Solo e abbandonato. Roba che se non facesse rabbia per i guai che lui e il suo Movimento hanno procurato al nostro Paese farebbe quasi tenerezza. Un uomo solo al comando di un partito allo sbando.
“È un bidone e scarso”, va giù duro Paragone, che pure nasce politicamente dal movimento che Conte guida e ora se ne vergogna e si scusa con gli elettori.
“Conte non esiste”, va ripetendo da tempo Piero Sansonetti. E la tentazione di dargli ragione è forte. Fuoco incrociato, amico e nemico contro l’ex premier, ex avvocato del popolo scaricato anche da Luigi Di Maio, dopo il fuggi fuggi degli elettori pentastellati che si è palesato drammaticamente alle ultime elezioni amministrative dello scorso 12 giugno. E anche il guru Grillo, che non si presenta a sorpresa dopo aver annunciato la sua presenza a Roma la dice lunga.
Giuseppe Conte, ormai a capo di un partito di panda, avviato inesorabilmente verso l’estinzione, da Palazzo Chigi al dimenticatoio in un attimo. Il tempo di una scissione. Le prime pagine sono tutte per lo scaltro Di Maio proiettato verso la sua nuova creatura ‘Insieme per il futuro’, pronto addirittura a finire sotto l’ala protettiva del simbolo di Bruno Tabacci al Senato. Tabacci, ovvero la casta più casta che c’è. E quella scatoletta di tonno, che il ministro degli Esteri prima di sistemarsi alla Farnesina, giurava di voler aprire, la diamo al gatto. E la rivoluzione la facciamo fare al sorcio. Che qui se non ci si sgancia da quel peso ormai morto del Movimento con la regola del doppio mandato tocca tornare sul serio a lavorare. Ma questo è un altro discorso.
Torniamo al povero Conte. E al suo Movimento che non esiste più. Proprio come lui. Finiti gli slogan, il populismo, l’arroganza manettara, ormai sono finite anche le scatolette di tonno. Se le sono mangiate. Rimangono i vaffa. Ad uso e consumo interno però da quanto si è visto in questi giorni. Dieci anni di nulla? Non proprio. Dieci anni di disastri. Volevano cambiare il Paese. E questo obiettivo, va loro riconosciuto, lo hanno centrato. Lo hanno cambiato eccome, ma in peggio. Hanno fatto, in questo senso, un capolavoro. Cumuli di macerie politiche che impiegheremo anni a rimuovere. Una fauna politica che nel tempo si è sparpagliata ovunque e che lasciano in eredità al Paese. Petrocelli, Granato, Cunial e anche lo stesso Paragone tanto per nominarne qualcuno. Ma ce ne sono a bizzeffe dopo l’exploit grillino di dieci anni fa. Rintanati anche nelle amministrazioni locali. E ci vorranno anni per smaltirli. Anche se non ci è ancora ben chiaro se nell’umido o nell’indifferenziata.
Tutta colpa di Conte? Anche, ma non solo. Il malato, quando l’ex premier è arrivato al capezzale, era già moribondo. E ci ha messo del suo anche Giggino il furbetto, a cui oggi strizzerebbero l’occhio anche i ‘centrini’. E l’abbraccio sarebbe reciproco. Chissà se ingoierà anche gli uomini del Cavaliere. Al quale Di Maio in passato non avrebbe stretto neanche la mano. ‘Come si cambia’, cantava la rossa, in tutti i sensi, Fiorella Mannoia.
E con Giuseppi ‘restiamo umani’, come predicano i compagni, ora assaliti peraltro da un dubbio amletico. Essere con i Cinquestelle di Conte in caduta o avere a che fare con ‘Insieme per il futuro’ di un Di Maio con il vento in poppa? Anche se per ora i sondaggi gelano la mossa del titolare della Farnesina. Perché se come sembrerebbe Conte rischia di scivolare rovinosamente sotto il dieci per cento, il Ministro, con quello che non è ancora un partito, ma solo un gruppo parlamentare, non andrebbe oltre il tre.
Ma noi restiamo umani, perché il passato non si cancella con una scissione. E il nostro pensiero corre a quelle belle dirette ‘carbonare’ dell’era Covid, che ci auguriamo di aver lasciato definitivamente alle spalle, quei collegamenti da palazzo Chigi allo scoccare della mezzanotte nei quali l’attuale leader pentastellato, allora capo del governo, snocciolava dpcm fantasiosi e improbabili. Osservato in cagnesco anche dai giornalisti ogni volta costretti alla ribattuta dei quotidiani. Ecco, il nocciolo della questione è tutto lì. Perché se affidi un partito, o movimento che sia, a un personaggio così poi non ci si può stupire delle conseguenze.