlos), arrestata a Fiumicino nel 1982, che potrebbe aver costituito l’innesco della bomba.
Si tratta di un interruttore elettrico del tipo “on-off” sul quale è stata ritrovata l'”impronta”dell’esplosivo incompatibile non solo con qualsiasi deviatore presente nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna dove venne posizionata la valigia contenente l’ordigno ma, anche, con qualsiasi materiale in uso alle Ferrovie.
Per i periti, l’interruttore, simile a quello dei tergicristalli di un’auto, rinvenuto dall’esplosivista geominerario Danilo Coppe nel mucchio di materiale di risulta che venne ammassato all’epoca della strage all’interno della caserma di Prati di Caprara, è compatibile con un interruttore di sicurezza artigianale realizzato da chi ha costruito l’ordigno e utilizzato per evitare l’esplosione durante il trasporto. Ma, trattandosi di un congegno artigianale, sarebbe stato difettoso.
Le stragi dello “Sciacallo”
L’oggetto emerso da questa nuova perizia è molto simile a detonatori già utilizzati in passato dai terroristi legati al gruppo di ‘Carlos’. Un dato è comunque certo. Con l’esplosivo viaggiava almeno un detonatore. Oltretutto in occasione dell’arresto a Fiumicino, la Carlos Christa Margot Frolich stava trasportando una valigia contenente, all’interno di un doppiofondo, 3 chilogrammi e mezzo di miccia gommata verde, composta da Pentrite prodotta nei Paesi del Patto di Varsavia, oltre a un timer, una sveglietta a batteria marca Emes dalla quale fuoriuscivano due fili elettrici, due detonatori elettrici in alluminio e un oggetto, una staffa semicurva e l’ interruttore identico a quello trovato a Prati di Caprara dal perito Danilo Coppe. Anche in quel caso, dunque, era in atto un trasporto di esplosivo.
Nella perizia viene rilevata un’analogia tra l’interruttore piegato, che è stato ritrovato tra le macerie della strage, custodite in una zona militare di Bologna, e l’interruttore che era all’interno della valigia che, due anni dopo la strage, la terrorista del gruppo Carlos, Christa Margot Frohlich, trasportava all’aeroporto di Fiumicino. La valigia conteneva esplosivo e appunto un interruttore di sicurezza”. Lo riferì all’Adnkronos l’avvocato Valerio Cutonilli, autore, con il giudice Rosario Priore, del libro ‘I segreti di Bologna’ (Chiarelettere, 2016), commentando l’ultima perizia sulla strage.
Ma sono tante, forse troppe, le similitudini di modalità tra la strage di Bologna e altri due attentati compiuti da Carlos lo sciacallo.
I periti incaricati dalla Corte di Assise, l’esplosivista geominerario, Danilo Coppe, e il comandante della sezione chimica del Racis dei Carabinieri di Roma, colonnello Adolfo Gregori, interpellati durante lo svolgimento del processo contro l’esponente dei Nar, Gilberto Cavallini, hanno posto in risalto anche altre inquietanti emergenze.
Il 31 dicembre 1983 due esplosioni avvengono quasi in simultanea sul Tgv Parigi – Marsiglia a Tain l’hermitage e alla stazione Saint-charles di Marsiglia.
Durante la loro deposizione in Corte d’Assise, i periti riferiscono che “alle 19.45 esplode un ordigno di notevole potenza tra la seconda e la terza carrozza di prima classe del treno superveloce TGV Marsiglia-Parigi. Il treno aveva lasciato la stazione di Marsiglia alle 17.29. Al momento dell’esplosione il treno viaggiava a 160 chilometri orari e si stava dirigendo verso Lione. Appena 35 secondi prima aveva incrociato un altro convoglio. Se lo scoppio fosse avvenuto in quel frangente lo spostamento d’aria avrebbe sicuramente provocato il deragliamento dei due treni. Invece, il TGV proseguì la sua corsa per quasi mezzo chilometro e si fermò nella stazione di Tain l’Hermitage, dove sopraggiunsero i soccorsi. Tre i morti ed una quindicina i feriti”.
Alla stazione di Marsiglia, invece, ”l’ordigno a tempo era stato programmato per esplodere al momento dell’arrivo di un rapido Parigi-Marsiglia – sottolineano i periti della Corte – Pochi secondi e la stazione sarebbe stata affollata di passeggeri scesi dal treno. Nel deposito bagagli lo scoppio ha aperto una voragine di due metri di diametro nel pavimento. Due i morti, un algerino di 25 anni e un polacco di 38 anni. I feriti furono 34 di cui 7 gravemente mutilati”.
Tale specifica circostanza, secondo quanto riportato da AdnKronos il 27 giugno 2019, fu già posta in evidenza in un’interrogazione molto dettagliata, presentata ben 14 anni fa, il 2 febbraio 2006, dall’allora parlamentare di Alleanza Nazionale, Enzo Fragalà che annotò l’incredibile similitudine fra l’attentato al treno 904 in Italia e quello compiuto da Carlos contro il treno ad alta velocità a Tain l’Hermitage, in Francia.
La strage del 904, anche chiamata la strage di Natale, avvenne il 31 dicembre 1984 e, come era accaduto un anno prima, in Francia arrivarono varie rivendicazioni di organizzazioni di destra e, infine, in entrambi i casi, una della Jihad islamica. Mentre gli investigatori francesi davano scarso credito alla rivendicazione della destra privilegiando la pista internazionale, gli investigatori italiani facevano esattamente il contrario perché, come spiegava un investigatore, “in passato le stragi indiscriminate sono state commesse da terroristi di destra”.
