Gli zingari sono rom, la Paola Enogu non è nera ma di colore, i clandestini sono migranti irregolari e il ministro donna diventa a furor di popolo ministra. Ma a questo punto sarà ancora lecito chiamare così Babbo Natale o sarà meglio ‘genitore 1 di Natale’?
In questo mondo dove il ‘politicamente corretto’ impazza ormai non ci stupirebbe più nulla.
Certo, le parole sono importanti. Le parole sono pietre, come scriveva Carlo Levi.
Ma sono importanti se a queste seguono i fatti. E da quelle pietre devono sorgere fatti tangibili, soluzioni, opportunità concrete, altrimenti le pietre lasciate così sono solo macerie. Perché aizzare le masse solo per tornaconto elettorale o, ancor peggio, per raccattare follower sui social è indegno.
Perché poi possiamo anche chiamare i clandestini migranti irregolari, ma se li accogliamo per stiparli in hotspot che non sono degni neanche di ospitare le bestie, tutta questa delicatezza del linguaggio è solo fuffa. O ancor peggio ipocrisia.
Per non dire di tutte le cariche istituzionali, e non, declinate al femminile. O addirittura con l’asterisco che sostituisce l’ultima vocale. Proprio come è accaduto giorni fa al consiglio comunale di Firenze dove a Palazzo Vecchio la giunta a maggioranza Pd ha ritenuto, sempre in virtù del politicamente corretto e del gender fluid, far girare una circolare piena zeppa di stelline. Ma da quando le cariche sono state declinate al femminile le donne hanno acquisito più diritti? Ce lo chiediamo e lo chiediamo a chi porta avanti la parità di genere su questo piano.
Ed è curioso che certe iniziative vengano proprio da un partito che è stato costretto a giocare di rincorsa per eleggere un segretario donna. Dopo tante battaglie femministe si sono trovati spiazzati dal primo presidente del Consiglio di genere femminile, come direbbero loro che sono bravi. Genere femminile, quindi donna e ohibò di destra. E da qui all’investitura della Schlein il passo è stato breve. Se poi basterà una donna alla segreteria del Pd per recuperare il rapporto con gli elettori è tutto da vedere.
E sul tweet indignato della giornalista Francesca Mannocchi perché a Roma, sulla linea A della metropolitana, prima della stazione Barberini, è stato dato dall’altoparlante l’annuncio di “stare attenti agli zingari” per eventuali furti, potremmo dire che ancora una volta dalla stampa vicina ad una certa sinistra si guarda il dito e non la luna. Perché il problema, per loro, è la parola “zingaro”, non la mancanza di sicurezza su quei vagoni dove romani e turisti sono costretti a viaggiare come fosse il Bronx.
E chiaramente il sindaco Gualtieri ha pensato bene di rispondere con un altro tweet di sdegno sul gesto “discriminatorio”. Ma neanche un accenno alla sicurezza dei viaggiatori. Macché. Quelli sì che sono discriminati tutti i giorni perché costretti a viaggiare su mezzi vecchi e fatiscenti.
Certo, la voce dall’altoparlante avrebbe potuto usare la parola “borseggiatori”, eliminando così ogni riferimento a etnia o nazionalità e rispettando le sensibilità del politicamente corretto. Ma in questo strano Paese, dove si parla solo di diritti e mai di doveri (di recente è stato rivendicato anche il diritto all’eleganza), servirebbe una rivoluzione culturale che riportasse il buon senso in alto nella scala dei valori.
Ma forse alla fine il tweet più calzante sulla vicenda della metro di Roma, sulla quale anche l’azienda di trasporto Atac è prontamente intervenuta per individuare il ‘colpevole’, viene dall’account @cambiacasacca, che mena quotidianamente a destra e a manca, senza timori reverenziali. Analisi che farà storcere il naso ai compagni, ma tant’è. “Il punto è che è nel treno della vita che manca un altoparlante che dica ‘attenzione alla sinistra, anche se il portafogli l’avete lasciato a casa, fate buon viaggio’”.
Questo il suo commento.
Che dire. Standing ovation. Sipario.
**Foto in evidenza credits @infoAtac