Oxypolitik é il nuovo oppioide che avvelena la società. Nel nuovo saggio pubblicato da Raffaele Rio, presidente dell’istituto Demoskopika, é tratteggiato il ritratto di un Paese decadente che però, alla fine, si scopre può avere una possibilità di riscatto, a patto che abbandoni la strada della manipolazione. Il rischio che la democrazia social-qualunquista diventi la nuova forma di governo, infatti, è altissimo. Ma non tutti sono disposti a riconoscerlo.
Esistono, quindi, i politici e i politicanti. Così come esiste la comunicazione e la propaganda. E la differenza è sostanza. In una società dominata dalle regole degli algoritmi, qualcuno sta abilmente diffondendo il suo oppioide per manipolare il pensiero e il voto delle masse attraverso una comunicazione qualunquista, fatta di immagini e poche parole, a volte anche sbagliate. Leggere, capire, interrogarsi e porre domande sono azioni che diventano sempre più rare alimentando il circuito dell’Oxypolitik. “I social media non sono più solo strumenti di cui servirsi, ma divengono estensioni dell’essere umano e fondamentali spazi relazionali e di formazione identitaria – si legge nel libro presentato il 13 novembre 2023 nella sede della Stampa estera a Roma – Pertanto, il processo di spettacolarizzazione che dagli anni Novanta in poi si era concretizzato attraverso la televisione, oggi si trasforma e approda, più potente che mai, sulle numerose piattaforme di social networking che frequentiamo quotidianamente”.
E la politica, in questo nuovo e particolare ‘brodo di cultura’, come naviga?
Secondo l’autore di Oxypolitik, molto bene, avendone compreso la portata ‘remunerativa’ in termini di voti a danno di una comunicazione completa, ma necessariamente più lenta e meno approfondita. “I politici, intuendo o costretti a intuire la tendenza – scrive Rio – non si sono fatti attendere. Hanno perfettamente compreso quanto la social-politica possa risultare determinante per conquistare nuove quote di mercato del consenso, per intercettare nuovi target elettorali attraverso un impiego seduttivo della narrazione, per fiaccare l’avversario attraverso la costruzione di hate politic che esaltano gli errori dei concorrenti o cavalcano le preoccupazioni dei cittadini in relazione a possibili ripercussioni generate da azioni negative del politico contendente”. Sullo sfondo lo spettro della manipolazione dell’opinione pubblica. L’autore infatti teorizza, con il supporto dei numeri, la portata gigantesca dell’operazione propio di manipolazione a cui, quotidianamente, siamo tutti sottoposti. E qui non si tratta di distinguere in modo banale e superficiale tra destra e sinistra. Il libro, infatti, impone una riflessione più profonda su quale tipo di società ci troviamo a vivere e quali riflessi potrebbe avere sul futuro.
“Più navighi meno voti”
Esiste un nesso tra la partecipazione al voto e l’uso dei social network? I dati, seppur espressione di un’analisi preliminare, sembrerebbero sostenere questa l’ipotesi. Mentre, infatti, il livello di affluenza si riduce negli anni (75,2% nel 2013, 72,9% nel 2018 e 63,9% nel 2022 per le elezioni politiche) in direzione diametralmente opposta si muove la quota di cittadini che usa le reti sociali (54,9% nel 2013, 65,2% nel 2018 e 67,2% nel 2022). Inoltre, per avere un’idea ancora più evidente dell’astensionismo o del “voto mancato”, è sufficiente applicare alle tre singole competizioni elettorali poc’anzi osservate, il tasso medio di affluenza alle urne che si è registrato in Italia fino al 1976, pari al 93,17% ottenendo, in qualche modo, la quota di italiani che ha rinunciato ad andare a votare: nel 2013, con una simile affluenza si sarebbero recati alle urne 7,6 milioni di italiani in più, nel 2018 oltre 9,4 milioni di individui fino ad arrivare alla più recente elezione del 2022 che avrebbe, nella nostra simulazione, visto una maggiore partecipazione al voto pari a ben 13,5 milioni di elettori. “Il politicante – ha spiegato Rio durante la presentazione – è convinto che attraverso i social si convincono gli elettori ad andare a votare. Per farlo sacrifica il messaggio scarnificandolo e semplificandolo fino all’osso. Ma accade il contrario. Vero che l’Oxypolitik è un pusher straordinario che manipola la comunicazione e il dato, ma alla fine secondo le previsioni di Demoskopika, nelle elezioni del 2027 solo un italiano su 2 andrà a votare per le politiche”.
Ndrangheta, Rio: “Se volesse potrebbe diventare un partito”
E nella logica del voto ottenuto semplificando i messaggi per arrivare alla ‘pancia’ degli elettori, anche altri attori potrebbero essere interessati a partecipare al banchetto. “Certa politica italiana – prosegue il presidente di Demoskopika – e mi riferisco ai politicanti che agiscono per i propri interessi, per l’auto conservazione e sono preoccupati solo i voti e non del bene del Paese, hanno lanciato il proprio oppioide. É difficile far capire la permeabilità dell’Oxypolitik perché ancora non si ‘sniffa’ abbastanza nell’aria, ma genera dipendenza. All’intero di un contesto economico in cui i problemi persistono e sono gravi, meno contenuti sempre più semplificati e qualunquismo, generano una maggiore semplificazione. E questo contesto è estremamente permeabile alla criminalità organizzata. E allora ho pensato: se un giorno la ‘ndrangheta decidesse di formare un partito? Potrebbe essere, se volesse, con l’obiettivo di entrare nelle istituzioni non per governare il paese, ma per contaminarle”. Già, se la ‘ndrangheta, con la spavalderia e l’arroganza che la contraddistingue decidesse di scendere in politica, cosa accadrebbe? Se si presentasse oggi alle elezioni politiche in Italia con un proprio simbolo e una propria lista, la ‘Ndranghetocrazia otterrebbe circa 700mila voti eleggendo otto parlamentari, cinque deputati e tre senatori. Un peso politico identico ai voti ottenuti dai Re- pubblicani di Trump alle elezioni presidenziali del 2020 nello stato del Connecticut (715mila voti) e dai Democratici di Biden nel Nevada (703mila voti) oppure alla somma del consenso ottenuto dall’Unione Cristiano Democratica (CDU) e dal Partito Socialdemocratico (SPD), alle Elezioni Federali del 2021 nello Stato di Brandeburgo, pari a 684mila preferenze ottenute.
Provocazione? Forse. Probabilmente però, invece che soffermarsi solo sul dato dell’ipotetico partito della ‘ndrangheta (che indubbiamente fa titolo), si potrebbe approfondire il messaggio che lancia Oxypolitk. È un messaggio rivolto a quella parte della società, ancora non contaminata dall’oppioide, affinché possa mettere in campo strumenti adeguati per combattere l’allarmante deriva (social) qualunquista che “scarnifica messaggi, contenuti e proposte dei rappresentanti del popolo. E intanto criticità e problemi permangono condizionando l’agire politico e la gestione della cosa pubblica”.