Antisionismo sempre antisemitico? La demonizzazione dello stato ebraico osservata in questo mese evidenzia tutta la profondità dell’antisemitismo in Europa. L’antisionismo, vera foglia di fico, viene utilizzata per mascherare un’agenda politica apertamente antisemita.
Le forme di antisemitismo riferito a Israele sono molto diverse e sfaccettate e sono maturate negli ambienti più disparati, anche se predominano i tradizionali ambienti islamista, e dell’estrema destra e quello dell’estrema sinistra (anche italiana, secondo diversi autori, come anche nella Svizzera italiana).
La sinistra massimalista moderna, le cui bandiere sventolano nei cortei a favore della Palestina e che affonda le proprie radici ideologiche nella storia sovietica, hanno mutuato, o talvolta subito supinamente, i termini e le immagini che aprioristicamente giustificano l’antisemitismo promosso dai sovietici e che la leadership sovietica adattò dalla precedente propaganda nazi-fascista per i propri scopi poco etici.
Emblematiche, le parole della prima ministra Elisabeth Borne (Renaissance/Renew) in un’intervista dell’8 ottobre scorso, che avrebbe commentato il comunicato pubblicato il giorno precedente de La France insoumise (LFI), affiliata al gruppo “La Sinistra” del Parlamento europeo dicendo: “Le posizioni de La France Insoumise sono ben note, con molte ambiguità, come l’antisionismo, tanto che a volte è anche un modo per mascherare una sorta di antisemitismo”.
Per comprendere la narrativa della sinistra si deve riprendere le motivazioni per cui, per molti anni nei conflitti arabo-israeliani, Mosca si è schierata dalla parte degli stati arabi, etichettando “aggressione israeliana” nella stampa, nella propaganda e nei discorsi diplomatici qualsiasi sua iniziativa.
L’URSS, infatti, sostenne la popolazione ebraica della Palestina durante la cosiddetta Guerra d’Indipendenza, ma Israele preferì una cooperazione a lungo termine con l’Occidente e l’Unione Sovietica, a sua volta, si schierò dalla parte opposta del conflitto. Da allora, per molti anni fu ufficiale il processo di demonizzazione di Israele e del sionismo, iniziato con i “processi farsa” di Stalin nel dopoguerra. In patria, peraltro, V. Uspensky affiderà alla storia con il suo libro “Il consigliere privato del leader” il detto “Mosè condusse gli ebrei fuori dall’Egitto e Stalin dal Politburo…”.
Nel merito, la propaganda sovietica, a volte affermava che Israele è un avamposto e un trampolino di lancio dell’imperialismo internazionale in Medio Oriente; significativa, una foto di una manifestazione sovietica del Primo Maggio, in cui un ragno dal naso adunco con un berretto militare decorato con la Stella di David, che mostrava i denti in un sorriso minaccioso. Le enormi aste sotto le sue zampe sono associate sia alla rete che ai meridiani del globo, che questo ragno calpesta. Lo slogan sopra il modello suggerisce in quale contesto ideologico ciò dovrebbe essere compreso: “Il sionismo è un’arma dell’imperialismo!”
Il sionismo, un movimento politico che chiedeva l’unificazione del popolo ebraico, fu dichiarato il principale nemico. Sfortunatamente, nel perseguimento della propaganda, i pubblicisti potevano oltrepassare il limite e criticare il sionismo a tal punto che le loro creazioni difficilmente differivano dalla letteratura antisemita.
Per decenni, l’URSS ha trasformato l’antisionismo in un’arma politica e lo ha esportato all’estero. Molte delle immagini chiave che ispirano la sinistra antisionista oggi sono copie esatte degli sviluppi che il KGB e gli ideologi della Direzione della Propaganda avevano trasformato in armi e reso popolare, soprattutto dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.
La campagna di propaganda e disinformazione sviluppata dalla leadership sovietica in quel periodo, serviva gli specifici interessi di politica interna ed estera di Mosca e veniva promossa dai partiti comunisti nel mondo. Molto probabilmente, fu proprio quest’ultima fase dell’antisionismo sovietico a formare nella coscienza di massa dell’estrema sinistra le false associazioni del sionismo con il nazismo, il fascismo, il razzismo, il genocidio, il colonialismo dei coloni, l’imperialismo, il militarismo e l’apartheid.
Massicce campagne antisioniste sovietiche hanno reso tossica la narrativa internazionale, denigrando Israele, il sionismo e allo stesso tempo, purtroppo, l’ebraismo e il popolo ebraico.
La propaganda antisionista sovietica, infatti, associò a poco a poco Israele con termini specifici della Germania nazista, che gli erano rimasti impressi, come “genocidio”, “campi di concentramento”, “deportazione in ghetti e campi di sterminio” e “spazio vitale”. Nel 1969, secondo lo scienziato israeliano Baruch Hazan, il concetto di “razzismo sionista” era ampiamente diffuso nella stampa sovietica rivolta al pubblico straniero. Nel 1971 questa stampa aveva cominciato a collegare il termine nazista “razza superiore” con il concetto religioso ebraico di “popolo eletto”, per essere ulteriormente elaborato dal rappresentante permanente dell’URSS presso le Nazioni Unite, Yakov Malik, in una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Qualche tempo dopo aggiunsero l’idea che il sionismo agisce in modo razzista contro gli ebrei antisionisti in tutto il mondo. Le idee di questa campagna furono utilizzate attivamente quando la delegazione sovietica fece approvare la risoluzione “Il sionismo è una forma di razzismo”, adottato dalle Nazioni Unite nel 1975 con la risoluzione 3379 dell’Assemblea Generale e che fu poi fortunatamente revocata nel 1991 con la risoluzione dell’Assemblea Generale 46/86; naturalmente, è stata questa campagna che ha affinato e reso popolare una particolare versione della distorsione dell’Olocausto che rimane piuttosto popolare in certi circoli antisemiti e anti-israeliani: una versione simile a quella che AJ Plus ha recentemente trasmesso a un pubblico di milioni di persone con effetti nefasti.
Quando era necessario identificare un ebreo in generale, si utilizzava l’intero arsenale che i “ritrattisti” antisemiti avevano sviluppato nel corso dei secoli. Uno dei metodi tradizionali è ritrarre un ebreo non come una persona, ma come una creatura irragionevole (cane, ragno, polipo, serpente), ma dotata di un potere soprannaturale. Quando dipingevano i “sionisti”, venivano invariabilmente assegnati loro tratti facciali ebrei stereotipati – uno strumento classico dell’antisemitismo tradizionale – per chiarire a chi si riferiva l’artista.
Sintomatico il ragno dal sorriso aggressivo e con una posa disgustosa. La sua schiena è decorata con la parola “sionismo”. Al centro della rete c’è la Stella di David, e la rete stessa è intessuta di calunnie, menzogne, antisovietismo, “questione ebraica” e anticomunismo: parole scritte sui fili longitudinali di questa rete. La natura disgustosamente antisemita di questa vignetta è evidente, e l’etichetta “sionista” non ne attenua l’accusa.
L’opinione pubblica europea ha bisogno di una attenta analisi critica delle attuali narrative proposte dai movimenti di piazza, che ripropongono vecchi e inadeguati slogan, rigurgiti di una Guerra fredda che la Storia ha già condannato.