Le alture del Golan e l’intero confine settentrionale di Israele con Libano e Siria, rappresentano una spada di Damocle per lo Stato ebraico. Dopo la scoperta e la distruzione da parte dell’esercito israeliano di numerosi tunnel in fase di ampliamento che dal sud del Libano dovevano garantire ai miliziani di Hezbollah l’accesso ai centri abitati adiacenti la Blue line, alcuni giorni fa un ingente quantitativo di armi è stato rinvenuto a pochi metri dalla centro abitato di Metulla, una splendida cittadina situata proprio a breve distanza dalle barriere di confine con il Libano. La continua opera di vigilanza da parte delle Forze armate israeliane, svolta attraverso pattuglie, droni, radar e telecamere, non garantisce la completa impermeabilità dei confini, continuamente minacciati da incursioni da parte di Hezbollah e, in minor misura, di un gruppo di miliziani dello Stato Islamico insediatosi sul confine, nel governatorato della Bekaa.
Ofcs report, all’inizio di settembre è riuscito a documentare la situazione della “linea contesa” che, partendo dal mare Mediterraneo, giunge al confine nella valle del Giordano.
In una zona non distante da Metulla, le truppe di Tsahal (l’esercito israeliano) hanno individuato un sito di fabbricazione di missili di Hezbollah, localizzato in una fattoria a cinquecento metri dalle recinzioni della Blue line. Dalle costruzioni, peraltro, si dipartivano alcune gallerie che terminavano in prossimità di larghe tubazioni che, seppure sbarrate da griglie e filo spinato, potevano condurre in territorio israeliano. Per precauzione, Hezbollah, nel timore di raid israeliani, ha provveduto al precipitoso spostamento del materiale bellico accatastato nella “fattoria” verso località alla periferia di Beirut.
Nell’area circostante il centro abitato di Metulla abbiamo modo di notare che dalle postazioni dell’esercito ebraico ai primi palazzi, occupati da miliziani armati e tappezzati da gigantografie di Hassan Nasrallah ed altri leader del “partito di dio”, non corrono che poche centinaia di metri.
Nel mezzo corre una strada sterrata percorsa da alcun mezzi dell’Unifil che dovrebbero fungere da deterrente per eventuali azioni da parte di ambo le parti.
Le reti, seppur munite di filo spinato e solo in parte elettrificate, recano segni di scavalcamento e, in alcuni tratti, anche di scavo alla base delle paline di sostegno. Nelle vicinanze di Metulla, a ridosso della recinzione, vediamo che sulla sommità di una collina dove sventolano le bandiere di Hezbollah, si nota un movimento di auto cariche di miliziani armati. Sono vecchie Mercedes che percorrono a folle velocità i sentieri sconnessi dei rilievi del Golan, per la vigilanza del confine.
Lungo la route 98, fino alla cittadina drusa di Majdal Shams, osserviamo un via vai di mezzi militari israeliani e numerose pattuglie appiedate della brigata “Golani” che si inerpicano sulle colline ed i rilievi che portano verso il monte Hermon. Molti autoarticolati in transito trasportano carri armati verso le postazioni a ridosso del confine.
La tensione è palpabile e sappiamo di essere monitorati nei nostri movimenti dai due opposti schieramenti e dalle torri di avvistamento occupate dalle forze di interposizione di Unifil.
Gli sciiti di Hezbollah, supportati da rifornimenti e personale iraniani, costituiscono il vero allarme per Israele fino dal loro intervento in Siria nel 2015, in funzione anti-Isis, che ha permesso ai miliziani di arroccarsi in Siria ed Iraq creando, di fatto, le condizioni per il trasporto di materiali dall’Iran in direzione del sud della Siria e del Libano. La minaccia per Israele, infatti, “è quella degli Hezbollah libanesi, che stanno tentando di espandersi in Siria per creare un fronte che vada dal Mediterraneo al confine con la Giordania, passando proprio per le contese alture del Golan”, come riferito da Stephane Cohen, ex ufficiale di collegamento tra l’Israel defence forces e la missione Unifil.
“Se il regime sionista commettesse il minimo errore, non rimarrebbe nulla di quel Paese e il relitto di Tel Aviv verrebbe ritrovato nelle parti più profonde del Mar Mediterraneo”. Queste le recenti dichiarazioni del vice comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane Abbas Nilforooshan in una intervista rilasciata all’agenzia di stampa iraniana Tasnimnews.
Nilforoushan ha sottolineato che “Israele è troppo debole per essere considerato una minaccia contro una potenza come l’Iran che è riuscita, in poco tempo, a circondare il regime sionista da tutti i confini. Teheran è pronto per ogni possibile conflitto militare, ma non sarà il promotore di una guerra destinata a coinvolgere l’intera regione e accendere un fuoco che brucerebbe per primi gli aggressori”.
Il generale dei Pasdaran ha, inoltre, affermato che” Israele sta compiendo l’ultimo disperato tentativo di sopravvivere, perché i segni del suo declino sono diventati evidenti. Il regime sionista non è in grado di entrare in una guerra su vasta scala, perché manca di una sua “profondità strategica a causa di una popolazione proveniente da tutto il mondo (meticcia, ndr)”.
Ma, nonostante i deliri propagandistici del regime degli ayatollah, le Forze armate israeliane, pur non sottovalutando le minacce, monitorano e analizzano senza soluzione di continuità l’evolversi della situazione di tutta la linea di confine, preparati ad una pronta reazione contro qualsiasi atto ostile da parte dei miliziani sciiti.
