“La trasformazione di Hagia Sophia in moschea è in linea con la politica islamista di Erdogan. L’idea di laicismo di Ataturk non è mai stata così minacciata”. A dirlo il giornalista turco Can Dundar, redattore capo del portale web Özgürüz, da lui fondato in Germania e curatore della rubrica settimanale Zeit My Turkey. Arrestato nel suo paese perché scomodo al regime, ora vive in esilio in Germania. Non uno qualunque insomma, non un lettore distratto del web. Dundar è turco e sulla sua pelle ha vissuto e vive la deriva islamista in corso nel suo paese. E lancia un allarme che molti governi europei fanno finta di non ascoltare.
“Si tratta di un passo di importanza storica – scrive Dundar in articolo pubblicato su Zeit online – Hagia Sophia, patrimonio dell’umanità, è stata riaperta come moschea dopo la revoca dello status di museo. La maggior parte delle persone vede il passo come un’iniziativa politica che Erdogan è stato costretto a prendere per nascondere la rovina economica in cui ha portato la Turchia. Questo è vero, ma non tutto. Con l‘iniziativa Hagia Sophia, infatti, “Erdogan ha cancellato il ‘trucco liberale’ che indossava da anni ed è tornato alla sua essenza, alla politica islamista che aveva sostenuto 45 anni fa all’inizio della sua carriera”.
Santa Sofia trasformata in moschea, dunque, non può essere ridotta solo ad un mero cambio di destinazione d’uso, è qualcosa di più: rappresenta la minaccia islamista che incombe sull’Europa.
“Tenere la preghiera del venerdì alla Hagia Sophia era un ideale che lui e i tradizionalisti islamici hanno sempre sognato – scrive ancora Dundar – Ma prima c’erano molti ostacoli: il sistema repubblicano istituito dal Trattato di Losanna, il suo esercito, il nome di Atatürk, il mondo occidentale, l’equilibrio internazionale dei poteri, i circoli laici della società. Doveva superare tutti questi ostacoli. Già nel 1994, quando fu eletto sindaco di Istanbul, disse durante una riunione a porte chiuse: ‘Se il mio centro di comando mi dice che in questo combattimento devo indossare la toga del sacerdote, allora io mi metto la toga del sacerdote e faccio il mio dovere. Perché la nostra lotta non è una lotta ordinaria'”.
Un esempio lampante di Taqyya, la tecnica di dissimulazione islamista, un mascheramento delle proprie reali intenzioni a partire dalla “facciata”.
Non c’è che dire, il Sultano ha recitato bene la sua parte incarnando quella della continuità della riforma in senso moderato dell’Islam turco, di un avvicinamento all’Occidente e del sostenitore dei diritti umani e delle libertà individuali. Negli ultimi 10 anni, Erdogan ha indossato varie vesti mentre, nel sottobosco, mieteva proseliti per i suoi piani successivi di un completo abbattimento dello stato laico voluto e modellato in tal senso dal vero padre della Turchia moderna, Mustafà Kemal Ataturk.
“La decisione di Hagia Sophia è il culmine del suddetto sviluppo degli ultimi dieci anni”
“Dedicando la prima preghiera all’anniversario del Trattato di Losanna il 24 luglio, Erdogan si è vendicato del trattato in base al quale è stata fondata la Repubblica. Sul pulpito dal quale ha pregato, ha lasciato sventolare la bandiera verde, proclamando il ritorno all’Islam. La spada in mano al presidente dell’autorità religiosa Diyanet, che ha guidato la prima preghiera, ha annunciato la rinascita del sentimento imperialista di Erdogan. E permettendo all’imam di insultare Atatürk nel suo sermone, ha chiarito che considera l’eroe nazionale come il suo principale avversario”, è l’ulteriore commento di Can Dundar, a significare il totale svilimento di ogni velleità di stabilizzazione in senso moderato della politica neo ottomana.
Ma, sempre secondo il giornalista turco, “per comprendere il significato storico di questo passo, è utile ricordare la decisione di Atatürk di trasformare Hagia Sophia in un museo. Questa decisione del 1934 fu il messaggio di Atatürk che la Turchia non era più uno Stato religioso, ma che in futuro sarebbe stata laica. Gli Ottomani e la mentalità imperialista erano quindi un ricordo del passato, e d’ora in poi la Turchia avrebbe vissuto in pace con il mondo. Con la sua inversione di tendenza Erdogan vuole anche trasformare questo messaggio nel suo opposto: ‘Non siamo più uno Stato laico, ma religioso. Stiamo ricostruendo l’Ottomanesimo. Siamo pronti a conquistare il mondo’. In questo senso, la decisione di pregare nella Hagia Sophia, il tentativo di annullare l’aspirazione centenaria della Turchia all’integrazione occidentale, è un cambiamento radicale di asse e un chiaro segno di controrivoluzione”.
Una pericolosa deriva, quella imposta da Erdogan in spregio agli ideali e alle riforme kemalisti che ha provocato più di una seppur cauta reazione da parte dell’Occidente, e in modo non certo non unitario da parte dei Paesi europei. Inoltre, l’atteggiamento turco assunto nei confronti del problema libico, ha incrinato, forse in modo definitivo, la sua richiesta di adesione all’Unione europea. L’Europa, infatti, non vede certo di buon occhio il sostegno fornito dal Sultano al governo fantoccio di Tripoli guidato da al Sarraj e appoggiato dalla sola Italia come unica voce a favore.
È alta la preoccupazione, anche e soprattutto per l’invio di jihadisti e miliziani reduci dal Medio Oriente che, da notizie assunte e pubblicate, non sarebbero certo intenzionati a fermarsi sulle rive libiche del Mediterraneo meridionale. Erdogan ha di fatto favorito il reclutamento di ex miliziani dell’Isis per appoggiare le truppe fedeli ad al Sarraj anche, e soprattutto, per guadagnarsi il sostegno degli islamisti dei Fratelli musulmani presenti ormai in tutto il Maghreb.
La “mossa” di Hagia Sofia dovrebbe essere intesa come una svolta voluta dal Sultano in favore di una decisa rivalutazione dell’Islam estremo che non produrrà, anche nell’immediato futuro, alcun effetto positivo sia all’interno che fuori dai confini turchi.