Quirinale: ancora fumata nera. E a destra e sinistra volano stracci
Altro voto, altri nomi, ma ancora un giro a vuoto sulla giostra del Quirinale. Ma oggi i più non hanno preso neanche il “gettone”, ovvero la scheda, per salire su questo che sta somigliando sempre più a un “autoscontro” che li porterà, più poi che prima da come stanno andando le trattative, ad eleggere il tredicesimo Presidente della Repubblica. Infatti, oggi a “vincere”, se così si può dire, sono stati gli astenuti, 441, staccando di molto anche le schede bianche ferme a 261.
Il centrodestra si è mostrato unito, almeno in apparenza, e ha risposto compatto all’astensione decisa da Matteo Salvini. Il Pd non tanto e il Movimento Cinque Stelle ha confermato la frantumazione interna.
E allla fine della quarta giornata di voto per l’elezione del Presidente della Repubblica, è ancora fumata nera. Ma ciò che emerge con chiarezza è la divisione interna al M5S. L’indicazione di voto era quella di lasciare scheda bianca, ma a giudicare dal risultato di Sergio Mattarella, non è stata rispettata. Quindi, qualche grillino (e forse più di qualcuno) ha votato per il Presidente della Repubblica uscente. Singolare come circostanza, visto è nelle cronache politiche di questa legislatura che proprio i 5S nel 2018 chiesero l’impeachment per Mattarella. Beato chi li capisce.
Guai anche in casa Pd dove, a quanto apre, qualcuno avrebbe disatteso la stessa indicazione di voto, ossia lasciare scheda bianca.
E mentre nel centrosinistra le cose non vanno bene, anche dall’altra parte non si respira una bella aria.
Il centrodestra è rimasto compatto sulla decisione di astenersi. Ha funzionato, perché i numeri hanno dimostrato che l’indicazione è stata seguita. Ma tutto ciò non sarebbe avvenuto senza lacerazioni. Giorgia Meloni sarebbe rimasta parecchio infastidita, per usare un eufemismo, dalla scelta di Matteo Salvini (pare sia stato lui a voler contare i voti del centrodestra dopo la manovra di ieri targata Fratelli d’Italia che ha portato Guido Crosetto a raccogliere ben 114 voti). Ma tant’è. La leader di FdI ha rispettato gli accordi stavolta, e la giornata è finita di nuovo senza Presidente. Però la manovra dell’astensione non pare sia stata un successo, al punto che all’interno della coalizione volano gli stracci.
Nel frattempo la girandola di nomi ha visto scendere e salire nella top five dei papabili, Casini, Belloni, Cassese, Mattarella e Draghi.
Domani si ritorna al voto, ma la pazienza sta per finire, soprattutto quella dei delegati. Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, nel pomeriggio ha fatto sapere che è pronto per tornare a casa: “Domani bisogna scegliere, ci sono tante personalità in campo, tutte pregevoli, scegliamo quella su cui i partiti sono più d’accordo e votiamo, altrimenti me ne torno a casa e mi chiamano quando hanno deciso perché ho da lavorare – ha tuonato – Non bisogna essere semplificatori né populisti, il minuetto della democrazia prevede anche questo ma c’è un limite, considerando anche che siamo in una pandemia”.
E comunque domani altro giro, altro voto, altra giostra. Alla fine per mettere tutti d’accordo, anime destre e anime sinistre, bisognerà chiamare Ciampolillo. Che qua c’è la pandemia, come ha tenuto a rimarcare il governatore della Liguria Toti. E poi c’è il caro bollette che rischia di stroncare gli italiani più del Covid.
E quelle che non sembrano essere proprio scaramucce tra Russia e Ucraina.
Ma soprattutto, il primo febbraio inizia il festival di Sanremo. E Sanremo è Sanremo.