Vuoi più bene a mamma o a papà? La domanda fa il paio con quella stampata sulla scheda elettorale.
Siete favorevoli alla riforma sul taglio dei parlamentari?
Nuda e cruda, posta così, come si fa ad esser contrari?
La banalizzazione di un passaggio costituzionale assai complesso è stato l’uovo di Colombo di Luigi Di Maio.
L’esito della risposta, ponendo così la domanda, era scontato.
La legnata alla casta.
Sbaraccare poltrone e burattini, il sogno proibito finalmente a portata di mano degli italiani.
Anzi a portata di matita e di scheda elettorale.
Ma l‘ex capopolo dei 5stelle, che poi sia veramente ex è tutto da vedere (il povero Crimi sta lì a far tappezzeria), si è guardato bene dallo spiegare agli elettori tutti gli annessi e connessi della riforma appena confermata dalla tornata referendaria.
E la legge elettorale?
E le liste bloccate?
E i privilegi di deputati e senatori, li lasciamo intonsi?
E la riforma sul taglio dei parlamentari ne seguiranno altre o lasciamo il lavoro a metà?
Tutta colpa di Di Maio, quindi? Non proprio.
A dar manforte allo scugnizzo campano ci si sono messe di buzzo buono le opposizioni.
Che in nome della “coerenza” al voto favorevole alla riforma in aula hanno cavalcato l’onda del sì.
Spiazzando e disorientando gli elettori.
Matteo Salvini e Giorgia Meloni, un po’ meno Forza Italia che ha lasciato da subito libertà di voto, si sono infognati in dichiarazioni suicide.
E a nulla sono servite le inversioni di marcia dei vari Giorgetti, Borghi, Crosetto e Storace.
Tanto per citarne solo alcuni.
A parziale difesa di Fratelli d’Italia va detto che fosse stato per il partito della Meloni il referendum non ci sarebbe mai stato.
E che queste questioni, non trattandosi di temi etici ma legislativi, vadano sbrogliate nelle aule parlamentari e non nelle cabine elettorali è fuori di dubbio
Comunque, il vero perché di quel sì per coerenza, senza chiarire, loro sì che avrebbero dovuto, gli annessi e connessi agli elettori, non ci è dato sapere.
Lo scopriremo solo vivendo.