UE: tutti contro Trump? Certamente, ma a proprio rischio e pericolo.
Passerà alla storia questo licenziamento delle Cancellerie europee, di tutte, nessuna esclusa, operato da Trump senza nemmeno concedere a Premier e Presidenti gli otto giorni di preavviso di rito.
Da qui la levata di scudi di quelli che, comunque vada a finire per Trump, sono stati giustamente trattati per quello che hanno dimostrato di essere: degli inutili lacchè dei quali gli Stati Uniti alla bisogna possono giustamente disfarsi senza bisogno di chiedere il permesso. Tutti, tranne alla fin fine solo uno: il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, quello Zelenskyy che almeno a Washington, sia pure maldestramente, ci ha provato ad alzare la testa infastidito e giustamente risentito per essere stato usato ed al momento opportuno messo da parte in malo modo
La reazione inviperita, sia pure sotto traccia, degli esecutivi europei non si è fatta attendere, almeno a parole e questo spiega il perché non passi pressoché giorno in cui non vi sia un qualche articolo che sulla stampa occidentale, in generale, e sul quella comunitaria, in particolare, non si prefigga lo scopo di screditare in qualche modo Donald Trump; e la cosa che maggiormente colpisce è questa interessante coralità a fronte del nulla di fatto per tutto quanto ha caratterizzato l’oltremodo nefasta presidenza Biden e la vergognosa passiva acquiescenza di quelle stesse cancellerie europee di fronte alle desiderata dell’ex Presidente americano e dei suoi accoliti.
Purtroppo, però, nell’era del digitale e del web nulla va perso e ciò che torna utile per controllare e manipolare la cosiddetta ‘pubblica opinione’, alla bisogna torna utile pure per fare il punto della situazione.
Intendiamoci, quanto segue non è un’apologetica narrazione alla De Amicis pro quel Putin che quanto alle reali motivazioni di questo conflitto ha mentito tanto quanto hanno fatto gli Occidentali, (motivazioni di cui, detto per inciso, tanto ad Est quanto ad Ovest si è preferito non parlare per dare ampio spazio alle retoriche basate sul confronto etnico tra russofoni del Donbass e nazionalisti ucraini a vario titolo stimolato affinché, come sempre in questi casi –la vicenda balcanica degli anni ‘90 docet non poco in questo senso–, desse luogo a quella inenarrabile sequela di sofferenze patite dalla popolazione civile che da sempre é un utile presupposto per dare voce e legittimazione alla propaganda di guerra degli uni così come degli altri, bensì uno spunto di riflessione per agevolare chi finalmente vuole cercare di capire cosa è realmente successo, e soprattutto perché, prima che sia troppo tardi.
Quello che al momento pesa più di ogni altra cosa sulle spalle delle leadership europee (e che le stesse stanno cercando, pur di non ammettere i propri errori e farsi da parte, di scaricare sulle spalle dei cittadini della EU presentando come ineludibile un piano di riarmo da 800 Mld di EUR) è quel delirio antirusso, quella censura ideologica che ha puntato tutto sull’affermazione di un pensiero unico ammantato di finto pacifismo che ha imposto il rigetto di ogni narrativa non in linea con il mainstream.
