La Nato si allarga, il mondo sta cambiando, ma la politica italiana si accapiglia sui soliti strapuntini elettorali. G7 e vertice Nato hanno messo in luce ciò che era già palese: lo scenario geopolitico mondiale sta mutando sotto i nostri occhi. Ma in Italia il governo è in fibrillazione a causa della scissione del M5S e dell’imboscata Pd che punta all’approvazione di ius scholae e legge sulla cannabis. Temi fondamentali per la sinistra evidentemente, che però sapeva benissimo di mettere sotto stress il governo nel quale ci sono partiti come la Lega che su questi due argomenti hanno idee diverse.
Finlandia e Svezia entrano nella Nato che sta già provvedendo al rafforzamento del fianco est dell’Europa. Più uomini e mezzi lungo i confini con la Russia che dopo aver invaso l’Ucraina ha ottenuto l’effetto di rianimare un’Alleanza quasi morta. L’Italia parteciperà con 10mila uomini: “Le forze che verranno mandate in Bulgaria e in Ungheria sono di circa 2mila soldati, 8mila sono invece di stanza in Italia, pronti eventualmente fosse necessario”, ha detto Mario Draghi a margine del vertice Nato di Madrid. Nel nostro Paese, inoltre, arriveranno 70 militari Usa in più e un sistema di difesa antiaerea.
La Turchia ha dato il via libera all’ingresso nell’Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia in cambio del sangue dei curdi del Pkk, che Ankara considera terroristi, e di altri appartenenti alla rete di Fethullah Gülen. Mentre in totale una cinquantina di persone che si trovano nei due Paesi e che fino ad ora hanno goduto della protezione di Helsinki e Stoccolma potrebbero essere estradate in Turchia in base all’accordo firmato a Madrid. Del resto a Erdogan qualcosa andava dato per mantenerlo saldo nell’Alleanza e bloccare la deriva verso Mosca. E ancora una volta, gli Usa hanno sacrificato i curdi: come accadde in Siria quando furono scaricati da Washington nonostante l’impegno nella lotta contro lo Stato islamico.
Ma i politici italiani di questo non parlano, non si interrogano, non provano a spiegare le motivazioni di certe decisioni ai loro elettori. Impiegano il loro tempo a litigare sui leader di coalizione, rincorrono scissioni e bandierine ideologiche che creano tensioni nel governo.
Del resto la politica estera è complicata e non si può liquidare con un tweet o una foto su Instagram. E così, provare a osservare i partiti (tutti) con un certo distacco può anche essere divertente, come guardare una commediola anni ’80 priva di ogni contenuto ma talmente paradossale da far ridere solo per quello. E mentre il mainstream da eco e risonanza alle flatulenze dei partiti, Mario Draghi fa quello che vuole o quello che va fatto, punti di vista, e non solo in politica estera.
Il Premier avrebbe anche un pacchetto di nomine da fare, prima che termini il suo mandato, da far impallidire anche la Prima Repubblica: Invitalia, Consip, Leonardo, Bankitalia…etc. A giudicare dalle indiscrezioni che filtrano, si sarebbe organizzato per impedire che nei posti chiave vadano personaggi borderline che possano mettere in discussione la linea atlantista e europeista riconquistata a fatica dopo anni di derive verso governi dittatoriali, autarchie et similia.
Nel frattempo, da G7 e vertice Nato emerge la volontà chiara di contenere in qualche modo anche l’espansionismo cinese. Pechino è ancora piuttosto “chiusa” sulla guerra in Ucraina, ma certo l’asse con Mosca fa paura. E allora si cerca di allargare le alleanze occidentali in modo da arginare le mire imperialiste di due potenze anti-democratiche e anti occidentali.
Perché anche se i politici italiani non se ne sono accorti, sta tutto insieme: quello che accade fuori dai confini italiani con quello che accade dentro. Ma è più facile dare in pasto ai social la sensazione che il governo si stia occupando solo degli ucraini invece che degli italiani, piuttosto che offrire un’interpretazione più realistica che però, va detto, è anche più complicata e richiede un certo grado di competenza. E non sempre contribuisce a risalire nei sondaggi.