Who’s the next? Chi è il prossimo? È inequivocabile il significato del video di Al Battar media foundation contenente un riepilogo delle azioni delle cellule del Califfato da Parigi a Nizza, postato in Rete negli ultimi giorni.
Il franchising improvvisato dallo Stato islamico sembra avere ottenuto risultati insperati. L’atteggiamento parassitario posto in essere dalla leadership dell’Isis, che rivendica ormai qualsiasi azione compiuta nei 5 Continenti, ha sortito l’effetto voluto. Crescono le adesioni sul web, cresce il consenso nelle Wilayat del Califfato e ovviamente anche il numero dei reclutati è destinato a salire.
A preoccupare le intelligence occidentali sono proprio le adesioni raccolte tra i giovani che si riconoscono nelle azioni suicide degli shuada, vedendo riflessa nella morte da martire la propria immagine e a fronte delle loro realtà che, nel caso di immigrati in Occidente, parlano di emarginazione, disoccupazione e microcriminalità, troverebbero in essa l’unica occasione di riscatto.
La strategia messa a punto dalle menti distorte dell’Isis, avrebbe previsto l’attuazione di una controffensiva diretta sia contro i Paesi della coalizione, volta a convincere i governi occidentali ad un loro ripensamento circa i raid condotti contro il Califfato, sia anche ad altri Paesi di credo islamico poiché ritenuti comunque apostati o miscredenti nelle loro leadership o nelle popolazioni.
I segnali di un’offensiva in grande stile sono quelli che stiamo vivendo in questi giorni funestati dal ripetersi di azioni stragiste compiute senza un’apparente logica in quattro continenti.
Pur analizzando a fondo gli ultimi atti di terrorismo compiuti da sedicenti cellule dell’Isis, non si riesce a trovare un filo conduttore comune che unisca crimini tra loro similari con realtà sociali completamente diversificate. Nonostante ciò, l’ipotesi sui prossimi obiettivi del Califfato può non risultare un’impresa impossibile. La logica farebbe pensare che la reiterazione di attentati in serie, compiuti in modo disordinato, possa convincere soprattutto l’Occidente a sopravvalutare il fenomeno Isis e a sottostimare la propria capacità di risposta.
L’obiettivo terrore, invece, pare essere già stato raggiunto. Segnali inquietanti vengono proprio dai mass media che, come fortemente voluto dagli jihadisti, ricalcano e sottolineano a caratteri cubitali qualsiasi azione, qualsiasi messaggio web, qualsiasi dichiarazione che giungano da appartenenti al Califfato.
In tali ottiche si può affermare che l’Europa, in particolare il Belgio e la Francia, possano ancora rappresentare un obiettivo appetibile per i jihadisti, tenuto conto della presenza di cellule già pronte al martirio ed in attesa del momento propizio per passare all’azione. Lo Stato islamico, inoltre, potrebbe puntare (come già in parte accaduto) sulle economie dei paesi islamici che si affacciano sul Mediterraneo, colpendo le zone ad alta densità di turisti occidentali ed ottenendo con un’unica azione ben due risultati.
Anche i giochi olimpici di Rio potrebbero rappresentare un target desiderabile. Negli ultimi giorni si è registrato un incremento delle attività del gruppo Ansar al Khilafah Brazil sui social network e le investigazioni dell’intelligence locale avrebbe fornito un quadro assai inquietante sulla presenza di jihadisti nel paese sudamericano. Alcuni messaggi intercettati, infatti, avrebbero contenuti inquietanti circa la possibilità che alcuni elementi legati all’Isis stiano progettando di colpire con esplosivi la cerimonia inaugurale dei giochi. Le Olimpiadi offrono una varietà di obiettivi che possono essere selezionati sia tra gli atleti partecipanti, l’esempio di Monaco nel 1972 è purtroppo lampante, sia tra le infrastrutture affollate da sostenitori provenienti da tutto il mondo.
Ma l’elenco degli obiettivi presi di mira dall’Isis non può certo escludere l’India. Da tempo il Califfato spera di ottenere il controllo di intere zone di Bangladesh e Pakistan per installare delle basi operative dalle quali condurre attacchi contro l’India. Proprio nel paese asiatico operano circa 40 gruppi jihadisti, molti dei quali hanno da tempo giurato fedeltà ad al-Baghdadi. La sicurezza indiana pone l’accento sulle misure repressive poste in essere soprattutto nel Kashmir, dove diverse sigle del terrore compiono azioni sia in chiave secessionista sia rivolte ad affermare l’Islam tra le popolazioni locali.
Ma la politica di Nuova Delhi può non bastare a fermare un’eventuale ondata di attentati rivolta all’interno di un paese dove è già complicato gestire la quotidianità e dove la presenza di occidentali, siano turisti o uomini di affari, è incalcolabile così come quella dei siti a rischio e della moltitudine di radicalisti islamici operanti al’interno dei confini.