L’incubo è finito. I baby calciatori e il loro allenatore sono stati portati fuori dalla grotta. Diciasette giorni di ansia che hanno tenuto il mondo intero con il fiato sospeso, incollato alle televisioni. Le speranze erano pochissime, eppure contro le piogge monsoniche e contro ogni pronostico, anche il migliore, i soccorritori, venuti da diverse parti dell’emisfero, ce l’hanno fatta. I ragazzi ce l’hanno fatta e possono finalmente riabbracciare le loro famiglie. Molti di loro sono in buona salute, altri meno, ma il peggio è passato.
L’incubo, il tempo e il miracolo
Il tempo, il fattore chiave dell’intera vicenda. Il tempo tiranno che più passava e più affievoliva ogni speranza di salvare le 13 anime intrappolate dentro alla grotta, tra topi e pipistrelli. Il tempo che passava e che riempiva la grotta di acqua togliendo l’ossigeno. Il tempo, come fattore di rischio per la pioggia che non ha dato tregua, mai per più di 10 ore. Le famose dieci ore che passavano da un salvataggio all’altro.
Il tempo di scavare un buco e risciure a mandare con una corda il cibo e l’acqua ai ragazzi.
Una storia di addestramento, preparazione e fortuna
Dodici ragazzi tra gli 11 e i 16 anni, dei quali nessuno capace a nuotare, sono stati preparati a distanza, all’utilizzo di maschere e bombole di ossigeno per immergersi e passare in un cunicolo strettissimo. È stato un capo del team internazionale di soccorritori, Ivan Karadzic a dichiarare come non sia “assolutamente normale fare immersioni in grotta per bambini di 11 anni, in un ambiente considerato estremamente pericoloso, in totale assenza di visibilità, l’unica luce é quella delle torce che indossano”, sottolineando che “avevamo ovviamente molta paura di ogni tipo di panico, poi ci sono i possibili malfunzionamenti delle apparecchiature che potete immaginare. Non riesco a definire quanto siano grandi questi piccoli bambini, sono ragazzi incredibilmente forti”, ha concluso.
Una vicenda da film che non manca di tenerezza. La stessa che hanno provato tutti nel sapere che dall’interno della grotta scrivevano lettere per tranquillizzare le famiglie e, nel caso del coach, di scuse per averli messi in una situazione di tale pericolo. E proprio i produttori di Hollywood sono già pronti per trasformare in film l’incredibile vicenda dei 12 ragazzini thailandesi.
Diciassette giorni di solidarietà e aiuto da parte di tutto il mondo
Dagli Stati Uniti è arrivato l’aiuto del proprietario della società di esplorazione spaziale Space x che ha offerto l’ausilio dei suoi ingegnieri e di Boring Company, andati in loco per supportare i ‘Navy Seal’ thailandesi. Ma insieme a loro anche i soccorritori giapponesi, australiani e inglesi. “Non ce l’avremmo fatta senza l’amore giunto da tutto il mondo. Voglio ringraziare tutti. Abbiamo compiuto una Mission Impossible”, ha dichiarato Narongsak, il governatore thailandese.
Una storia a lieto fine che non manca però di mistero e di una nota polemica
Perché, viste le segnalazioni di pericolo, l’allenatore ha deciso di far entrare i ragazzi nella grotta?
Si ipotizza un processo, ma anche in questo caso sarà il tempo a decidere quando. Al momento per tutti loro è stata richiesta privacy e nessun mezzo stampa. La ripresa, dicono gli psicologici, sarà lunga e si esclude che potranno andare a vedere la finale dei mondiali in Russia il 15 luglio nonostante, vista l’occasione, sarebbero gli ospiti d’onore.