In realtà gli attentati compiuti Oltralpe furono definitivamente attribuiti dalla giustizia francese al terrorista Ilich Ramirez Sanchez detto Carlos lo Sciacallo, tutt’ora detenuto in Francia dove sconta una condanna all’ergastolo.
Secondo quanto dichiarato da Enzo Fragalà, “l’attentato al 904 e quello al Tgv francese appaiono molto simili anche nella dinamica visto che entrambi i treni stavano per incrociare, al momento dell’attentato, altri convogli provenienti dalla direzione opposta e che ciò, poi, non è avvenuto perché vi era un ritardo di 35 secondi per il treno francese ed un ritardo di un minuto per quello italiano, cosicché il 904 non incrociò nella galleria il Trans Europ Express bloccato fortunosamente dai ferrovieri alla stazione di Grizzana” e che “l’attentato alla stazione Saint Charles di Marsiglia appare sostanzialmente identico a quello alla stazione di Bologna giacché venne rinvenuto un cratere di un metro di diametro provocato da una valigia carica di esplosivo lasciata nei pressi dell’ufficio riconsegna bagagli”. Altresì, il defunto parlamentare, ricorda come “nei giorni precedenti la strage del 904 sia il presidente del Consiglio, Bettino Craxi che il Ministro dell’interno Oscar Luigi Scalfaro lanciarono una serie di messaggi molto allarmanti, sulla possibilità di attentati in Italia“. In particolare “il presidente dei consiglio Bettino Craxi, intervistato sulla matrice internazionale dell’attentato al treno 904 ebbe a rilevare – annotava Fragalà nella sua interrogazione – che un anno prima sul treno Marsiglia-Parigi lo stesso gruppo islamico che nel mese di dicembre ci ha indirizzato due esplicite minacce aveva collocato una bomba che provocò la morte di cinque persone. Quindi nulla può escludere che nel nostro Paese si organizzino con mano internazionale attentati di questo tipo” (fonte AdnKronos) .
Toghe rosse
Appare quindi abbastanza chiaro che il panorama descritto mostri una magistratura impegnata nella strenua lotta a un’inesistente avanzata del neo-fascismo, tralasciando piste molto più accreditate che, precorrendo i tempi, vedevano una crescita esponenziale degli atti di terrorismo arabo, all’epoca con matrice politica, poi tramutatosi in quello jihadista di chiara matrice islamista.
La sottovalutazione di questi aspetti ha avuto la conseguenza di tacitare le associazioni delle vittime di Bologna e del rapido 904 con la condanna dei Nar, peraltro già giustamente detenuti per altri gravi reati commessi e, in parte confessati, senza vi fossero sufficienti prove ad avallare la loro imputazione e la successiva conferma della carcerazione per la strage di Bologna.
Tutti soddisfatti per aver tacciato di neofascista la strage dell’agosto 1980 e di aver salvato, almeno in apparenza, l’atteggiamento filo arabo, spinto all’estremo, degli esponenti politici dell’epoca che portò comunque a tragiche conseguenze.
La prima fu l‘attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982, già ricordato al quale fece seguito, a distanza di tre anni, il sequestro della nave Achille Lauro il 7 ottobre 1985 da parte di elementi del Fplp che ebbe come conseguenza l’uccisione di Leon Klingoffer, un settantenne ebreo americano disabile. A seguire, il secondo attentato all’aeroporto di Fiumicino del 27 dicembre 1985, condotto da elementi del gruppo “Abu Nidal” presso il check in delle compagnie El Al e Twa che provocò l’uccisione di 13 persone e il ferimento di altre 130. Il tutto in spregio agli accordi sottobanco risalenti agli anni ’70 con le fazioni palestinesi che i nostri politici dell’epoca ritennero doverosi.
Il dubbio cresce: e se le due stragi, Bologna e Ustica, avessero la stessa matrice, quella del terrorismo palestinese?
Sino ad oggi, mentre la giustizia italiana non ha individuato un colpevole certo per Ustica, la Cassazione nel 1995 ha stabilito, con una condanna controversa, che quella di Bologna è stata una «strage fascista», definizione che ha messo il sigillo finale su tutta la vicenda nonostante le reiterate richieste di una riapertura delle indagini sulla “pista palestinese”.
Una soluzione, quella delle toghe rosse, riproposta in termini diversi, in tempi recenti nell’affrontare proprio l’emergenza del terrorismo jihadista e nell’accoglienza indiscriminata di clandestini provenienti da paesi a rischio, alcuni tra i quali reduci dallo Stato Islamico, e comunque non certo nelle condizioni di richiedere asilo politico.
La sudditanza dell’Italia verso i Paesi arabi
Un atteggiamento buonista e di sudditanza verso i Paesi arabi che vedono l’Italia interloquire principalmente con quelli maggiormente sospettati di collusioni, a vario titolo, con il terrorismo jihadista, in primis il Qatar, o con il sostegno a governi infiltrati da personaggi nell’orbita dei Fratelli musulmani, vedasi la Libia di al Sarraj.
Se è vero, con molte riserve, che il Lodo Moro preservò l’Italia da ulteriori feroci attacchi dei terroristi mediorientali, è anche vero che pose le basi per l’atteggiamento di estrema arroganza palesato proprio da quelle fazioni estremiste arabe e, successivamente islamiste, antioccidentali e antisioniste per eccellenza, ancora attive con attacchi, minacce, sequestri di ostaggi (risolti con i pagamenti di rito…) e un’invasione incontrollata che il nostro Paese continua a subire passivamente in nome di un chiaro masochismo o, piuttosto, di qualche altro accordo sottobanco…
La storia si ripete, ma questa volta rischia di travolgerci.