Droga, alcol, sballo, rave party, chissà se le anime belle della sinistra avranno la sfrontatezza di difendere anche il bengalese che a Catania avrebbe preso a pugni una poliziotta in quanto donna perché la sua religione, così pare, o forse qualche sua paranoia non gli permetterebbe di riconoscere l’autorità se di sesso femminile.
Ma veniamo ai fatti. E per “fatti” non intendiamo i partecipanti del rave di Modena, ma quanto accaduto nel capoluogo etneo l’altro giorno.
“Tutto è avvenuto lo scorso 1 novembre, quando un uomo si è recato in Questura e, poiché dall’interfono non si capiva con chiarezza cosa volesse, due colleghe gli si sono avvicinate per chiedergli di cosa avesse bisogno – spiega Giuseppe Sottile, segretario provinciale Fsp di Catania – Lui, a quel punto, improvvisamente si è scagliato contro di loro colpendone una con violenti pugni al volto e alla spalla. Altrettanto violentemente ha reagito contro l’altra collega e per bloccarlo è stato necessario l’intervento di due operatori della Volante subito accorsi dopo l’allarme. La poliziotta che ha avuto la peggio è stata portata in ospedale dove le sono state riscontrate varie lesioni ed è infine stata dimessa con dieci giorni di prognosi. L’aggressore è un 28enne del Bangladesh senza fissa dimora, con diversi precedenti per resistenza e reati contro la persona, e parlando con i poliziotti ha esplicitamente detto di aver aggredito le colleghe perché lui voleva parlare con un uomo e non con una donna”, conclude Sottile.
Fatti che devono essere sfuggiti alle barricadiere di sinistra, le paladine dei diritti femminili ormai troppo impegnate con penna e calamaio ad aggiungere qua e là una “a” finale alle cariche istituzionali e non, per declinarle al femminile. Quella roba tipo “ministra”, “avvocata” e soprattutto “presidenta”.
Sul termine “capatrena”, che ha proposto loro il presidente del Consiglio Giorgia Meloni con una buona dose di ironia, pare abbiano delle perplessità anche Boldrini e compagnia declinante.
Ma le inginocchiatrici a giorni alterni e a senso unico quei pugni sferrati sul volto della poliziotta a Catania non li hanno neanche considerati.
Non un fiato. O un messaggio di solidarietà alla poliziotta ferita.
A parti alterne, se fosse stato cioè un uomo o una donna in divisa ad aggredire un fermato, avremmo le piazze piene.
Bengalese che, da quanto abbiamo potuto capire da questa vicenda, non gradirebbe presenze femminili che ricoprono quei ruoli pubblici che magari nel suo Paese di origine vengono affidati ancora unicamente agli uomini.
E qui si pone un problema, che andrà considerato e valutato con attenzione da chi vorrà venire più o meno legalmente nel nostro Paese. Perché in Italia, oltre alle donne poliziotto, dal 23 ottobre scorso, c’è anche un presidente del Consiglio donna. E se per motivi religiosi, culturali o altro le presenze femminili, tanto negli uffici delle nostre Questure quanto a Palazzo Chigi, vi danno noia, amici cari “föra di ball”.