Famiglia democratica, ma inviso a Obama. Ostile all’Islam ma legato al governo turco. Prima abortista poi pro-life. Michael Flynn è uno, nessuno e centomila. La fresca nomina del neo-eletto presidente, Donald J. Trump, alla poltrona di consulente per la sicurezza nazionale riporta il 57enne dello Stato di Rhode Island a Washington, alla destra del tycoon newyorkese.
La nomina, che a differenza delle altre che andranno a comporre il gabinetto di governo del nuovo presidente Usa non ha bisogno dell’approvazione del Senato, ha un sapore di rivincita per Flynn. Il generale ritiratosi dopo il 30 aprile 2014, giorno in cui si dimise con una forte pressione della Casa Bianca dalla carica di direttore dell’Agenzia d’Intelligence per la Difesa (Dia), era stato molto vicino a Trump durante i mesi di campagna elettorale. Ora rientra a Washington dalla porta principale e il 20 gennaio prossimo guarderà uscire dalla Stanza Ovale chi lo aveva prima nominato e poi accantonato: Barack Obama.
Nato nel 1958, figlio dell’alta borghesia bianca americana, la madre era un’agente immobiliare e il padre un banchiere, Michael Thomas Flynn cresce in una famiglia di saldi principi democratici. Fulminante la carriera militare, nella quale si specializza nell’intelligence. Fra il 2004 e il 2007 partecipa come direttore dell’intelligence alle operazioni speciali congiunte in Iraq e Afghanistan coordinando l’esercito Usa. Nel 2011 arriva la svolta, dalle operazioni sul campo per Flynn passa ai quadri dirigenziali di Washington. Arriva infatti l’incarico presso l’ufficio di direzione dell’intelligence nazionale e la promozione al grado di generale.
L’anno dopo Barack Obama chiama il graduato Flynn a dirigere l’intelligence per la Difesa, salvo poi premere per la sua dimissione due anni dopo. I motivi della mossa sarebbero da ricondurre ai dissapori con l’amministrazione Obama sul tema dell’Islam.
Per il generale Flynn gli Usa sarebbero stati a rischio più che nel periodo immediatamente precedente all’11 settembre, e la miccia dell’integralismo sarebbe stata accesa senza che le contromisure adatte venissero prese. Particolarmente critico fu l’atteggiamento del neo nominato da Trump nei confronti della Sharia: definita in crescente diffusione in molte sacche oltranziste islamiche degli Usa.
Decisa anche la posizione sulla Siria. Il generale avrebbe più volte fatto notare ai piani alti dell’amministrazione Obama quanto fossero in ritardo nell’intervento a favore della resistenza contro Assad. Una sollecitazione che Washington non avrebbe accettato di buon grado buttando giù dalla torre Flynn. Dopo il passaggio di consegne col suo successore David Shedd, Flynn si ritira e mette le sue conoscenze a disposizione del mercato. Con il figlio Michael G. il generale fonda la Flynn Intel Group, un’azienda di consulenza che offre i suoi servizi a clienti da tutto il mondo.
Fra questi c’è la Turchia di Recep Erdogan. L’accusa di conflitto di interesse si sarebbe accesa dopo la vicenda del tentato colpo di stato, quando, dopo aver inizialmente sostenuto l’iniziativa, Flynn avrebbe fatto dietrofront. La richiesta infatti sarebbe mutata nell’accordare a Fethullah Gulem, colui che viene individuato da Erdogan come l’uomo dietro al tentato golpe.
Altra tegola sulla testa del generale Michael Flynn sarebbe una partecipazione a una cena in onore di Russia Today alla quale il neo consulente di Trump avrebbe pronunciato un discorso di analisi strategica internazionale dietro pagamento di un compenso. Un atteggiamento, questo, che avrebbe fatto storcere il naso all’establishment militare, non contento di vedere un ufficiale americano seduto due posti più in là di Vladimir Putin, anch’egli presente all’evento di gala.
L’ultima piroetta del generale sarebbe avvenuta il 10 luglio scorso, quando in diretta sul canale Abc News, Flynn avrebbe dichiarato in merito all’aborto che “ogni donna è libera di scegliere”, salvo poi definirsi pro-life il giorno dopo.
Un cambio di posizione che avrebbe ricordato quanto fatto con il golpe turco e con la convention del Gop, in cui il generale sarebbe anche intervenuto a favore di Trump dopo aver sempre definito se stesso appartenente “a una famiglia molto democratica”.
Quella di Flynn è una figura che si presenta come trasformista e capace di infiniti avvitamenti. Qualcuno maligna che possa essere per Trump pericolosa visto il carico enorme di esperienza di Flynn e la novizia del neo-presidente a certi ambienti. Ma bisognerà attendere il 20 gennaio per rivedere il generale calcare la scena a Washington.