Circa un anno fa i giornali titolavano che la Francia aveva abolito la “sculacciata”, facendo così salire a 52 i Paesi in cui era vietata per legge. A gennaio di quest’anno, però, più per un cavillo legale che per convinzione, la Corte Costituzionale ha bocciato la norma.
In Italia non esiste una legge ad hoc, ma solo una pronuncia della Corte Costituzionale del 1996 contro l’uso di percosse, ricomprendendo tra di esse anche la sculacciata.
In ogni caso il ricorso ad essa come strumento educativo è destinato a essere rimpiazzato da metodi alternativi, in quanto il Comitato Europeo dei diritti sociali, con un’interpretazione estensiva dell’articolo 17 della Carta dei diritti sociali, la proibisce e il Consiglio d’Europa censura i Paesi che non abbiano legiferato in tal senso.
Al di là della legge, però, l’abolizione della sculacciata non è solo una questione normativa, ma comporta un cambio di prospettiva nel genitore, soprattutto perché non si tratta di un invito a non educare, ma a trovare strumenti educativi più efficaci.
Certo, chiunque abbia dei bambini, sa che ci sono dei momenti terrificanti nella dialettica con loro. Per esempio, quelle giornate in cui non hai dormito perché tuo figlio ti ha chiamata cinque volte durante la notte e lui si butta per terra in un negozio, ululando come un lupo nelle sere di luna piena, perché vuole proprio quel giocattolo in quel preciso momento (magari Natale viene dopo due settimane e stai attraversando un periodo economicamente non troppo felice) e, qualsiasi cosa tu faccia, non produce altro effetto che alzare i suoi vocalizzi di un paio di toni.
In questi casi ci vuole una pazienza zen. Oppure ci vuole metodo.
Ecco 6 modi alternativi (e cumulabili) per educare i bambini, senza ricorrere alle sculacciate e alle altrettanto odiose urla:
- Applicare la ristrutturazione. Secondo il Metodo Danese per crescere i bambini felici di Jessica Alexander e Iben Sandahl, bisogna sempre aiutare il bambino a riconoscere ed esprimere le emozioni, facendogli le domande giuste (Sei arrabbiato? Perché? Cosa ti ha dato fastidio?) e poi, una volta sviscerato il problema, aiutarlo a ristrutturare, ovvero a porre lo stesso in una prospettiva positiva e, nel caso di un insuccesso, anche ricordare le situazioni analoghe in cui il risultato è stato diverso. Elaborare le emozioni e imparare a vedere le cose da un’ottica positiva, renderà il bambino più sereno e, di conseguenza, anche il resto della famiglia.
- Abolire l’uso della negazione. Come scrive Paolo Borzachiello sul suo blog, dalla linguistica (e recenti studi sul funzionamento del cervello l’hanno dimostrato) sappiamo che, quando una frase comincia con una negazione, impiegheremo più tempo ad elaborarla. Se diciamo “Non pensare ad un elefante rosa” immediatamente l’immagine del pachiderma colorato si farà strada nella nostra mente e, solo in un secondo momento (parliamo di microsecondi), la neocorteccia sarà in grado di interpretare l’informazione nella sua completezza. Anche se si tratta di un ostacolo superabile, di fatto l’uso della negazione rallenta l’attività del cervello. Come fare? Per esempio io avevo intitolato questo punto “Non usare il no e il non”. Ci ho pensato e l’ho cambiato in “Abolire l’uso della negazione”.
- Ricalcare. Secondo la PNL (Programmazione Neuro Linguistica) per avere una comunicazione più empatica ed efficace, bisogna fare da specchio all’interlocutore, in modo che si instauri un rapporto di fiducia. Se, per esempio, il bambino dice “Non voglio fare i compiti”, il genitore potrà esordire dicendo “Capisco che tu non voglia fare i compiti dopo una mattinata di scuola, ma se finisci presto dopo potrai giocare con quel gioco che ti piace tanto”. In questo modo il bambino si sentirà capito e sarà più predisposto a seguire le indicazioni dell’adulto.
- Introdurre l’uso del “Ni”. Roberta Cavallo e Antonio Panarese, autori del libro Smettila di fare i capricci, partono dal presupposto che i capricci esprimono un disagio del bambino, che necessita di essere ascoltato. Tra i tanti suggerimenti che danno per affrontarli, citiamo qui quello che io chiamo il “Ni”. Se l’argomento del contendere è, per esempio, il guardare la televisione, intanto potremo cominciare con l’avvisare un pò prima che in seguito si dovrà spegnere la televisione. Poi si potrà far presente che più tardi o l’indomani, a seconda dei casi, potrà riprendere a vederla. In questo modo al bambino il divieto non arriverà come un No assoluto, imposto in nome di un qualche principio a lui incomprensibile; sentirà piuttosto che, nonostante il divieto, le sue esigenze sono state comunque comprese (e la loro soddisfazione non negata, ma rimandata).
- Utilizzare una comunicazione chiara. Che si tratti del Metodo danese o di PNL, tutti concordano sul fatto che bisogna essere chiari quando si fanno le richieste o si dettano le regole. Chi deve fare cosa? Come e quando? E alla fine, chiedere se si è compreso tutto o se si ha la necessità di ulteriori spiegazioni. Sembra banale, ma molto spesso comunichiamo con i nostri figli (e non solo) in modo fumoso e incomprensibile.
- Il buon senso della nonna. Il famoso conta fino a dieci prima di parlare è difficile da praticare di fronte a un bambino urlante. Accompagnato però a respirazioni profonde, fa miracoli e può veramente aiutare chiunque a ritrovare la calma.
@SimonaRivelli