Un mainstream assurdo non tanto per aver negato, da un certo momento in poi, il diritto di parola a personaggi come, ad esempio, la scrittrice Marinella Mondaini che, vivendo e lavorando a Mosca, poteva essere legittimamente ritenuta di parte allorché ha scritto:
“I Pacifisti. Avrei voluto che tutti coloro che ora si ergono a ‘paladini della Pace’, i nuovi pacifisti, fossero venuti con me nel Donbass in questi anni, a vedere cosa è successo in tutti questi 8 lunghi folli anni: le distruzioni, i cimiteri e le chiese scoperchiate, le fosse comuni, avrei mostrato loro i bambini trucidati nelle foto appese nel “Museo degli Angeli” in una piccola cittadina della repubblica di Donetsk. Avrei tradotto in simultanea i racconti della gente comune per strada, avrei visto le lacrime negli occhi dei vecchi che mai dimenticherò. Avrebbero visto la forza e la dignità del popolo del Donbass, nonostante la guerra che il governo filo-nazista ucraino (messo al potere dagli Stati Uniti d’America, appoggiati dall’UE) ha scatenato contro di loro SOLO per la loro amicizia con la Russia e per il fatto che volevano vivere secondo i suoi principi. Abbiamo visto gli stenti della gente in condizioni di blocco economico, di tubature di gas e acqua salate in aria a causa dei bombardamenti ucraini, le case mezze rotte con le finestre coperte di cellophan e i tetti sfondati”,ma per aver negato, a comando, l’evidenza stessa presente nei dossier del Pentagono e della stessa CIA che ben avevano inquadrato e monitorato la complessità della situazione e le responsabilità; che ancora meglio avevano documentato chi fosse realmente Zelenskyy, quale spirito profondamente antidemocratico pervadesse la sua intera pratica di governo, così come chi fossero e a cosa si ispirassero le milizie dei nazionalisti di Kyiv attivi nel Donbass, quale fosse il livello di corruzione presente nel Paese, quali i legami della mafia ucraina con quella russa e via discorrendo.
Da qui, da questa sottomissione è conseguita tutta una via via crescente sequela di ridicole prese di posizione di capi e capetti politici locali, per non parlare degli a dir poco patetici interventi pro Ucraina di attori, cantanti, influencers, così come di docenti universitari, improbabili giornalisti ed ancora più improbabili intellettuali affetti da russofobia acuta fino al punto di arrivare a casi estremi come quello che ha Milano, nel ci ha mostrato il Primo Cittadino cacciare dalla Scala il maestro russo (direttore d’orchestra moscovita Gergiev) reo di essersi rifiutato di rilasciare una dichiarazione pubblica di condanna di Putin…: una intera pletora di personaggi che ora, con in testa i Presidenti, nonché i Premier dei diversi Paesi membri della EU, si sono tutti ritrovati indistintamente esposti al ridicolo dalle documentate scelte strategiche dell’establishment statunitense a causa della loro acquiescenza.
Un’acquiescenza a tal segno cieca e servile da aver accettato senza battere ciglio che venisse affossato il Nord Stream, immolata l’intera economia europea sull’altare della difesa di presunti valori occidentali dei quali l’Ucraina di Zelenskyy è stata eletta a tavolino, e contro ogni logica, simbolo, senza averne mai incarnato veramente uno, e che attualmente, non ancora paga di tanto scempio, non trova di meglio da fare che promuovere un riarmo da 800 Mld di EUR senza aver definito cosa acquistare e/o produrre, dove ed in che misura, per dare vita a quale struttura difensiva e/o offensiva, guidata da chi, secondo quale o quali linee di comando e via discorrendo….: in altri termini con modalità e logica indegne anche solo di essere prese in considerazione e per certo inidonee persino per giocare una partita di RISIKO.
Eppure sarebbe bastato anche solo non dimenticare le ragioni del reiterato mancato accoglimento di Kyiv nella EU, così come le motivazioni che a più riprese hanno indotto lo stesso Biden a dichiararsi contrario all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, nonché la lunga teoria di inchieste promosse anche dal Congresso degli Stati Uniti volte a far emergere l’uso effettivo fatto da Kyiv delle ingenti somme elargite dagli Stati Uniti per supportarne lo sforzo bellico, per evitare di ritrovarsi nel pantano istituzionale e geopolitico in cui ora si va dibattendo l’intera Comunità Europea.
