Dopo tre notti di violenze e saccheggi in Tunisia, le autorità sembrano avere ripreso il controllo del Paese, non senza essere stati costretti a schierare reparti dell’esercito in affiancamento alle forze di polizia. Una situazione esplosiva che ha ricordato quanto accaduto durante la primavera araba.
Dietro alle proteste scoppiate nel paese nordafricano ci sarebbe il movimento tunisino “Fech Nestannew” (Cosa è previsto), principale organizzatore delle manifestazioni di piazza che avrebbe indetto le manifestazioni contro l’aumento dell’Iva dell’1 per cento. Il comportamento speculatorio di migliaia di commercianti, la mancanza di adeguate politiche di controllo dei prezzi e la scarsa trasparenza delle politiche governative, hanno fomentato oltremodo la rabbia dei giovani disoccupati disillusi dalla primavera araba.
La posizione del governo
Il premier tunisino, Youssef Chahed, ha espresso una ferma condanna contro gli atti di vandalismo che “fanno gli interessi delle reti di corruzione che vogliono indebolire lo Stato”. Secondo le dichiarazioni del primo ministro, le accuse vanno al partito di sinistra “Fronte popolare”, da sempre contrario alle misure di austerità.
Gli infiltrati jihadisti
Ma il riscontro inquietante delle proteste è la comparsa di numerosi jihadisti reduci dai teatri di guerra di Siria, Libia ed Iraq. Un fattore emerso dalle dichiarazioni del portavoce del ministero dell’Interno tunisino, Khlifa Chibani, che ha sottolineato la presenza di miliziani dell’Isis tra i 778 arrestati di questi giorni. Questi sembrerebbero interessati a cavalcare la protesta nel tentativo di condurre il Paese ad una situazione simile alla confinante Libia, tutt’altro che pacificata e percorsa da tensioni tribali che impediscono una reale coesione delle forze politiche in campo.