Per le donne è questione di un attimo trasformare la coniugazione di un verbo in una forma personalizzata che lo renda immediatamente imperativo nei confronti del malcapitato consorte. L’ego smisurato espresso dalle femmine si dimostra in maniera evidente allorquando si rivolgono alla loro povera vittima, il consorte. Nei suoi confronti si rivolgono le attenzioni più meticolose nel campo nella sperimentazione di sempre nuovi metodi di tortura. Il più semplice è quello della favella, ovvero del “comemeterivolgo”. Ecco, in questo campo la donna è micidiale e sforna una serie di cattiverie degne del peggior film splatter.
Volere, potere e dovere, verbi modali di uso comune che, a seconda della conversazione intrapresa, possono assumere forme assai ambigue. Tale può considerarsi quella della trasformazione in voglio, posso, devi, indirizzata al malcapitato consorte. Guai a chi non capisce al volo quale possa essere la volontà recondita della consorte. Solitamente il disegno criminoso della femmina riguarda piccole variazioni all’ambiente domestico che possono andare dalla ritinteggiatura degli ambienti, allo spostamento di arredi completi, all’ancora più semplice abbellimento del giardino con l’impianto di sequoie o baobab.
Ma rassegnatevi e non fate finta di non aver capito. Vi investirà subito con varie esemplificazioni sulla virilità, vera o presunta, del vicino di casa, dell’operaio rumeno della ditta di traslochi, del marito della sua amica, sino ad arrivare a mettere a rischio la vostra unione con frasi del tipo ”non sei più quello di una volta” (ma una volta era 10 anni fa e nel frattempo l’unico vostro esercizio ginnico è stato quello di aprirle i barattoli di marmellata…) o il rischiosissimo “va beh, faccio io che è meglio” (letale: oltre a minare il rapporto, distrugge interi capitali depositati in banca poiché, ovviamente, non essendo in grado di svolgere il compito da sola, si affiderà a qualche ditta di criminali senza scrupoli che, evadendo ovviamente le tasse, vi presenteranno un conto da varo di transatlantico…). Quindi, rimboccatevi le maniche e siate pronti alla tortura, quella vera, che poi non è tanto il lavoro affidatovi, che bene o male svolgerete con fierezza, ma la costante presenza della femmina condita con commenti e previsioni funeste sui risultati che otterrete.
Così, dallo scavo di una buca per piantare l’albero richiesto, alla verniciatura di una parete, all’ennesimo rimontaggio di uno stipetto, scoprirete di avere a fianco una sorta di super Mario bros, ovvero, la femmina che “già sapeva” o che “farebbe così”. Praticamente un genio del bricolage che non vi farà mancare il suo sguardo tipo Var del calcio pronta a commentare qualsiasi vostro respiro affannoso, qualunque riferimento alla SS Trinità, o a chiedervi lumi quando sussurrerete “chi me lo ha fatto fare”.
E a fronte del più piccolo incidente, dalla classica martellata sul pollice, allo sbucciamento del gomito, all’inciampo o alla caduta, saprà consolarvi scuotendo la testolina e ripetendo, “io lo sapevo” e “te lo avevo detto”. Qui si aprono scenari giurisprudenziali infiniti. Qualcuno fa risalire il reato di violenza in famiglia proprio a questa casistica, ovvero quella dei lavori domestici effettuati sotto lo sguardo vigile della sentinella per tutta la durata dell’operazione. Ebbene, sappiate che non vi verranno riconosciute attenuanti perché A) il giudice sarà donna e farà pesare le ragioni della vittima. B) il giudice, se uomo, vi aumenterà la pena da scontare giustificandola con un semplice “nessuna pietà per un fesso che ci è cascato”…
La vostra tristissima disavventura sarà condita comunque da previsioni funeste tipo “guarda che secondo me non regge”, “io penso che tra poco cade”, “ti farai male” per giungere all’immancabile “sei stanco?” a fronte del quale voi vorreste immedesimarvi per un solo attimo in Conan il distruttore che, armato di una clava si libera del nemico con un unico colpo frontale.