La pesca è stata travolgente, la noce ha suscitato addirittura commozione e la carota ha fatto sciogliere gli utenti social in una immensa valle di lacrime. Parliamo degli spot dell’Esselunga che tanto clamore mediatico hanno suscitato. Addirittura dibattiti politici. Ecco, ora vorrei vedere quella stessa commozione trasformarsi in indignazione, ma vera, sulla tragedia che si è consumata ieri mattina, poco dopo le nove a Firenze, nel cantiere dell’Esselunga in via Mariti, dove era in corso la costruzione di un edificio che dovrà ospitare un supermercato.
Esselunga, a Firenze operai sotto le macerie
Tre operai morti, tre feriti, due ancora sotto le macerie: questo il costo in termini di vite umane mentre scriviamo questo articolo, ma il numero dei morti potrebbe salire, considerate le difficoltà che stanno incontrando le squadre di soccorso nella ricerca degli operai dispersi. Avrebbe ceduto una delle travi della struttura, costruita sopra un ex panificio militare e sarebbero venuti giù tre solai, provocando un boato che gli abitanti delle zone limitrofe hanno creduto fosse stato provocato da un terremoto. Ecco, ora noi vorremmo che a quel boato che in un attimo ha seppellito tre lavoratori, e speriamo non siano di più, seguisse una “cagnara” social, mediatica e politica forte. Fortissima. Perché le morti sul lavoro stanno diventando troppe. Un “costo”, in termine di vite umane, inaccettabile. Oltre mille lo scorso anno, secondo i dati forniti dall’Inail. E negli anni precedenti cifre simili. Oltre mille anche nel 2017, quando a Palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni. In tutto 13 mila morti negli ultimi dieci anni. Motivo? Probabilmente una rincorsa al risparmio sui costi dei lavori ed a farne le spese in primis la sicurezza sui cantieri. Così come, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe avvenuto a Firenze dove a svolgere lavori edili sarebbero stati operai metalmeccanici, che ovviamente vengono impiegati con un contratto che prevede salari inferiori e che garantisce la possibilità a chi prende il subappalto di risparmiare sui costi ed aggiudicarsi le gare.
Vorremmo sentire, oltre alle doverose parole di cordoglio, troppo spesso di circostanza e che poi, seppellite le vittime, finiscono nel dimenticatoio, la rabbia degli italiani e dei tanti politici che per mesi non hanno fatto altro che parlare dei pandori della Ferragni. O di quelli che si sono asciugati la lacrimuccia guardando la noce che si trasforma in albero dello spot della Esselunga. Perché ormai si parla, si discute, si scrive, ci si accapiglia solo sul nulla. Una sorta di distrazione di massa, che punta alla distruzione cerebrale degli italiani per distoglierli dai problemi veri. Come quello delle morti bianche, le morti sul lavoro, che forse vengono chiamate così proprio perché, tranne qualche titolone quando avviene il “fattaccio”, poi non ne scrive più nessuno. E le pagine dei giornaloni rimangono, appunto, bianche sull’argomento. Fino al “fattaccio” successivo. E poi si ricomincia.
E anche le associazioni sindacali dove sono? Escono dal letargo solo quando c’è la conta dei morti proponendo la solita chiamata alla piazza? Come ha subito fatto Maurizio Landini, leader della Cgil, che ha tuonato sulla strage di Firenze, come ha pubblicato su X l’account della Cgil nazionale: “Inaccettabile la tragedia di Firenze che si ripete dentro la logica del subappalto e degli appalti al massimo ribasso che deve essere contrastata, per questo proporrò anche agli altri sindacati un’iniziativa generale”. E finora dov’era? A criticare gli spot dell’Esselunga o a comprare i pandori della Ferragni?
Esiste un Paese vero. Un Paese che soffre e dove non va tutto bene, madama la marchesa. Un Paese che non è fatto di like, di influencer, di follower o di spot. Un Paese dove si esce la mattina per andare in cantiere e non si torna a casa la sera. Un Paese dove dei padri non canteranno una canzoncina alla figlia che va a vivere da sola impugnando una carota come se fosse un microfono, come ci raccontava lo spot dell’Esselunga, criticato dai “sinistri” e tanto applaudito dai “destri”.
Perché i morti non cantano. Non possono più. Ecco, commuoviamoci e indigniamoci per questo, non per le pere, le noci e le carote, cari politici “destri” e “sinistri”. Se ancora vi riesce.