E se la spaccatura nel Pd andasse oltre la contrapposizione tra renziani e non renziani ma avesse un retroscena molto più politico? Cominciamo dalla cronaca: il congelamento delle dimissioni del segretario del Pd, oltre che a permettergli di controllare, pro-quota, l’elezione dei Presidenti delle Camere e, pochi giorni dopo, determinare l’indirizzo dei colloqui che il Pd avrà col Capo dello Stato consentirà a Renzi anche di verificare la fattibilità di un’idea pazza ma che, ora dopo ora, comincia a circolare con insistenza tra i palazzi romani: il clamoroso sostegno ad un ipotetico governo Salvini, il tutto con il placet di Berlusconi, a corto di nomi per una successione degna del suo nome.
Non è un caso come, poche ore fa, il leader del Carroccio (e neo-senatore, proprio come il Matteo del Nazareno) abbia dichiarato la sua disponibilità ad accogliere, nella maggioranza, anche quei parlamentari eletti nel centro-sinistra. E l’identikit di queste nuove, fresche ed eventuali truppe chiamate alla riflessione è presto fatto: se l’area ulivista ed ex Ds del Pd, da sempre, e in modo aperto, guarda naturalmente al Movimento 5 stelle come interlocutrice naturale, vi sarebbe un’area, numeri alla mano maggioritaria, nei costituendi gruppi parlamentari, che in caso di show-down all’interno del Nazareno, sarebbe pronta a turarsi il naso e a partecipare alla formazione di una nuova maggioranza di mini-larghe intese a trazione leghista.
Del resto, riferiscono fonti ben informate, gli anti-renziani, già da ore, hanno avviato dei colloqui con Luigi Di Maio, anche lui protagonista, solo ieri, di un insolito appello al Pd. L’implosione elettorale di quello che solo tre anni fa era il partito di sinistra più votato della storia repubblicana si tramuterebbe, così, in un vero e proprio rassemblement che vedrebbe Matteo Renzi sbarcare clamorosamente a destra, col compito di riunire i moderati – e chissà – magari succedere a Silvio Berlusconi, proprio come il Cavaliere da tempo si augurava, in modo scherzoso ma non troppo. Questa operazione avrebbe, tra l’altro, un suo fondamento logico se è vero che, come riferiscono da più parti, l’orientamento di Mattarella sarebbe quello di incaricare fin da subito Salvini e, solo in caso di fallimento di questi, virare su Di Maio il quale, a quel punto, proverebbe a mettere in campo la stessa strategia, ma con gli ex bersaniani.
E piuttosto che favorire i suoi nemici interni (Orlando e Franceschini) ed esterni (Di Maio&Co) per Renzi, per continuare a rimanere centrale e magari sperare in un clamoroso ritorno alla ribalta, anche se in uno schieramento opposto, sarebbe auspicabile proprio questa opzione. Sarà vero? Non è dato a sapersi ma l’idea è in campo e, proprio come il segreto di Pulcinella, comincia a farsi strada senza smentite.