La bandiera del Daesh sventola a Marawi ed in altre cittadine dell’arcipelago delle Filippine, migliaia di sfollati e centinaia di persone giustiziate. L’Isis è arrivato anche qui.
Ad una prima lettura delle notizie che in questi giorni si sono accavallate sulla situazione nel paese sud asiatico, sembrerebbe che i folli seguaci di Al Baghdadi abbiano trasferito le proprie mire espansionistiche anche qui, ma non è proprio così. La realtà ci racconta un’altra storia. I miliziani che stanno tentando di prendere il controllo di vasti territori filippini non provengono dal lontano Medio Oriente, ma appartengono, per la quasi totalità, al gruppo Abu Sayyaf, già schierato con Al Qaeda ed alleatosi con il Daesh da alcuni mesi.
Nell’ultimo mese i miliziani islamisti hanno seminato il terrore soprattutto a Marawi, dove numerose persone di credo cristiano sono state decapitate, compreso il capo della locale polizia ed altre sono state rapite. Il capo del gruppo, Abu Abdallah, non si discosta in alcun modo dalla ferocia di Al Baghdadi e dai suoi sgozzatori. Infatti, a fronte del contrattacco da parte delle forze governative, ha minacciato di far decapitare gli ostaggi, tra i quali numerosi preti. La furia jihadista si è abbattuta non solo sulla popolazione ma anche su abitazioni, edifici governativi, chiese e scuole, tutte arse dal fuoco.
Il presidente, Rodrigo Duterte, ha imposto il coprifuoco e la legge marziale nell’isola di Mindanao, a maggioranza musulmana, esortando i suoi militari a non aver pietà degli jihadisti. Ma l’isola, popolata da più di 20 milioni di abitanti e con la presenza di numerose foreste pluviali, non si presta ad un facile controllo. Lo sanno bene i militanti di Abu Sayyaf che nel corso degli anni, a più riprese, hanno sfruttato al meglio il territorio per applicare la tattica della guerriglia contro l’esercito compiendo numerosi raid anche contro la popolazione musulmana, accusata di praticare l’Islam moderato, quindi considerata miscredente dai miliziani salafiti.
Da non sottovalutare, inoltre, la presenza di centinaia di combattenti dell’arcipelago indonesiano addestrati in Medio Oriente e reduci dai combattimenti in Siria ed Iraq. Sono il nocciolo duro del fantomatico esercito jihadista, che sta provocando il caos nelle Filippine, ma non solo. Anche lo Stato di Indonesia ha ricevuto segnali inquietanti, soprattutto nella capitale Jakarta, con gli attentati compiuti all’inizio dell’anno. Anche qui preoccupa la presenza jihadista.
In più di un’occasione, infatti, i miliziani del Daesh di origine orientale hanno manifestato la volontà di importare la jihad nei paesi di origine e gli avvenimenti degli ultimi giorni ne sono la prova.
Le truppe governative hanno da subito ingaggiato battaglia con i jihadisti e, solo da qualche ora, sono riuscite a riconquistare porzioni di territorio occupate e controllate dall’Isis. Le direttive del governo di Manila sono dirette a salvaguardare la popolazione civile, ma anche gli introiti provenienti dall’industria turistica il cui sostegno al bilancio statale non è certo indifferente.