Quando nel secondo episodio di The Crown Winston Churchill si appresta a leggere alla radio il discorso alla Nazione per la morte di Giorgio VI, il Regno Unito ondeggia tra le glorie e le tragedie del recente passato. Gli anni cinquanta si sono affacciati sulla storia del mondo all’indomani del crepuscolo del più devastante dei conflitti. Il nuovo equilibrio mondiale, fondato sulle macerie della seconda guerra mondiale non pare riuscire a mitigare i venti di guerra che dopo la vittoria si fanno di nuovo sentire anche nelle ovattate stanze di Buckingham Palace. La nuova e neanche ventiseienne regina Elisabetta, all’inizio della sua vita, non era destinata a regnare. Le rigidissime regole dinastiche, le stesse che tengono in piedi, da un millennio, la più celebre e più gloriosa delle monarchie si sono abbattute come un macigno sulla testa del principe Albert, fratello cadetto del re Edoardo che per amore di una divorziata dovette abdicare e lasciare il trono. Mai più vicina è stata la fine per la casata
Windsor che da pochi anni ha mutato il proprio nome originario Saxe-Coburg and Gotha e che ha garantito al Paese un’era di pace e ricchezza e fasti imperiali nonostante una guerra mondiale. Ora l’impero non c’è più ed Elisabetta è una regina debole. E solo da qualche ora. Il caso ha voluto che l’anziano Churchill, di nuovo al potere dopo la sorprendente sconfitta elettorale del 1945 fosse di nuovo primo ministro. Un leader che a fianco di Giorgio VI ha saputo combattere tenacemente e vincere la terribile guerra scatenata dai nazisti. Chi meglio del veterano Winston, premio Nobel per la letteratura, avrebbe potuto pronunciare delle parole tanto belle destinate ad entrare nella storia dei discorsi politici del Novecento. Prima che un pezzo della trama di The Crown questo squarcio è la storia. Quella vera. Ma The Crown ha sorpreso davvero tutti e più di quanto ci aspettasse da una serie streaming. In questa come in altre scene il dettaglio storico è la regola e meglio di qualsiasi altro escamotage potrebbe disegnare, come in un quadro naif, la realtà di quei giorni amari e incerti. Gli stessi copioni seguono, alla lettera, documenti originali. Il discorso alla radio di Winston Churchill fece la storia già dopo pochi secondi dalla sua trasmissione. Rimane oggi, ancora, uno dei più rari documenti della storia radiofonica capace di bloccare per tutta la sua durata una intera nazione e un impero immenso. Dalla voce del più celebre vincitore di Hitler ecco l’Inghilterra di quell’otto febbraio del 1952 e la presentazione del più lungo regno della storia della monarchia. La nuova era elisabettiana è cominciata. E dall’otto dicembre, su Netflix, la seconda stagione di una serie che ha rispolverato una storia rimasta un po’ troppo sotto la polvere di quei primi giorni di guerra fredda.
Quando ieri, all’improvviso, ci è stata annunciata la morte del nostro Re nelle nostre vite è suonata una nota tetra e grave che è rimbombata ovunque. Ha azzittito il baccano e il traffico della vita del XX secolo e ha fatto sì che milioni di esseri umani in tutto il mondo si fermassero e si guardassero intorno. Il Re era molto amato da tutti i suoi popoli. I traumi più forti che quest’isola abbia subito li abbiamo vissuti sotto il suo regno. Mai in tutta la nostra lunga storia siamo stati così vicini al pericolo di subire un’invasione ed essere annientati. Il nostro Re che, si è accollato il grave peso della Corona succedendo a suo fratello, ha vissuto ogni minuto di questa battaglia con il cuore che non ha mai vacillato ed uno spirito indomito. Alla fine la morte lo ha raggiunto come un’amica e dopo una giornata di sole e divertimento, dopo aver dato la buona notte a chi lo amava di più, si è addormentato. Come ogni uomo o donna che siano timorati di Dio e di nient’altro al mondo possono sperare di fare. Ora devo abbandonare i tesori del passato e guardare al futuro. Degni di fama sono stati i regni delle nostre regine. Alcuni dei più grandi periodi della nostra storia si sono sviluppati sotto i loro scettri. La regina Elisabetta II, come la sua omonima la regina Elisabetta I, non ha trascorso l’infanzia con l’aspettativa certa della Corona. Questa nuova era elisabettiana arriva in un momento difficile, in cui l’umanità oscilla nell’incertezza, sull’orlo della catastrofe. Io che ho vissuto la mia giovinezza nelle magnifiche, incontrastate e tranquille glorie dell’era vittoriana provo una grande emozione nell’invocare, ancora una volta, la preghiera che è il nostro inno: “Dio salvi la Regina”.
Versione integrale del discorso