Le truppe turche continuano ad avanzare nel nord della Siria. L’esercito di Ankara da giorni assedia la città di al Bab, roccaforte dell’Isis nella regione di Aleppo. Un obiettivo di importanza strategica per il governo turco che, strappando la città al controllo dei jihadisti, riuscirebbe a stabilire un corridoio militare per dividere le forze curde presenti nell’area. Una battaglia che è il senso stesso della spedizione militare turca in Siria. L’intenzione del presidente Recep Tayyip Erdogan e del governo a guida Akp è quella di limitare il più possibile la crescita di uno “Stato” curdo al confine con la Turchia. Dopo al Bab l’obiettivo è Manbij, città chiave del neonato Rojava curdo. “Abbiamo detto all’amministrazione Obama, in precedenza, che Manbij deve essere consegnata agli arabi e loro ci hanno risposto che le unità del PYD/YPG stavano andando via, ma sfortunatamente non sono mai partiti”, ha affermato il leader turco. Ma l’attivismo turco in Siria non piace a tutti. “La Turchia è responsabile per la violazione della sovranità della Siria”, ha detto l’ambasciatore siriano all’Onu, Bashar Jaafari. Le ambizioni turche preoccupano il governo di Damasco che, nonostante gli accordi di Astana su una zona di influenza anti curda nel nord del Paese, mal sopporta l’espansionismo di Ankara. L’assedio di al Bab è la fotografia perfetta di questo delicato equilibrio di potenze.
La Turchia ha occupato l’area in fretta e furia insieme ai suoi alleati dei gruppi ribelli, bloccando l’avanzata verso est dell’esercito siriano. Un’eventualità prevista dagli accordi di Astana, che ha però spinto le truppe di Damasco verso sud, arginando una possibile offensiva dell’esercito turco e delle truppe ribelli. La conquista di al Bab è fondamentale per gli equilibri politico-militari in Siria. La missione della Turchia non sembra fermarsi al nord della Siria e al contenimento dei curdi. La riconquista di Raqqa, capitale dello Stato Islamico, è un obiettivo dichiarato del presidente Erdogan. Secondo quanto scrive il quotidiano turco Hurriyet, il governo di Ankara avrebbe proposto agli Stati Uniti due diversi piani per la riconquista di Raqqa. Una soluzione sarebbe quella di un’incursione turco-americana, con il supporto delle truppe ribelli, attraverso la città di Tel Abyad, opzione che richiederebbe il consenso delle popolazioni curde dell’area. La seconda proposta prevedrebbe un’avanzata dalla città di al Bab attraverso i territori controllati dall’Isis. Difficilmente le proposte verranno implementate.
Le problematiche attorno ai piani turchi sono diverse. In primis il ruolo dei curdi, che difficilmente apriranno la porta ai soldati turchi. In secondo luogo, il report turco, non sembra fare i conti con l’esercito siriano e con il suo governo, unica forza, sulla carta, legittimamente preposta alla riconquista delle città siriane in mano ai jihadisti. Un piano forse troppo ambizioso, ridimensionato dallo stesso premier, Binali Yildrim, che ha smentito le voci di un possibile intervento diretto delle truppe di Ankara nella presa della capitale dell’Isis. Chi prende Raqqa prende la Siria, si potrebbe dire e in effetti la riconquista della città sembra diventata l’ossessione di tutte le parti in causa. Chi arriverà per primo avrà un posto di rilievo nel decidere nel sorti della Siria che verrà, ma l’eccessivo attivismo di Ankara potrebbe trasformare questa campagna militare in un vero e proprio Vietnam.