Detto per inciso, dell’ultima inchiesta, in ordine di tempo, del tipo testé richiamato abbiamo avuto notizia nei primissimi giorni di Marzo di quest’anno grazie ad un Tweet di Elon Musk nel quale testualmente si legge: “È giunto il momento di fare luce su cosa sia realmente accaduto alle centinaia di miliardi di dollari inviati in Ucraina…“. Tanto dal responsabile del DOGE a poche ore di distanza dal clamoroso scontro nello Studio Ovale.
Tanto per non parlare delle recenti accuse mosse dall’ex anchorman di Fox News, Tucker Carlson, al Governo di Kyiv che su X è stato dallo stesso indicato quale a vario titolo responsabile di tutta una serie di gravi crimini, consumatisi negli ultimi tre anni, quali la vendita di armi americane al mercato nero e finite a gruppi come Hamas ed i cartelli messicani, nonché di veri e propri assassinii politici.
Accuse pesantissime, probabilmente infarcite di informazioni non del tutto verificate ed ovviamente tutte da dimostrare, ma veritiere quanto ad un aspetto non secondario: la pressoché totale mancanza di controllo dei fondi destinati all’Ucraina in questi anni, mancanza di controllo dimostrata da numerosi rapporti ufficiali a cominciare da un rapporto del Pentagono completato a Luglio 2023 dall’Ufficio dell’Ispettore Generale del Pentagono, ma reso disponibile solo a Dicembre del 2024 grazie al Freedom of Information Act, che, tra le altre cose, ha rivelato come il programma di forniture militari all’Ucraina è stato compromesso fin dall’inizio da gravi problemi logistici che hanno portato a strani ritardi nelle consegne di munizioni già tra il mese di Dicembre del 2022 ed il Gennaio 2023, legati a non meglio specificate difficoltà nell’accordo tra il Comando Europeo degli Stati Uniti (EUCOM) ed il Deutsche Bahn, il servizio ferroviario tedesco.
Dal rapporto di cui sopra è emerso che circa un quarto degli articoli forniti a Kiev tra febbraio 2022 e dicembre 2023 non è stato adeguatamente inventariato. A febbraio 2023, inoltre, il 24% delle armi consegnate risultava privo di un tracciamento appropriato, una lacuna che, come sottolineato nel documento, generava un “rischio significativo di perdita o furto“. A supervisionare l’assistenza all’Ucraina ci sono oltre 200 funzionari del Pentagono, di cui 28 dislocati in Europa e appena 2 presenti nella capitale, Kyiv.
Per somma nell’aprile 2022, un articolo della CNN, basato su fonti del Pentagono, riportava che gli Stati Uniti non avevano un sistema efficace per tracciare le armi una volta trasferite in Ucraina. Funzionari anonimi del Dipartimento della Difesa ammettevano che, dopo la consegna ai confini ucraini (spesso in Polonia), le armi “scomparivano nella nebbia della guerra”, con scarsa visibilità su chi le utilizzava o dove finivano.
Analoghe problematiche si ritrovano in altri documenti, come ad esempio nel documento intitolato “Evaluation of the DoD’s Enhanced End-Use Monitoring of Defense Articles Provided to Ukraine” pubblicato il 10 Gennaio 2024 e da ciò si evince che i problemi relativi alla trasparenza non sono palesemente una fisima ascrivibile al DOGE di Elon Musk, e tanto meno un escamotage dell’Amministrazione Trump per giustificare la propria politica estera, se solo consideriamo il seguente passaggio reperibile a pag. 62 dello Special Inspector General Report to the United States Congress intitolato “Operation Atlantic Resolve Including U.S. Government Activities Related to Ukraine” (redatto con riferimento al periodo 1 Ottobre – 31 Dicembre 2024 e pubblicato l’11 Febbraio 2025):
“A dicembre, il Ministero della Difesa ha apportato modifiche agli statuti delle agenzie, conferendo al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’autorità finale sulla maggior parte delle decisioni del consiglio di amministrazione della Defense Procurement Agency. A gennaio il Ministero della Difesa ha rimosso il capo della Defense Procurement Agency, nonostante il consiglio di amministrazione dell’agenzia avesse raccomandato la proroga del suo contratto. È stata sostituita dal capo dell’Operatore logistico dello Stato. Lo Stato ha riferito che il Ministero della Difesa si è mosso anche per licenziare i due rappresentanti scelti dallo Stato nel consiglio di amministrazione dell’Agenzia per gli acquisti della Difesa, dando vita a un conflitto politico senza esito chiaro”.
