Scatta “Tempesta Invernale” . Non si chiama realmente così o, almeno, non più dalla seconda guerra mondiale ma la sostanza è la stessa. “T.I.” fu infatti una grande, articolata contro-offensiva sovietica che, nel dicembre 1942, contribuì a a dare l’ultima spallata agli assedianti tedeschi di Stalingrado.
Le temperature rigide dell’inverno russo avevano allora debilitato la 6° Armata tedesca peraltro già travolta, in novembre, da una massa di un 1 milione e mezzo di soldati, 1500 carri armati, altrettanti aerei e 22 mila pezzi d’artiglieria nell’ambito dell’operazione “Urano”.
Oggi, l’Ucraina sembra rivivere “T.I.” in tutta la sua drammaticità
Il freddo e l’assenza di un completo piano di rifornimento energetico delle grandi città preoccupano Zelensky che, da alcune settimane, lamenta che 6 milioni di ucraini rischiano di restare al gelo. E intanto i missili non smettono di colpire obiettivi sul suolo ucraino. Come ottant’anni fa razzi e proiettili di cannone finivano sulle posizioni germaniche.
Contro ogni previsione, la Russia non è ancora caduta
È sopravvissuta al default che avrebbe dovuto piegarla ad inizio primavera, è sopravvissuta ai nuovi pacchetti di sanzioni dell’UE, all’isolamento internazionale e non si è fermata quando è arrivata l’associazione fra l’ “attuale regime” (Putin) e terrorismo. Anzi, quest’ultima è stata una mossa sgraziata e controproducente che provocherà un ulteriore irrigidimento nelle relazioni diplomatiche, contribuendo ad avvicinare la “pancia” della Federazione al proprio leader. La Storia ce lo ha già insegnato quando le potenze Alleate, ad inizio 1943, stabilirono che la resa di Roma, Berlino e Tokyo dovesse essere incondizionata. Fermezza non ripagata: l’impossibilità di poter trattare la fine delle ostilità ha scoraggiato eventuali forze interne all’Asse nel cercare una soluzione, con il risultato che la Germania e il Giappone hanno continuato a battersi fino all’ultimo. La Federazione russa, dunque, oggi altro non può fare che combattere.
Quanto all’Ucraina, il sostegno occidentale pare essere sempre troppo poco
Nonostante miliardi di dollari in aiuti ed equipaggiamenti, Kiev non solo non ha portato a termine il conflitto vittoriosamente, ma si trova in una situazione di stallo. Se proprio volessimo essere il più chiari possibile, Kiev è nel pantano dal 2014: anche all’ora gli Stati Uniti supportavano il governo ucraino in Donbass che, suo malgrado, non ha mai imposto l’autorità sui folorussi. È proprio di poche ore fa l’annuncio di Zelensky che un quinto del suo paese resterebbe sotto controllo nemico. E si tratta proprio di quelle aree nel mirino di Mosca sin dall’inizio: zone strategiche sia per i poli industriali (le miniere di carbone del Donbass) sia da un punto di vista commerciale, delle comunicazioni e della difesa come la Crimea.
Missili russi continuano a colpire infrastrutture energetiche
Quattro giorni fa i media italiani hanno rilanciato un video di Oleksandr Stukhor, capo del distretto militare di Zaporizhia, nel quale una stazione di distribuzione gas brucia dopo un attacco russo. Chiaramente, come in ogni guerra le infrastrutture strategiche del nemico sono il principale obiettivo. Pensiamo ai bombardamenti a tappeto alleati sulle città italiane, tedesche e giapponesi; alle incursioni aeree su Hanoi e su Baghdad. Un filo conduttore che non serve a dare patenti di “buoni” e “cattivi”, semmai spiega la logica della conduzione delle ostilità.
Dal canto suo Kiev dispone al momento di quattro centrali nucleari operative (Rivne, Chmel’nyc’kyj, Zaporižžja e Ucraina del sud) che garantiscono oltre il 50% della produzione nazionale di energia elettrica. I combustibili fossili sono la seconda fonte principale di approvvigionamento poiché le rinnovabili forniscono copertura irrisoria. Al di là del Donbass, inoltre, altri giacimenti carboniferi si trovano in Volinia e nel Dnepr. Risorse che quindi dovrebbero aiutare l’Ucraina a resistere all’inverno, malgrado negli ultimi anni si sia palesata la forte dipendenza dalle esportazioni, in primis da quelle russe. E crisi scaturite dai costi degli approvvigionamenti hanno già più volte infiammato le relazioni fra Russia ed Ucraina… molto prima del 24 febbraio 2022. Come l’Europa anche l’Ucraina soffre ora di una strategia energetica mai attentamente attuata. Va considerato però che i 6 milioni di abitanti che rischiano di rimanere al freddo (su un totale di 44 milioni) sono principalmente i cittadini della capitale e dei grandi agglomerati urbani “energivori”; nei piccoli centri e nelle aree rurali si ricorrerà a formule più tradizionali di riscaldamento domestico come, probabilmente, avveniva anche prima della guerra. Ciò non sminuisce né ridimensiona la grave condizione in cui versa l’intero paese, mette però sotto gli occhi del mondo un problema che forse si sarebbe dovuto affrontare mesi fa: le armi sono utili, le munizioni anche, quanto alle elargizioni in denaro non ne parliamo. Ma la sopravvivenza di combattenti e di civili dovrebbe essere in cima ai pensieri di Ucraina ed alleati.
In questo inverno si giocherà tutto
A “Tempesta d’Inverno” seguì l’ultimo attacco su Stalingrado. Una battaglia feroce che, tuttavia, concludendosi a favore dell’Urss capovolse i destini della guerra ed infiammò l’animo russo.
Al di qua del fronte, l’animo degli occidentali inizia a tentennare: il caro vita, il caro energia, un conflitto in apparenza senza fine rende impopolari le scelte dei governi di sostenere Zelensky. In questo inverno ci si giocherà tutto, dalla vittoria alla credibilità internazionale. In questo momento il gas occorre più delle armi. Ed è bene pensarci, prima che sia troppo tardi.
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