Credo che davvero ormai non ci sia più nulla che possa stupirci. Se ne sentono di tutti i colori ogni giorno di più, sembra una gara a chi la spara più grossa. Anche le peggiori scempiaggini, in ogni settore, non fanno più, non dico notizia, ma neppure impressione. Ci sono Ministri e parlamentari sforniti, non solo di titoli di studio che, per lo meno un tempo (fatte le debite eccezioni, perché ce ne sono stati di importantissimi che avevano al massimo la licenza superiore), erano patrimonio indefettibile per potersi approcciare a incarichi di tale responsabilità, ma assolutamente ignoranti, nel senso puro del termine, di quelle minime nozioni che dovrebbero costituire patrimonio personale di chi voglia assumersi la responsabilità di occuparsi della res publica e che pensano di superare tutto con vacui discorsi, sovente privi di senso … soprattutto della realtà.
Stavolta però non è andata così.
Stavolta, il personaggio che mi ha indotto a commentare non è affatto un ignorante. Anzi, è uno che i titoli ce li ha: avvocato, figlio di un noto e stimato avvocato, con due fratelli laureati. E quindi uno che non può certo immaginarsi esser privo delle cognizioni basilari di quella professione. E però, ieri sera, nel corso di una trasmissione di approfondimento politico, confrontandosi con il Prof. Antonio Maria Rinaldi su quello che molti media hanno definito come il primo atto del nuovo governo, questo signore, con quell’aria di superiorità e di sufficienza che taluni assumono di fronte a chi osa pensarla diversamente, assai comune in quelli che gravitano in una certa area politica, ha affermato, con fermezza lapidaria, e con l’evidente intento di lasciare in chi ascoltava l’idea che il noto economista fosse una specie di improvvisato digiuno di conoscenze, che l’iniziativa assunta dal “nuovo” (si fa per dire) Governo, ripeto, il primo provvedimento assunto, costituirebbe un “atto dovuto”.
Ora, posto che per quanto appena sunteggiato di quel signore, è evidente che non possa neanche vagamente pensarsi che non possieda adeguate conoscenze tecniche, la domanda che ci si dovrebbe porre è: per quale ragione, un avvocato sostiene scempiaggini del genere, quando sa perfettamente che quel che sostiene non è vero? Escluso, come dicevamo, per principio, che non conoscesse il significato giuridico di quel che ha detto, credo che l’unica ragione risieda nella, solo da lui ritenuta necessità, di giustificare in qualche modo un provvedimento altrimenti assai poco comprensibile per chi lo ascoltava, non potendo esplicitare, e sa solo lui perché, le vere ragioni di quella scelta.
E sì, egregio Avvocato, perché Lei sa bene che un “atto dovuto” è un atto, sia nel diritto civile, che do’ per scontato Lei conosca perfettamente, sia nel diritto amministrativo, che del pari deve ben conoscere, se non altro per la sua esperienza in fatto di cariche pubbliche, è un atto che non può non essere assunto.
E però, e per comprendere questo, non occorre certamente esser muniti di laurea in giurisprudenza, la scelta se impugnare o meno un qualsiasi provvedimento, non è affatto un “atto dovuto”, bensì semplice esercizio della facoltà di scelta.
Se chiedo il rilascio di un documento che mi spetta avere, ad esempio quello di identità, il rilasciarmelo costituisce un atto dovuto ma, se debbo decidere se impugnare o meno un provvedimento che non condivido, è semplicemente esercizio di una facoltà, che posso o non posso assumere, e ciò per la più svariata gamma di ragioni del tutto indifferente all’atto.
Per cui, sia gentile egregio signore … eviti di gratificarci di queste amenità!
Sicuramente la pessima figura non l’ha fatta con l’ascoltatore medio, che sarà magari anche rimasto affascinato dal suo modo di “affabulare”, ma ascolti un consiglio, poi se seguirlo o meno è affar suo: stia attento la mattina, quando si fa la barba, perché magari, hai visto mai, dovesse venirle in mente la figura che sa bene di aver fatto di fronte a chi ne capisce qualcosina, finisce che distogliendo lo sguardo per un irrefrenabile senso di vergogna … si taglia la faccia!
**Eques