Nel 2017 attacchi raddoppiati ma meno vittime. E’ questa l’estrema sintesi del rapporto Te-sat (Terrorism situation and trend) stilato dall’Europol relativo alla minaccia terroristica nell’Unione europea.
In totale sono stati 205 gli attentati falliti o perpetrati nel 2017, quasi il doppio rispetto al 2016 quando il numero si attestò a 142, numeri in progressiva crescita a partire dal 2014. Tra le 68 vittime, 62 sono state provocate dalle azioni di matrice jihadista (33 in totale) in crescita vertiginosa rispetto all’anno precedente quando furono compiuti 13 attacchi.
La maggior parte dei 137 attentati compiuti in Europa, è di matrice etnico-nazionalista o separatista, il cui numero ha raggiunto il suo apice in Irlanda del nord con 88 azioni. Diminuiscono gli attacchi compiuti da gruppi terroristici o soggetti appartenenti all’area anarchica e della sinistra extraparlamentare (nel 2017 sono stati 24) mentre cinque attacchi sono stati perpetrati da elementi legati alla destra radicale.
Le attività investigative di prevenzione hanno portato all’arresto di 975 persone per reati legati al terrorismo, nel 2016 furono 1002. La maggioranza delle operazioni di polizia giudiziaria ha colpito l’area del terrorismo di matrice islamica, proteso alla pianificazione e all’attuazione di attacchi e alle attività di propaganda, reclutamento e finanziamento dei movimenti jihadisti.
Gli ultimi attentati jihadisti hanno seguito tre principali obiettivi: l’attacco indiscriminato a persone, finalizzato a creare un clima di tensione e paura tra la popolazione; le azioni contro simboli dell’autorità (Trebes nel mese di marzo e Liegi a maggio) e quelli legati a stili di vita occidentali (Manchester arena nel maggio 2017).
In chiave analitica, l’Europol ritiene probabili nuovi attacchi sul Continente, anche se la pianificazione e l’esecuzione delle azioni sono diventati meno sofisticati. Gli autori, infatti, sono quasi sempre soggetti autoradicalizzati con scarsa preparazione “militare”, senza addestramento e sostenuti da familiari, correligionari o ex detenuti. Ma sono proprio tali caratteristiche a mettere in allarme gli apparati delegati alla sicurezza. Il persistere della propaganda online e il networking attraverso i social media, sono ritenuti veicoli essenziali per il reclutamento, la raccolta di fondi e la radicalizzazione di neofiti. Una galassia di schegge impazzite pronte a immolarsi per un “credo” di cui conoscono solo i rudimenti, soggetti facilmente influenzabili e manipolabili dai grandi network del terrore.
Il collasso del Califfato non ha ridotto in modo sensibile la minaccia del terrorismo di matrice jihadista che rimane altissima, così come quella legata ad al Qaeda. Entrambe le organizzazioni portano avanti un progetto di progressiva espansione nel continente africano dove le attività logistiche, il reclutamento e la guerriglia contro gli interessi occidentali possono usufruire di governi compiacenti e di un alto tasso di corruzione negli apparati di polizia locali. Proprio la riorganizzazione delle due grandi entità jihadiste in Africa costituisce un’ulteriore segnale di allarme per l’Occidente anche in considerazione della continua spinta migratoria verso il nord delle popolazioni locali che può costituire una sicura fonte di reddito per i movimenti jihadisti.