In Tunisia i turisti finiscono di nuovo nel mirino del terrorismo. Attraverso un nuovo messaggio dell’Isis, postato sui canali Telegram, la branca dell’organizzazione terroristica con base in Tunisia, con un video messaggio ha voluto ribadire il giuramento di fedeltà e obbedienza all’ormai ex Califfo Abu Bakr al Baghdadi, sulla falsariga di precedenti messaggi diffusi da altre Wilayat (province) dello Stato Islamico. Nel video, il sedicente Abou Omar al Tounsi (il tunisino) comunica al Califfo che i miliziani della zona di Kairouan, la terza città santa per l’Islam, “si stanno facendo valere”, mentre un altro mujahed, tale Abou Khaled al Tounsi, esorta i fratelli a diffondere il credo jihadista e a seminare il terrore nel Paese in particolare nelle località frequentate da turisti occidentali.
Il videomessaggio della cellula tunisina del Daesh non offre particolari spunti di interesse, ma sorprende per la quasi concomitanza con il rinnovo dei giuramenti di fedeltà ad al Baghdadi prestati, come detto, da altre Wilayat operanti in Nord Africa, Medio Oriente e Asia con la medesima didascalia “Il miglior risultato è per il pio”.
Il 27 giugno scorso, nella capitale Tunisi, un duplice attentato rivendicato dallo Stato Islamico provocò la morte di 2 persone ed il ferimento numerose altre, seminando il panico nel Paese nordafricano in fase di ripresa dopo la “rivoluzione dei gelsomini” e l’avvento di una nuova classe politica mirato a una riforma in senso democratico del Paese.
La strategia degli jihadisti parrebbe perseguire la finalità di minare proprio il processo di normalizzazione della Tunisia, colpendo l’economia nel settore più redditizio, quello del turismo.
L’impressione è che si possa trattare di una sorta di chiamata alle armi e di risposta a probabili sollecitazioni della leadership del Daesh ad iniziare una nuova offensiva contro l’Occidente e i suoi interessi, proprio in prossimità del periodo estivo che coincide con l’afflusso di masse di turisti europei nei Paesi del bacino del Mediterraneo e, in particolare, del Maghreb e dell’Egitto.
Segnali in tal senso provengono soprattutto dalla Libia, ben lungi dall’essere stata pacificata e con una sensibile crescita delle cellule dello Stato Islamico diffuse nel centro sud del Paese africano che attingono anche tra le masse di emigranti stanziate nei campi libici in prossimità della costa o in viaggio lungo le piste desertiche.
I gruppi islamisti libici godono di un’ottima mobilità e della possibilità di varcare i confini con Tunisia ed Egitto grazie alla perfetta conoscenza del territorio e delle piste sahariane fornita loro da miliziani locali.
Nel mese di giugno, inoltre, sulla piattaforma Telegram, è stato diffuso un nuovo manuale per la fabbricazione di esplosivi artigianali postato da aderenti all’Isis. Il documento fornisce dettagliate indicazioni sull’assemblaggio di ordigni con l’utilizzo di residuati bellici e sulle modalità di innesco.
La “sinossi” pare essere rivolta in particolar modo agli jihadisti che operano nel quadrante siro-irakeno e libico, territori dove il rinvenimento di materiali bellici è all’ordine del giorno, anche grazie alla “noncuranza” di alcuni contingenti occidentali che hanno sottovalutato, per superficialità o per dolo, il rischio che munizionamenti e armi abbandonati potessero essere riutilizzati dalle milizie locali. Francia docet.