In Egitto è ancora strage di turisti. Un altro attentato ha sconvolto il Paese, colpendo ancora una volta l’economia. Negli ultimi anni, infatti, è cresciuto il numero di visitatori, ma adesso si rischia di nuovo un crollo di presenze.
L’attentato all’autobus di vietnamiti
Venerdì 28 dicembre, infatti, un autobus carico di turisti vietnamiti è stato raggiunto dall’esplosione di un ordigno improvvisato (Ied) collocato dietro un muretto a lato strada in località di Mariutiyeh , nei pressi di Giza. La detonazione ha investito il torpedone provocando la morte di quattro persone, tra le quali tre turisti, la guida egiziana e il ferimento di altre dieci.
L’ordigno artigianale, di media potenza, è stato innescato a distanza, presumibilmente con un semplice telecomando. Proprio il basso profilo dell’azione, la semplicità della sua messa in opera e il mancato utilizzo di una vera e propria squadra di miliziani ha creato non pochi dubbi sulla paternità dell’attentato. Pur in assenza di rivendicazione, le indagini puntano sulle cellule dello Stato islamico che operano nella zona e provenienti sia dalla Wilayat Sinai, sia dal confine libico. Nel mirino dei terroristi, oltre ai visitatori stranieri, negli anni vi sono anche i cristiani copti, colpiti duramente da attentati compiuti in prossimità delle chiese.
Il turismo obiettivo dei terroristi
Il turismo ha da sempre rappresentato un obiettivo privilegiato dei terroristi islamici nel nord del Paese delle piramidi e sulle coste del mar Rosso, ma negli ultimi anni il flusso si è praticamente dimezzato provocando una seria crisi del settore. Durante le pause nello stillicidio di attacchi, si è notata una ripresa nel numero di visitatori, ma si è ben lontani dal ritorno ai numeri degli anni precedenti alla caduta di Hosny Mubarak, quando si erano toccati i 14 milioni di turisti, numero sceso ai 5 milioni del 2016. Il governo di al Sisi ha messo in atto le misure necessarie per reprimere il fenomeno del terrorismo di matrice islamista con l’impiego di tutte le forze disponibili. Ma la vastità del Paese, la permeabilità del confine con la Libia alle incursioni dei miliziani del Daesh e la permanente minaccia proveniente dalle roccaforti dell’Isis nella penisola sinota, la cui base di al Arish rimane una roccaforte pressocchè inespugnata, rappresentano a tutt’oggi una problematica con carattere di assoluta priorità. Le soluzioni non appaiono immediate anche per la frammentazione del network islamista del Daesh che si giova di alleanze locali e coperture da parte di sostenitori della fratellanza musulmana che agiscono in funzione anti-governativa.
Nella notte seguente all’attentato, le forze di sicurezza egiziane hanno effettuato alcuni raid a ovest de Il Cairo e nella zona nord del Sinai, neutralizzando 40 miliziani islamisti e sequestrando un’ingente quantità di armi ed esplosivi. Lo ha reso noto il ministero dell’Interno che ha provveduto alla diffusione di alcune foto dei blitz e dei terroristi rimasti uccisi.