“Osservando la mappa del Medio Oriente oggi e comparandola con quella precedente al 2011, intorno a Israele notiamo un’area di interesse molto più internazionalizzata: ci sono le forze di Paesi stranieri che non condividono o contraddicono le nostre necessità di sicurezza”, spiega Jonathan Cornicus, un portavoce dell’Idf, in un incontro organizzato dall’associazione stampa Europa – Israele tenutosi nel quartier generale di Tel aviv.
Continuando il viaggio nel nord di Israele, l’itinerario ci porta a Kfar Rosh Hanikra, presso il confine ovest con il Libano. Le strade di comunicazione sono costellate da campi minati segnalati da allarmanti cartelli e da fragili recinzioni di filo spinato.
Sono decine i bambini rimasti uccisi o seriamente feriti dallo scoppio dei micidiali ordigni disseminati lungo il confine fino dal 1973, quando la guerra del Kippur sconvolse l’intera area geografica e segnò l’inizio di un periodo di instabilità per la regione settentrionale di Israele, perennemente a rischio di incursioni da parte degli sciiti di Hezbollah.
L’amena località di Kfar Rosh Hanikra ospita un complesso di grotte, ambita meta di comitive di turisti, alle quali si accede con una funicolare a strapiombo sulle acque del mediterraneo.
Siamo a soli venti metri dal Libano sulla linea di confine vigilata da postazioni fisse e mobili dell’esercito dello Stato ebraico. Una nave della marina militare israeliana pattuglia le acque contese con i libanesi mentre i radar installati su un rilievo sono pronti a segnalare alle postazioni antimissile dell’Iron dome (la cupola di ferro) eventuali lanci di missili verso Israele.
Il sistema d’arma mobile antimissile Iron dome, ideato ed assemblato dagli israeliani, si compone di un lanciatore munito di 20 missili terra-aria per ogni batteria con una gittata di circa settanta chilometri, di un radar ed un sistema di gestione, tutti trasportati con veicoli ruotati nelle varie zone del territorio considerate a rischio. Durante l’itinerario percorso da Ofcs report, almeno in tre casi abbiamo incrociato veicoli militari intenti allo spostamento delle batterie antimissile in concomitanza con i segnalati lanci di droni dal nord del Libano verso Israele, riuscendo, a quanto risulta, a sventare gli attacchi.
L’atmosfera al confine est di Israele è molto più rilassata rispetto alle zone orientali, ma anche qui, lo spiegamento di uomini e mezzi militari è ingente. La vigilanza è meticolosa ma non invadente. I soldati scherzano con i turisti e si fanno immortalare nelle foto ricordo.
Le comitive percorrono i sentieri guidati nelle grotte, dopo essersi soffermati presso la galleria che, un tempo, era attraversata da una strada ferrata che conduceva dal Libano alla costa israeliana. Costruita dall’esercito britannico ed utilizzata per il trasporto di armamenti negli anni dell’ultimo conflitto mondiale, la galleria e la relativa ferrovia furono distrutte dai militari israeliani dopo le diverse incursioni operate dai miliziani libanesi negli anni ’70.
Nel tornare verso Gerusalemme ci rendiamo conto che lungo tutti gli itinerari percorsi la tensione è sempre rimasta alta, per noi così come per civili e militari incontrati lungo il cammino.
La costate minaccia di attacchi nella zona nord-est di Israele da parte delle milizie filo-iraniane di Hezbollah, sapientemente addestrate da personale dei Pasdaran di Teheran, inibisce lo sviluppo di larghe porzioni di territorio alla portata dei missili che dal Libano o dalla Siria potrebbero colpire strade, centri abitati, coltivazioni o i bacini idrici.
A partire dal 2013, infatti, l’Iran ha iniziato a rifornire i miliziani sciiti del Libano con missili guidati di precisione. Inizialmente la tattica utilizzata era il semplice trasporto dei missili attraverso la Siria ma i blitz israeliani, condotti attraverso bombardamenti mirati, avevano interrotto gli itinerari percorsi dai trasporti .
Dal 2016, i Pasdaran hanno interrotto l’afflusso verso la Siria delle testate “pronte all’uso” dedicandosi alla più proficua e sicura conversione dei missili convenzionali già accatastati in Libano con tecnologia “ad alta precisione” contrabbandando i singoli componenti dall’Iran al Libano con trasporti civili via terra – mare – aria.
L’esercito israeliano, nei mesi estivi, ha ragguagliato più volte l’opinione pubblica sui rischi connessi alle operazioni di riarmo di Hezbollah e l’aviazione dello stato ebraico ha condotto numerose missioni di attacchi mirati volte a neutralizzare i depositi di materiali esplosivi e di componenti per la realizzazione di testate missilistiche in Siria e Libano.
Proprio a proposito della fornitura di armi alle milizie libanesi e i conseguenziali raid aerei sugli obiettivi iraniani, il portavoce militare Jonathan Conricus, ha dichiarato che “l’intera operazione è stata diretta dal generale iraniano Muhammad Hussein-Zada Hejazi, membro delle Guardie rivoluzionarie, sotto il comando del capo delle Guardie Kassem Soleimani. Per gli Hezbollah il progetto è stato seguito da Fuad Shukr, stretto consigliere di Hassan Nasrallah e ricercato dagli Usa per il ruolo avuto nel 1983 nel bombardamento delle caserme dei Marines americani a Beirut”.
In definitiva trova ampio riscontro una frase pronunciata dal premier Benyamin Netanyahu secondo il quale “se gli arabi deponessero le armi sarebbe l’inizio di un lungo periodo di pace. Se lo facessero gli ebrei, sarebbe la fine di Israele”.
di Francesca Musacchio e Davide Racca