da Eques
Oggi penso che vi stupirò! Non me la prendo con nessuno, non critico, non ironizzo. Anzi, voglio esprimere un plauso .. sul serio! Ero già convinto che l’Italia fosse veramente un grande Paese, per tanti motivi, e in tanti sensi. E debbo confessare, riesce ancora, stavolta con piacere, a stupirmi. Quando tutto sembra andar male, quando ci si sente sull’orlo del baratro, se non addirittura oltre, quando si è persa la fiducia, improvvisamente, come d’incanto, si scoprono cose che, per la loro abnorme normalità lasciano letteralmente interdetti. Non mi riferisco a cose eclatanti, tutt’altro, ma non per questo meno importanti.
Più volte ho censurato il sistema amministrativo del nostro Paese, il malvezzo di tanti ormai consolidatosi, grazie, per un verso, al perseguimento dell’interesse a mantenere una situazione di fluidità, in cui tutto deve essere difficile, tutto deve passare sotto le forche caudine di innumerevoli autorizzazioni, permessi, pareri, e via dicendo, che rendono indispensabile il mantenimento di un sistema farraginoso, involuto, talvolta inestricabile, che rende ragione della sua esistenza. Solo per la volontà di mantenere un caos, da sapientemente gestire, grazie anche all’insipienza di quelli che, se va bene, svolgono il loro lavoro svogliatamente, talvolta per minuscoli personali e particolari interessi, che non debbono necessariamente corrispondere a chissà quali recondite utilità ma, molto più spesso, solo per disinteresse o menefreghismo, comunque lo si voglia definire.
Quali sono i veri problemi che noi tutti incontriamo nella vita di tutti i giorni?
Certo non quelli che riguardano i grandi temi, da quelli politici a quelli economici e fiscali, a quelli internazionali. No, i problemi reali sono quelli che ci colpiscono ogni volta che, per le più disparate ragioni, ci troviamo a dover interagire con un’Amministrazione, in una qualsiasi delle sue forme ed esplicazioni. Quell’entità astratta, impalpabile, spesso incombente in modo funesto sulle nostre piccole quotidiane necessità, che sono però quelle che ci accompagnano in tutto quel che facciamo e alle quali non possiamo sottrarci.
Bene, dicevo della sorpresa che ho provato oggi. È una cosa piccola, ma assai significativa
Per esigenze professionali, mi sono trovato con il problema di dover produrre a un’Autorità, una certificazione che doveva essere rilasciata da un Comune del nord d’Italia. Immaginate lo sconforto e le titubanze da cui sono stato assalito. Oddio, e adesso come faccio? Vado personalmente? Sì, e poi? Nel giorno in cui posso andare, quegli uffici saranno aperti? E poi, per ritirare quella certificazione, dovrò tornare? Quanto costerà alla fine questo stupido certificato? Abituato a frequentare gli uffici romani, di qualsiasi amministrazione o anche di società di grosse dimensioni, che ormai operano in modo se non identico, assai simile, ero caduto nello sconforto consapevole delle difficoltà che avrei incontrato.
Telefoni? Sì, e chi ti risponde? Parli con una voce registrata che ti dice: digita questo numero, se vuoi questo, digita quest’altro se vuoi quest’altro (tanto quello che serve a te non c’è mai in quei dannati sistemi), e così via, fino a che, quando sei stato messo in attesa, ormai esausto e sei, o almeno così tu credi, al termine di quel calvario, cade la linea e devi ricominciare da capo. Con questo stato d’animo ho digitato il numero dell’ufficio che, a occhio, sembrava potesse darmi risposta. Pochi squilli e, invece del solito disco, risponde una voce, umana, professionale, che molto gentilmente, mi chiede cosa mi occorra. Espongo quel che mi necessita e mi sento chiedere il nome della persona a cui deve essere intestato il certificato. Senza proferir verbo, lo fornisco e dopo qualche secondo mi sento chiedere altri dati. Li elenco rapidamente, e quella voce mi dice che, per avere il certificato del sig. … debbo inviare una richiesta a una certa mail, allegando alcuni documenti. Riaggancio ancora incredulo e, dato che avevo tutti quei documenti, preparo la richiesta e invio il tutto alla mail che mi è stata indicata.
Era l’8 di febbraio, un venerdì. Il 12, e cioè dopo quattro giorni (di cui uno prefestivo e uno festivo), con enorme stupore, aprendo la posta, trovo una mail di risposta con allegato il certificato che avevo richiesto e la comunicazione che l’originale sarebbe pervenuto all’indirizzo che avevo indicato, per posta. Potete non crederci, ma il 21, sempre di febbraio, è pervenuto il certificato originale. Con chi avevo interloquito?
No, non con Marte, molto più vicino: con l’Ufficio di Stato civile del Comune di Alessandria. Non conosco nessuno in quella città, nè ho idea di chi possa essere il garbatissimo dipendente con cui ho parlato e che ha poi rilasciato e subito dopo inviato il certificato. Ma giuro, questo episodio non lo dimenticherò mai nella mia vita.
Che voglio dire? Semplice, Alessandria è Italia, quello con cui ho interloquito, un dipendente pubblico italiano. Uno che lavora, veramente, e uno che, ho percepito perfettamente, era rimasto un pò sorpreso dalle mie domande, perché lui trovava normale che l’amministrazione rispondesse con tale prontezza ed efficienza a quella banale richiesta. Non ci vogliono i miracoli per lavorar bene, basta solo volerlo fare. Non so che colorazione politica abbia quel Comune, né mi interessa, so solo che è una città italiana, che ha dimostrato che a far bene le cose, se si vuole, ci si riesce e facilmente anche.
Un grazie per questa prova di efficienza credo sia doveroso, e però anche una tirata di orecchie ad altre amministrazioni, non solo comunali. Avete visto come fanno, da sempre, i giapponesi? Girano il mondo, osservano, guardano, prendono appunti, fotografano tutto quel che pensano possa esser utile, e poi lo copiano, però con il piccolo particolare che spesso lo migliorano.
E allora, signori amministratori di qualunque ente, istituzione o azienda, vogliamo fare come i giapponesi, e, senza andare ad attraversare i confini e copiare, come troppe volte è accaduto, il peggio del peggio da altri Stati, non ci facciamo una passeggiata ad Alessandria, che alla fine della favola è anche casa nostra, e proviamo ad imitarli?