Come per l’Emilia, anche per la Toscana la spallata a queste elezioni non c’è stata. Certo, la vittoria strabordante, imbarazzante, di Luca Zaia, ufficialmente verrà – giustamente – rivendicata come la percentuale più alta mai raggiunta da un leghista in una tornata elettorale regionale. Però la battaglia non si svolgeva in Veneto: Zaia ha vinto senza mai uscire dal palazzo regionale veneziano e Salvini, deciso a non ripetere la sconfitta di pochi mesi fa tra Bonaccini e Borgonzoni, aveva fatto della rossa Toscana il campo di battaglia. Anzi, la Las Vegas sbancata con la quale avrebbe potuto tornare a Palazzo Chigi trionfante, a tredici mesi da quel pasticcio che fu la fine del governo gialloverde.
Eppure, come l’Emilia-Romagna, la Toscana pare perseverare nell’eterna amministrazione – in carica dagli stessi anni della dinastia Kim in Corea – e la partita vera di queste regionali appare se non persa, quasi. La Meloni centra le Marche, altra storica regione rossa che passa al centro-destra, ma Salvini, tranne la irrilevante Val d’Aosta, non solo non stravince, ma non vince proprio. Zaia, si sa, non è un suo uomo e gli exit poll del referendum, dominato secondo i dati della vigilia dal SÌ, dimostrano come una chiara ed espressa opposizione di Salvini, dell’”antico” Salvini, quel 10-15% per la vittoria del ‘no’, sarebbe stato a portata di mano. E invece, nonostante gli Zaia e i Giorgetti, la Lega Salvini Premier (ma non la Lega Nord) ha deciso di non scegliere, decidendo di sposare una battaglia ingaggiata quando Salvini era ancora in maggioranza. Sul perché di tale perseveranza saranno piene le cronache dei prossimi giorni. Eppure appare un’occasione mancata: bastava anche una non vittoria del NO, di misura tra il 5 e l’1%, per far apparire Salvini il vero vincitore di questa tornata, seppellendo i risultati di Toscana, Marche e Puglia. Si poteva vincere pure perdendo, bastava un po’ più di coraggio.
**Foto profilo Facebook Matteo Salvini