Tanto in considerazione del fatto che “Questi eventi hanno fatto seguito a due importanti scandali sugli appalti della difesa in Ucraina, verificatisi nel corso del trimestre. In uno di questi, un appaltatore statale della difesa ha prodotto e spedito al fronte 20.000 proiettili da mortaio da 120 mm difettosi e un numero minore di proiettili da 82 mm. I difetti sono stati causati da polvere da sparo e tritolo di scarsa qualità, che hanno fatto sì che solo uno su 10 di questi proiettili funzionasse correttamente”.
A novembre, il Consiglio dei Ministri, su richiesta del Ministero della Difesa, ha trasferito circa 552 milioni di dollari dall’Agenzia per gli Approvvigionamenti della Difesa al Servizio di Guardia di Frontiera dello Stato per munizioni fornite da un’azienda polacca. Secondo i media, i fondi sono stati trasferiti perché l’Agenzia per gli Approvvigionamenti della Difesa non era in grado di spendere tutti i fondi stanziati entro la fine dell’anno. La mossa ha portato alle accuse che le munizioni in questione avevano un prezzo eccessivo e che il movimento dei fondi potrebbe essere stato fatto per aggirare il controllo dell’Agenzia per gli acquisti della Difesa e favorire una particolare società. Secondo lo Stato, l’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina (NABU) ha avviato un’indagine penale sulla base di queste accuse”.
Da un certo punto di vista viene spontaneo domandarci per quale motivo nessuno in queste settimane abbia ritenuto di sollevare il problema, o quanto meno di mostrare una maggiore attenzione ai rilievi fatti da Trump ad uno Zelenskyy che nello Studio Ovale è giunto ben intenzionato a sfruttare l’ambito mediatico a suo totale vantaggio: purtroppo chi va con l’inganno resta ingannato ed a questo punto i margini di Manovra per il Presidente ucraino si sono ridotti alquanto drasticamente, per non dire che si sono letteralmente azzerati.
Un aspetto che meglio farebbero a tenere in debito conto Starmer, Macron e gli altri membri della leadership sempre meno leader europea.
In questo senso il vero problema che rappresenta ed incarna oggi Donald Trump risiede altrove e non certamente in quello che vanno scrivendo da giorni, ed ancora scriveranno, i vari direttori di giornale ed i più disparati articolisti che a diverso titolo si affannano a spiegare ad altri ciò che che loro per primi non hanno capito e, viste le premesse, dubito capiranno superati come sono dai fatti in quanto tali: e questo a prescindere da qualsivoglia valorialità si voglia ascrivere o negare al 47° Presidente degli Stati Uniti, e sempre che questi signori siano per lo più nella posizione di potersi permettere il lusso di capirlo.
