Pasqua, Natale, Pasqua e, purtroppo, probabilmente un altro Natale. E Andrea Costantino sta sempre là, ora recluso nell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, dopo oltre un anno di carcere. Ma pochi sanno chi è Andrea Costantino. Perché il silenzio, quasi totale, dei media italiani su questa storia che dura da ormai 21 mesi è assordante, quasi imbarazzante. Ma tant’è. Perché se ventisei persone vengono a prelevarti una mattina in una stanza di un albergo di Dubai, sotto gli occhi della tua compagna e di tua figlia, e ti sbattono in carcere a marcire con i topi per quindici mesi non importa nulla a nessuno. Perché Andrea Costantino è un uomo, cattolico, bianco e pure eterosessuale. Non appartiene insomma a nessuna “categoria protetta” dalle anime belle della sinistra nostrana. Un italiano ostaggio di un Paese straniero ma non ne scrive nessuno o quasi. Non c’è notizia? Ogni giorno in più, ogni giorno senza la libertà, senza la possibilità di riabbracciare la propria famiglia dovrebbe essere una notizia. Ma niente.
Fiumi di parole per Patrick Zaki e anche per Alessia Piperno, recentemente liberata in Iran. Ma per Andrea Costantino, imprenditore milanese nel settore dei prodotti petroliferi, nulla. Certo, perché oltretutto Costantino era negli Emirati per motivi di lavoro, nessuna missione “peace & love”.
Ma andiamo ai fatti che Andrea racconta a Ofcs Report dalla sua stanzetta nell’ambasciata italiana. Pochi metri con un cucinino dove l’imprenditore, ormai l’ombra di sé stesso dopo aver perso 34 chili durante la prigionia, si cucina da solo con le pentole che ha potuto acquistare con i soldi del padre, medico in pensione, che ora deve provvedere al suo mantenimento dopo che al figlio sono stati confiscati tutti i beni.
E ci racconta il momento dell’arresto, il 21 marzo 2021, quegli uomini che lo portano via senza tante spiegazioni. “Erano in ventisei, senza esibire alcun mandato e senza avvisare l’ambasciata italiana”. E mentre lo dice il viso, nonostante tutto sorridente del trader milanese, tradisce il dolore nel ricordare.
“Faccia al muro e giù nell’ascensore”, dice
Giù verso l’incubo. “Per oltre due mesi non ho potuto avere nessun contatto con la mia famiglia”, ricorda Andrea. E poi i momenti dell’interrogatorio: “Venticinque minuti a chiedermi dei rapporti tra Italia e Yemen, come se fossi io l’ambasciatore”, spiega con un pizzico di ironia. E ci racconta del mese successivo, quando di lui si perdono le tracce, ma qui il discorso si interrompe e omette i dettagli e non è difficile intuire il perché:”Almeno finché sono qua”, ci chiede. Un timore comprensibile di chi si sente abbandonato.
Ma che il carcere di massima sicurezza, dove lo hanno rinchiuso per 15 mesi, non sia esattamente un resort a cinque stelle non è un mistero. Topi nelle celle, sporcizia ovunque e torture ai detenuti la quotidianità. Ma l’imbarazzo di Andrea è troppo e non insistiamo.
Ma qual è l’accusa contro di lui?
Fumosa a dir poco. Andrea avrebbe collaborato con l‘organizzazione terroristica yemenita degli Houthi. Addirittura con dei personaggi inseriti in una lista “nera” degli Emirati. Che però non troverebbero riscontro e soprattutto si farebbe riferimento ad una lista stilata l’anno successivo a quello in cui Costantino avrebbe inviato il carico di gasolio, peraltro da quello che ci ha spiegato del tutto legittimo, perché autorizzato con ben due visti da parte degli Emirati Arabi, risalente alla fine del 2015 e all’inizio del 2016. E la lista sarebbe appunto del 2017.
“Era un carico della Oil Premier e aveva un permesso umanitario perché serviva in Yemen a ospedali e scuole”, ci spiega Costantino che aggiunge “il mio avvocato non ha avuto neanche l’accesso agli atti del processo”.
Ma in questi anni si è parlato di Andrea Costantino come di un “prigioniero politico”
E forse non siamo lontani dalla realtà con questa affermazione. Una ritorsione contro il nostro Paese a causa dell’embargo sulle forniture di armi agli Emirati deciso il 29 gennaio 2021 dal Governo Conte II. Una decisione in zona Cesarini del premier Conte e dell’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che potrebbe essere costata cara a Costantino.
Ma perché proprio lui?
Perché era un imprenditore, ed era un imprenditore di successo, ci spiega. “Perché secondo la mentalità di questi Paesi proprio per questo sarei stato molto vicino al governo italiano”. Anche se mentre lo dice sorride, perché è evidente che non sia così altrimenti sarebbe a casa e potrebbe riabbracciare la sua famiglia da un bel pezzo. Poi il 31 maggio scorso, dopo la visita del Presidente Mattarella negli Emirati, Andrea viene scarcerato, ma non può tornare in Italia. Rimane recluso presso l’ambasciata italiana ad Abu Dhabi. Le autorità locali decidono che per lasciare il Paese deve pagare una sanzione di 550mila euro. Ora, forse, si potrebbe trattare per la metà della cifra, come fossimo a Porta Portese, anche se neanche sulla cifra c’è certezza.
Ma Costantino e la sua famiglia non hanno più soldi. E nessuno delle istituzioni italiane finora si è fatto avanti per aiutarli.
È anche cambiato il governo in Italia ma il silenzio resta lo stesso. In tutta questa storia l’unica certezza è che Andrea è stato scarcerato in base all’articolo 228 del Codice Penale emiratino, che si riferisce a “interessi superiori di Stato e nazionali”. Ma è ancora “parcheggiato” in quella stanzetta dell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi. Mentre in Italia continuano gli appelli per Patrick Zaki e le felicitazioni per la liberazione in Iran della “giramondo”, così la definì il fratello, Alessia Piperno.
Poche sere fa anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, da “don Fazio” a Che Tempo che fa”, si è rallegrato della sua scarcerazione. Ed è sacrosanto, sia chiaro, la liberazione di una ragazza italiana detenuta in un Paese come l’Iran è notizia di cui essere felici.
Ma ora ne attendiamo un’altra. E siamo certi che questo governo, insediatosi da poco, con il premier Meloni, donna e mamma, non abbandoneranno Andrea Costantino continuando a fare orecchie da mercante sulla sua vicenda come i precedenti inquilini di Palazzo Chigi. Perché dopo Conte, anche Draghi ha fatto lo gnorri sull’imprenditore milanese, questo va detto.
E lui è ancora lì. In quella stanzetta.
E in Italia c’è la sua compagna, Stefania Giudice, che fin dal primo giorno lotta come una leonessa per riportarlo a casa. E che non può raggiungerlo ad Abu Dhabi perché, ci spiega Andrea, “l’Italia non può garantirle la sicurezza”.
E in Italia ci sono i figli che lo aspettano.
C’è una bambina di ormai quasi cinque anni che non vede il papà da ormai due ed ormai è “sicura che il papà non tornerà più “, come ci ha detto con la voce rotta dall’emozione Andrea Costantino.
Noi a quella bambina abbiamo il dovere di dire che non sara così. Che si sbaglia. Che l’Italia si muoverà presto per riportare a casa il suo papà. Perché è detenuto ingiustamente. Perché è un italiano.
È quasi Natale. Glielo facciamo questo regalo?