Le hanno chiamate casette dell’amore perché “casini” sarebbe stato decisamente troppo esplicito e poco consono al luogo dove dovranno essere ubicate. Ma addolcire la descrizione con una pennellata degna dei libri Harmony non ne modifica la sostanza. E saranno intanto venti le cosiddette “casette” che sorgeranno all’interno degli istituti penitenziari italiani, entro la fine dell’anno, per consentire ai detenuti sottoposti a regime di carcerazione duro, e che per questo non possono godere di permessi premio, di avere un’alcova dove poter far sesso con un partner che potrà essere la propria o il proprio consorte, ma anche una fidanzata o un fidanzato o addirittura con una o un amante occasionale. Anche se, almeno per ora, ménage à trois o multipli, non sarebbero ancora previsti. Ma su questo ci fermiamo qua perché non vorremmo contribuire a dare idee. Hai visto mai? Dunque, l’ennesima cosiddetta ‘battaglia di civiltà’, una di quelle tanto care alla sinistra, si può riassumere nel diritto a godere anche per chi lo sconta duro, il carcere s’intende. Perché detta così, anche a non voler essere maliziosi, la cosa fa un po’ sorridere.
Ma a non sorridere affatto sono gli agenti della polizia penitenziaria che guardano con apprensione alla vicenda non avendo ben chiaro quale sarà il loro ruolo in tutto ciò.
“Guardie sì, guardoni di Stato anche no, grazie”, Giuseppe Moretti, presidente del sindacato Uspp, non ha dubbi. “In un momento storico così emergenziale per la tenuta dell’intero sistema penitenziario: strutture fatiscenti, presenza di detenuti superiore alla capienza massima prevista, numerose stanze di pernottamento prive di docce interne, spazi ridotti da riservare alle attività trattamentali, con l’intollerabile presenza in carcere di soggetti con disagi psichici che, per legge, dovrebbero essere ospitati nelle insufficienti R.E.M.S. (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), e che costituiscono la causa della maggioranza degli episodi di aggressione agli agenti, appare davvero dissonante destinare risorse economiche per questo genere di finalità – spiega Moretti – In quest’idea innovativa del Consiglio regionale della Toscana, non vanno neppure sottaciuti gli aspetti legati alle modalità organizzative per la sicurezza degli istituti penitenziari dove gli scambi di effusioni dovrebbero svolgersi, per non parlare dell’imbarazzante compito che dovrebbe essere assegnato alla Polizia Penitenziaria nelle sue imprescindibili attività di controllo”, conclude il presidente dell’Uspp.
Un’idea, questa delle “casette dell’amore” per i detenuti che porta infatti proprio la firma del Consiglio regionale della Toscana dove fu approvata grazie ai voti del Pd, che da quelle parti fa la voce grossa, e che ha ottenuto in questi giorni “il via libera dal ministero della Giustizia e dal ministero dell’Economia e delle Finanze che hanno sbloccato 28,3 milioni di euro che serviranno alla nuova legge sulle ‘relazioni affettive dei detenuti’ che potrà così marciare spedita in commissione giustizia del Senato”, come spiega Franco Bechis su “Verità&Affari”.
Quasi trenta milioni di euro per l’acquisizione e l’installazione di questi moduli abitativi. Euro che non sono esattamente ceci. E che forse potrebbero essere impiegati altrimenti considerando lo stato penoso delle carceri del nostro Paese. E proprio in questo momento, come sottolinea Manfredi Potenti, della commissione giustizia della Camera, della Lega. “Se appare condivisibile il fine di garantire migliori condizioni di vita inframurarie, del tutto inopportuna in un momento di gravi sacrifici per il paese è quella di promuovere una misura spot come quella delle ‘casette dell’amore’ in carcere”, punta il dito Potenti, che offre anche una soluzione alternativa: “Oltre 28 milioni di euro destinati a creare ambienti nei quali si porrà il problema di dover gestire la sicurezza nel rispetto della privacy. Era preferibile investire in misure premiali conseguenti ad un giudizio sul percorso di resipiscenza del detenuto – spiega- anziché ricorrere ad una esplicita area per effusioni, che fa del detenuto una nuova specie di sorvegliato a luci rosse”.
“Questo delle ‘case dell’amore’ è un altro duro colpo che verrà inferto alla credibilità della pena detentiva in Italia – sottolinea Francesco Laura, vicepresidente dell’Uspp – Uno di quelli che lascia basita la gente onesta e che mortifica il ruolo della Polizia Penitenziaria, che acuisce un senso di frustrazione di fronte ad un affannoso ampliamento di pseudo diritti ai detenuti e una progressiva contrazione dei propri. Un collega, giorni fa, mi ha raccontato che nel carcere dove lavora è stato comunicato agli agenti che quest’estate non potranno andare in ferie per mancanza di personale e, forse, si potrà valutare di poter concedere eventualmente una settimana di riposo, malgrado la legge stabilisca obbligatoriamente un periodo più lungo. Ebbene, – conclude Laura- quando i diritti riguardano i servitori dello Stato, abituati ad ubbidire e a compiere il proprio dovere, ad essi si può derogare, quando riguardano altri destinatari, si compie un operoso esercizio di inventarne di nuovi. L’amarezza è tanta”.
Riconoscere a un detenuto il diritto alla sessualità diventa all’improvviso una necessità, per così dire, impellente. E non parliamo di detenuti “qualsiasi”, attenzione, perché chi è sottoposto al regime di carcere duro è perché ha commesso crimini efferati e non è esattamente un’educanda delle Orsoline. Ma tant’è! E mentre il diritto al riposo per un lavoratore, per un servitore dello Stato, può attendere perché quattrini per nuove assunzioni non se ne trovano, per le cosiddette “casette” pare siano già sul tavolo.