Ed infatti il vero problema rappresentato da Trump é quello:
- di aver guardato a Volodymyr Zelenskyy, a tutto quanto gli é stato cucito addosso in questi tre lunghi anni da intere fiumane di propagandisti a vario titolo ‘ispirati’ dalla Casa Bianca Democratica del duo Biden–Harris ed indirettamente —ma, a nostro avviso, soprattutto—, dalle lobby che ne hanno supportato e promosso la politica;
- di aver preso in esame le pugnaci dichiarazioni degli eroici paladini, rigorosamente imboscati, del sostegno ad oltranza, ma mai sul campo, da garantire a Kyiv (e con ciò mi riferisco ai vari Premier e Presidenti europei, alla Presidente della Commissione Europea ed alla varie figure ritenute illustri ovvero per tali spacciati dalle cronache di questi anni (ché esserlo della storia, ancorché contemporanea, é altra cosa);
- di aver soppesato lo Zelenskyy e la reale rilevanza politica del coretto a lui plaudente per mero opportunistico servilismo nei confronti della Casa Bianca retta da Biden e non certamente per le spiccate qualità politiche, etiche, geostrategiche, culturali tanto del singolare personaggio, quanto dei suoi vetero nazionalisti supporters domestici, nonché della pletora di (corrotti) oligarchi a vario titolo operativi per accaparrarsi quanto più possibile delle cifre giunte a supporto della presunta lotta in difesa del ‘valori e della civiltà occidentali’, finendo –Trump intendo– tra l’incredulo e lo scocciato, per gridargli in faccia con quanta voce aveva in corpo quel “Ma il Re é nudo!” che non solo ne ha raso al suolo le pretese dello sconcertato Presidente ucraino, ma, quel che è peggio, lo ha senza mezzi termini messo di fronte ai suoi obblighi nei confronti dei contribuenti statunitensi presentandogli il salato conto del suo ingente debito…
Da qui l’indignata ondata di cori e coretti a vario titolo levatisi dalle stanze del potere dei palazzi della politica europei i cui attuali inquilini poco hanno gradito che qualcuno li abbia messi a serio rischio di dover rendere conto, a breve, agli elettorati dei propri Paesi dello scempio causato dalla loro improvvida condotta politica volta decisamente più a promuovere le proprie carriere, che gli interessi dei Paesi amministrati.
Ed eccoli allora questi nani politici internazionali pronti a fare fronte comune per salvare le proprie terga e non certo quelle di Zelenskyy e di quella Ucraina di cui non gli é mai veramente importato più di tanto, e di cui ancora meno gli importerebbe oggi se solo non fosse per quel ‘problemino domestico’ cui ho poc’anzi accennato e che li vede nella ancora per poco felice condizione di potersi avvalere del supporto mediatico offerto da tutti quei giornalisti, nonché da quegli a vario titolo prezzolati esperti che a loro volta, per l’opportunismo tipico dei paladini del ‘così fan tutti’, di buon grado si sono prestati in questi anni a propagandare quanto gli é stato detto di diffondere in cambio, ad esempio, del mantenimento dei contributi pubblici elargiti alla carta stampata meritoria, come pure ai vari gestori dei servizi di supporto alla ‘corretta’ informazione, nonché agli a vario titolo consulenti di questo o quell’ufficio, ovvero di questo o quel dicastero secondo gli usi ed i costumi dei diversi Paesi comunitari.
A ben guardare, pertanto, é a queste cose, e non certamente a problemi di coscienza ovvero a questioni etiche che si deve la levata di scudi contro Trump, ché altrimenti non é dato capire come mai nulla del genere e men che mai di tali proporzioni sia avvenuto in passato allorché, ad esempio, dallo stesso Trump, nell’Ottobre del 2019, venne dato il via libera alla Turchia per la sua azione contro i Curdi siriani dopo che questi si erano battuti come leoni contro l’ISIS a fianco dell’Occidente.
Il via libera a quella Turchia che evidentemente le leadership comunitarie, giunte a questo punto, devono aver ritenuto, per la gioia di Ankara, di poter annoverare tra i difensori dei valori e della cultura occidentali, visto che all’incontro di Londra del 2 Marzo 2025 la Turchia era presente tra gli invitati di Starmer con il suo Ministro degli Esteri Hakan Fidan: un qualcosa che rende perfettamente conto della drammatica situazione in cui si trovano a dibattersi i Paesi delle EU e che in tale frangente rappresenta un fattore di rischio escalation del conflitto di non secondaria importanza da monitorare con cura.
La domanda a questo punto è: la vera minaccia alla pace ed alla stabilità in Europa proviene, ora come ora, da Mosca o da Bruxelles?