Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio nazionale adoloscenza, nel 2016, su 7.000 ragazzi equodistribuiti geograficamente e per genere, il 20% degli adolescenti italiani si infligge volutamente del male episodicamente, mentre l’11,5% in maniera continuativa. Perché lo fanno? Per rabbia o un dolore interno (59%), per scaricare tensioni interne o per calmarsi (32%), per punirsi (5%), per ricercare delle sensazioni o dimostrare forza (4%).
Come accorgersene? Secondo Maura Manca, psicoterapeuta, presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza e autrice del libro L’autolesionismo nell’era digitale, ci sono dei segnali a cui prestare attenzione. Intendiamoci, accettare che il proprio figlio soffra non è facile, ma nessuno ha mai detto che essere genitori lo sia. E, se c’è una cosa di cui invece questi bambini o ragazzi hanno bisogno è proprio di essere visti.
Gli adolescenti utilizzano prevalentemente braccia e gambe (ma non solo) per farsi del male, con oggetti appuntiti o taglienti o procurandosi delle bruciature, mentre un comportamento frequente nei maschi è dare i pugni alle pareti (arrivando persino a fratturarsi) o testate. Naturalmente ciò comporta la fuoriuscita di sangue, per cui bisogna prestare attenzione a fazzoletti sporchi (a volte le ragazze usano gli assorbenti per destare meno sospetti, ma il ciclo non è eterno) e a lenzuola macchiate.
Le parti esposte verranno coperte, per esempio con magliette a maniche lunghe fuori stagione o con la presenza di numerosi braccialetti nel caso delle ragazze.
I repentini cambiamenti di umore possono costituire un campanello d’allarme. Quando il passaggio tra rabbia e tranquillità è molto veloce, può diventare sospetto, così come può essere sospetto l’eccessivo tempo passato in bagno, specie dopo litigate o l’esposizione ad altre fonti di stress.
I ragazzi non vogliono essere scoperti, perché hanno paura di essere considerati pazzi, per cui si arrabbieranno se si entra di sorpresa in bagno o magari in camera mentre si stanno cambiando.
Quali sono i segnali
La storia di Rebecca che ha tredici anni ed è bella come un angelo. I suoi genitori sono separati. Il padre ha sempre una buona scusa per non passare a prenderla nei weekend in cui è affidata a lui o per non pagare i suoi alimenti. La madre ha un nuovo compagno ed è tutta presa da lui. Lei è stata bocciata a scuola, sta per essere bocciata di nuovo e grida il suo disagio tagliandosi le braccia. Nessuno se ne accorge.
Se hai letto fin qui, probabilmente ti starai chiedendo in che modo questa cosa ti riguardi. E, invece, ti riguarda, o meglio, potrebbe riguardare anche te. La tua Rebecca potrebbe essere di là, chiusa nella sua cameretta, a tagliarsi. Essere tua figlia, tua nipote, l’amica dei tuoi figli. O potrebbe essere tuo figlio, tuo nipote o l’amico di tuo figlio. L’autolesionismo non fa distinzione di sesso.
Perché se c’è una cosa che accomuna tutti i bambini (sì, avete letto bene, bambini) e gli adolescenti che lo praticano, è che i genitori, gli insegnanti o gli educatori non se ne accorgono quasi mai. O fanno finta di niente.
Cosa fare se si scopre che il proprio figlio si fa del male?
Come già detto sopra, i ragazzi vogliono soprattutto essere capiti. Bisogna aprirsi ad un ascolto non giudicante e cercare di comprendere le ragioni che li hanno spinti a mettere in atto quel tipo comportamento. Se necessario, rivolgersi a qualcuno in grado di fornire un aiuto, ma mai delegando le proprie responsabilità. Perché i ragazzi hanno bisogno dei genitori, di una figura adulta su cui fare riferimento, che li contenga, ma senza colpevolizzare o diventare invadenti.
E in tutto questo l’era digitale cosa c’entra? Internet, ormai, entra sempre in tutto, specie quando si tratta di ragazzi e bambini. Basta fare una ricerca con tag quali “cutting”, “cut”, “autolesionismo” et voilà si apre un mondo di tutorial, gruppi, condivisioni. Il silenzio da cui questi ragazzi sono circondati si riempie del dolore di altri ragazzi, inascoltati anche loro. E il comportamento trova sostegno.
Cosa si può fare per prevenire? Secondo la dottoressa Manca bisogna lavorare sulla costruzione quotidiana della personalità e dell’autostima, rinforzarla. I genitori sono le persone più importanti per un bambino ed è importante che giorno per giorno li accompagnino e li aiutino a credere in se stessi. E che i bambini sappiano che loro ci sono sempre, pronti ad ascoltarli anche tra mille impegni, mille preoccupazioni e un telefonino che si accende in ogni momento come un albero di Natale. Per comprendere ma senza giudicare.
@SimonaRivelli